"Sottovalutato" è un termine scomodo, complesso, difficile da maneggiare. Un aggettivo che si presta a tanti significati e sfumature. Sì, perché la "sottovalutazione" è un concetto abbastanza soggettivo, personale, molto lontano dall'obiettività. Ammesso che l'obiettività esista davvero. Per questo, prima di raccontarvi i nostri dieci film più sottovalutati degli ultimi anni, è giusto fare qualche precisazione. Prima di tutto, per stringere un cerchio altrimenti sconfinato, prenderemo in esame soltanto i film usciti dal 2010 in poi. Poi ci dedicheremo soltanto a quei titoli che avevano tutte le caratteristiche per diventare molto popolari (grandi autori, cast con volti molto noti e potenziali blockbuster), perché di film autoriali che meriterebbero più fortuna ce n'è una marea. Quelli che seguono sono film a volte snobbati dai premi più importanti, dimenticati troppo in fretta dal pubblico oppure non abbastanza sostenuti dalla critica. Almeno secondo noi. E allora ecco quali sono i dieci film più sottovalutati degli ultimi dieci anni.
1. John Carter (2012)
Tra le doti involontarie di un film, spesso, c'è anche il tempismo. Nel 2012, ad esempio, succede che John Carter arriva troppo tardi. La storia di un umano catapultato su un altro pianeta? Alieni organizzati in tribù, strane creature. Cos'è? Un Avatar di serie B? E perché il protagonista sembra il cosplayer di Prince of Persia? Sfavorito da una campagna marketing dimenticabile, sconfitto in partenza e ricordato soprattutto come uno dei più clamorosi flop della Disney e del cinema, John Carter è tutto tranne il disastro con cui è marchiato a fuoco. Dentro ci sono buona avventura, ottimi effetti visivi e la creazione di un immaginario affascinante che avrebbe meritato più fortuna. Per questo John Carter è un film che ci fa quasi tenerezza per la sfiga che si porta addosso.
2. Cloud Atlas (2012)
Dopo il primo Matrix tutto quello che è stato girato dalle sorelle Wachowski ha diviso in modo violento. Prendere o lasciare: cinema senza misure. È successo anche con il visionario Cloud Atlas, dimenticato troppo in fretta, ma secondo noi da rivalutare con più pazienza e attenzione. Perché questo film, oltre ad avere una colonna sonora eccezionale, abbraccia sei storie che vanno dall'Ottocento al 2321 puntando a raccontare tante sfumature dell'essere, diventare e sentirsi liberi. Cloud Atlas assomiglia quasi a un grande atlante senza segnalibro, che si sfoglia senza la razionalità della logica ma seguendo l'impeto delle passioni. Tra fantascienza e filosofia, la sorelle Wachowski girano un film ostico, ambizioso, ma sicuramente che non meritava di passare in sordina.
3. The Lone Ranger (2013)
Il regista e il produttore dei Pirati dei Caraibi, Johnny Depp alle prese con una nuova maschera e un giovane promettente come Armie Hammer. Cosa poteva andare storto? Forse avere anche Kevin Spacey nel ruolo dell'antagonista, per completare uno splendido terzetto di ripudiati da Hollywood, ma no. Il problema del cocente fallimento di The Lone Ranger non è stato quello. Forse ci si è fidati troppo di un'icona poco popolare fuori dagli Stati Uniti, forse ci siamo fatti accecare dai facili paragoni con Jack Sparrow, forse è stata colpa di una costosissima ferrovia lunga 8 chiliometri creata appositamente per il film. O forse è stata colpa del coraggio di Gore Verbinski. Il coraggio di riscrivere le regole del blockbuster con una trama e delle motivazioni meno esplicite del solito. Forse non abbiamo apprezzato una profonda rilettura del mito americano. Forse non abbiamo apprezzato una splendida contaminazione tra western e avventura, dimenticandoci una messa in scena incredibile e una delle sequenze action più belle viste sul grande schermo negli ultimi 20 anni. Nel dubbio: sempre tanto affetto per un grande incompreso.
