Fino alla fine del western
Se a scompaginare dal profondo la struttura classica del western furono maestri acclarati come Sergio Leone (il film è dedicato a lui e a Don Siegel) e Sam Peckinpah (non dimenticando, tra gli altri, Samuel Fuller), è con Gli spietati di Clint Eastwood che viene marchiata a fuoco la parola fine sul genere. Non importa che il "buonismo" di Kevin Costner e l'eleganza patinata di altre recenti uscite hollywoodiane abbiano mantenuta ancora desta l'attenzione verso il genere (con l'approccio "diverso" e stucchevole de I segreti di Brokeback Mountain). Perché il senso di pessimismo che imperversa ne Gli spietati è qualcosa di definitivo, al di là del genere cinematografico di riferimento.
Lo spirito antiretorico che anima tutto il cinema di Clint Eastwood, trasforma i luoghi canonici del mondo western in laide e morbose espressioni "noir" di una nuova frontiera non più conquistabile e in cui alberga una incontrovertibile perdita d'identità di un intero mondo. Tra volti sfregiati, malattie, finta spavalderia, ambienti ostici e un senso di malinconia latente (dalle porte aperte non entrano, ad esempio, gli squarci solari di un Sentieri selvaggi, ma solo pioggia e freddo), la plumbea atmosfera del giustizialistico finale può significare il riscatto del protagonista solo ad uno spettatore sprovveduto.
L'incedere fortemente narrativo di Eastwood depotenzia il "classicismo" dell'impianto complessivo, lasciando spazio alle rinunce, alle sconfitte interiori, alla dignità delle "meretrici senza legge e senza onore" (a detta di Bob l'Inglese) e all'infinito orgoglio di vecchi cowboys ormai "in pensione", sebbene con esperienza e ferocia arretrata da vendere.
C'è poi un'infinita sofferenza nel modo in cui Eastwood tratteggia l'evoluzione del film, al cospetto di personaggi cinici e fallimentari su vari fronti. Fattori questi che rendono Gli spietati un film che per il cinema western rappresenta sicuramente quello che Blade runner costituisce per il cinema di fantascienza. E il paragone va ben oltre quella pioggia battente che, in entrambi i casi, accompagna il conflitto risolutivo. Perché questi due capolavori del cinema (tutto) rappresentano le ultime due pellicole del noir classico nell'accezione più ampia del termine.