Perché The Lone Ranger è un film sottovalutato
4. Operazione U.N.C.L.E. (2015)
Reduce dal successo dei due film su Sherlock Holmes, nel 2015 Guy Ritchie abbandona la Londra vittoriana per abbracciare i sospetti della guerra fredda. Ispirandosi a una serie tv degli anni Sessanta, il regista londinese confeziona una spy story dinamica, brillante e ironica. Armie Hammer e Henry Cavall sono affiatatissimi e credibili senza mai prendersi troppo sul serio, eppure questo non basta per lasciare il segno. Il film arriva in sala in modo troppo anonimo e viene dimenticato troppo in fretta. Peccato, perché secondo noi resta un perfetto esempio di intrattenimento intelligente che avrebbe persino meritato di diventare un franchise.
5. Steve Jobs (2015)
Anno 1955. Muore Einstein. Nasce Steve Jobs. Il mondo è troppo piccolo per due geni. Il secondo arrivato, a cui bastano delle New Balance bianche e un dolcevita nero per ammaliare le folle, ha avuto un' infanzia da gettare in un cestino che, però, non si può svuotare. La rimozione forzata non funziona. Lui è l'uomo "end to end", un sistema chiuso da cui niente esce e in cui nessuno entra. Una patina fredda che lo allontana da figli e colleghi, amici e amanti ripudiate. La tecnologia diventa il suo credo e poi il nostro. La sua religione ha avuto proseliti e creato fedeli. Steve Jobs racconta tutto questo, un fiume in piena di parole argute e battute ad effetto. Un lungo backstage che, quasi come Birdman, ci porta dietro le quinte di uno degli uomini più emblematici e rappresentativi dei nostri tempi. Fassbender non imita, Sorkin ispira, Boyle non giudica, Kate Winslet è il più bel grillo parlante di sempre. Per questo, secondo noi, Steve Jobs assieme a The Social network è uno dei manifesti dei nostri tempi da tramandare ai posteri. Un film mai abbastanza celebrato.
Da Zuckerberg a Steve Jobs: con Aaron Sorkin la tecnologia è al servizio del talento e dell'amore
6. Il viaggio di Arlo (2015)
A proposito di tempismo sfortunato, eccoci davanti a un altro caso emblematico. Perché il più grande "difetto" de Il viaggio di Arlo è stato uscire poco dopo quel capolavoro di Inside Out, nell'unico anno in cui la Pixar ha fatto uscire non uno ma due film. Schiacciato dal suo illustre predecessore, Il viaggio di Arlo è forse (insieme a Brave) il più disneyano nella Pixar. Un racconto semplice, bollato come "troppo per bambini", ma che rivela un nostro problema ricorrente con i film: spesso diamo davvero troppo peso alla trama. La storia de Il viaggio di Arlo non spicca per originalità, è vero, ma a livello visivo il film è una piccola perla. Lente panoramiche sul paesaggio, che ci fanno scoprire poco per volta una Natura nuda, vasta, accogliente, fatta di acqua e di sassi, di erba e bacche. Il viaggio di Arlo è un film selvaggio, perché va alle radici del cinema, visto che potrebbe funzionare anche come film muto. Un'opera da riscoprire, anche perché è assolutamente complementare a Inside Out. La storia di Riley era profonda, procedeva andando dentro la protagonista. Quella di Arlo invece va sempre in fuori, va avanti, sostenuto dalla curiosità e della scoperta.
7. Silence (2016)
Se questa lista non fosse in ordine cronologico, questo film sarebbe in testa ai film più sottovalutati del decennio. Senza alcun dubbio. Perché secondo noi Silence è davvero un capolavoro troppo incompreso e passato troppo sottotraccia. Siamo davanti alla legge del contrappasso di Martin Scorsese: dopo le urla, il chiasso e il clamore di The Wolf of Wall Street, uno dei più grandi registi viventi cambia registro e si ritira nel silenzio. Un viaggio intimo e disorientante in cui un Martin Scorsese in stato di grazia filma l'invisibile, mette in scena la Fede che vacilla, il dolore che interroga, il dubbio che assilla. Silence è un film che mette alla prova un ottimo Andrew Garfield, ma che interroga tutti noi. E lo fa chiedendoci il senso di tante cose. Delle scelte, della religione, della cultura, del perdono, della pietà, dell'essere umani. Un capolavoro forse troppo ostico, ma sicuramente prezioso, da conservare e riscoprire. "Prega, ma fallo ad occhi aperti" resta una delle battute più belle, significative ed emblematiche di un film incredibile.
8. Jackie (2016)
Uno sparo. Una vita finisce e un'altra ha inizio. Di colpo. Il battesimo di sangue della signora Kennedy costringe a scoprire la persona dietro il personaggio, la donna dietro il velo nero del lutto. Chi è Jackie? Cosa sente Jackie? Chi ama Jackie? E' mai stata amata Jackie? Con un tocco leggero ma penetrante, Pablo Larrain crea un biopic insolito, tutt'altro che lineare. Emerge così una lenta e inesorabile presa di coscienza, del buono e del male che è stato vissuto. E dei doveri della vita davanti alla morte. Grazie a una Natalie Portman sontuosa, Jackie è una meravigliosa e spietata elaborazione del lutto. Spietato e liberatorio, Jackie è un film che meritava ancora più considerazione e popolarità.
9. Animali notturni (2016)
Non temiamo di esagerare nel definire Animali Notturni uno dei migliori thriller del suo decennio. Lo è perché è spietato, pieno di tensione e con un'eleganza della messa in scena davvero incredibile.
Una storia nella storia. Un libro nel film. Animali Notturni è un film che devi leggere, un'opera da sfogliare con cautela, dove ogni pagina è uno strappo, ogni parola ti macera dentro, ogni segnalibro è un coltello affilato negli occhi di chi guarda. Si guarda indietro in questo libro, si ripercorre un passato doloroso, si sbircia negli specchietti retrovisori dentro strade piene di asfalto e lacrime. Un film grandioso, dominato da occhi diversi: quelli pieni e sofferti di Jake Gyllenhall accanto a quelli vitrei e glaciali di Amy Adams. Prede e cacciatori. Vittime e carnefici. Gli ingredienti basilari di ogni thriller non sono fuori dalla porta di casa. È tutto lì dentro: in mezzo a due persone che provano a stare insieme.
Animali notturni: anatomia di una vendetta perfetta
10. The Last Duel (2021)
Chiudiamo con il film più incompreso del 2021. Un flop inspiegabile visto che siamo davanti a un grandissimo film. In questo caso il grande scoglio da superare è stato soprattutto uno: guardare The Last Duel, perché il problema è che questo film in sala lo hanno visto in pochissimi. Le cose sono leggermente migliorate soltanto dopo il suo arrivo su Disney Plus. Un gran peccato aver soffocato un film del genere nel piccolo schermo, perché con The Last Duel Ridley Scott è tornato a duellare come un tempo, e lo ha fatto in grande spolvero. A 84 anni dimostra ancora come si costruisce grande cinema. Quello che vive di parole affilate e immagini grandiose. Lontano dalla semplificazione del bianco contro nero, The Last Duel è una storia di sfumature, che non impone mai una sola verità. A vincere è solo una cosa: la percezione della realtà che sconfigge la realtà stessa. Modi diversi di sentire le cose, vedere il mondo e di conseguenza raccontarle agli altri. Piccole differenze messe in scena con tocchi di regia poco vistosi ma decisivi: gesti, espressioni, inquadrature in grado di restituire l'interiorità di tre persone diverse. E poi c'è lo spettacolo. Quello puro, violento e realistico di un duello all'arma bianca straordinario.
The Last Duel, la recensione: la gladiatrice che sfidò i duellanti