Non tutti i pregiudizi sono infondati. Se negli ultimi 20 anni si è venuta a creare un'immagine-tipo del "tipico film italiano" non è solo colpa della pigrizia del pubblico o delle facili etichette della critica. Un motivo c'è, e va cercato nella sconfinata miriade di produzioni nostrane che hanno dato vita a commedie (più o meno sentimentali, più o meno riuscite e spesso corali) dal sapore tipico. Poco memorabili perché simili nel tono e nel tono innocuo, questi film non sono soli. Per fortuna ci sono delle eccezioni che la regola non la vogliono confermare, ma ridefinire, arricchire, stravolgere. Ed è per questo che siamo qui a consigliarvi 30 film italiani recenti da vedere senza alcun indugio.
Per "recenti" consideriamo tutti i film italiani arrivati in sala negli ultimi sei anni, ovvero dal 2014 a oggi. Dentro ci troverete la poetica di navigati registi e gli azzardi di nuovi, coraggiosi autori, grandi imprese produttive e piccole perle. Perché c'è un cinema italiano che quel pregiudizio vorrebbe trasformarlo soltanto in un ricordo a suon di storie capaci di rimanere davvero impresse, divertendo o disturbando tra sorrisi, amarezza, vecchi e nuovi generi.
E allora, carichi di un po' di sano patriottismo, ordine cronologico e orgoglio nostrano, ecco 30 film italiani da rivedere o recuperare per smetterla, finalmente, di sorprenderci e di pronunciare quella tremenda ma inevitabile frase che recita: "Non sembra un film italiano".
1. Il giovane favoloso (2014)
Ne Il giovane favoloso troviamo una delle figure letterarie più tormentate e affascinanti di sempre, raccontata con passione, competenza e rispetto. Mario Martone trova nello studio matto e disperatissimo di Giacomo Leopardi la fonte d'ispirazione per il secondo atto della sua trilogia dedicata ai momenti di svolta nella storia italiana (aperta da Noi credevamo e chiusa da Capri: Revolution, e lo fa attraverso un ritratto intimo e scrupoloso. Senza mai risultare macchiettistico, Elio Germano è eccezionale nel mettere in scena il malessere fisico ed esistenziale di un animo sensibile, costretto a vivere sulla sua pelle (e attraverso il suo inchiostro) il celebre scollamento Io-Mondo.
2. Smetto quando voglio (2014)
Troppo sbrigativo e ingiusto bollarlo come "un Breaking Bad in salsa nostrana". Perché al di là della vocazione criminale di gente insospettabile e della fotografia acida, Smetto quando voglio è un'irriverente e graffiante panoramica su quello che significa essere trentenni oggi, in Italia. Sydney Sibilia costruisce una trilogia solida, dove si ride amaro sul precariato economico, lavorativo ed esistenziale. Grazie a dei personaggi credibilmente folli e ben caratterizzati, tra i quali lo scontro dialettico si alterna a una comicità slapstick, Smetto quando voglio è uno dei progetti più ambiziosi e riusciti degli ultimi anni.
3. Non essere cattivo (2015)
Il grande e prematuro addio di Claudio Caligari si specchia dentro un film viscerale, lucido e crudele. La ferocia della provincia romana raccontata attraverso un'amicizia tra due ventenni consumati dal vizio e da un contesto imbastardito da cui non esiste fuga. Gioventù bruciate ardono dentro un'opera noir, che chiude la trilogia composta da Amore tossico e L'odore della notte in maniera violenta come un film del genere dovrebbe fare. Non essere cattivo scuote, ferisce, disturba. Anche grazie a un Luca Marinelli e a un Alessandro Borghi in stato di grazia.
4. Il racconto dei racconti (2015)
Perché ritenere il fantasy qualcosa di lontano dalla nostra cultura quando abbiamo un patrimonio favolistico così ricco, capillare e variegato? Nella testa di Matteo Garrone dev'essere passata una domanda simile prima di girare il suo ambizioso Il racconto dei racconti. Basato sulle fiabe secentesche di Giambattista Basile, l'opera di Garrone fa tornare a galla l'immaginario disturbante delle vere fiabe popolari di un tempo. Avverso a una concezione patinata ed edulcorata del racconto fiabesco, il regista romano elogia il deforme, il difforme, il brutto e lo sporco, raccontando tre storie dominate dal coraggio di sfuggire al proprio atroce destino.
5. Suburra (2015)
Sangue, lacrime e pioggia. Piove a dirotto su una Roma impregnata di corruzione. Sembra di essere nella Los Angeles di Blade Runner: atmosfere cupe, anime in pena senza speranza di salvezza, personaggi afflitti da una città che si erige a protagonista assoluta. "È stata Roma", recita la frase più bella del film diretto con mano sapiente da Stefano Sollima, perché è come se il contesto squallido della capitale diventasse una gabbia per tutti: politici, malviventi, abitanti. Spietato e colmo di disincanto, Suburra è un affresco cittadino (e nazionale) dall'impatto disturbante: sicuramente uno dei film italiani che vale assolutamente la pena vedere.
6. Mia madre (2015)
Dolente, toccante, sincero. Per una volta Nanni Moretti mette da parte se stesso, perché nel suo Mia madre il suo personaggio è perfettamente marginale nell'economia della storia. Il centro di tutto, nonostante la deriva metacinematografica di forte impronta autobiografica, è il meraviglioso personaggio interpretato da Giulia Lazzarini, madre di due figli che le orbitano attorno sino alla fine. Il dodicesimo film di Moretti è la rinuncia definitiva alle tentazioni dell'ego, è l'abbraccio schietto e viscerale verso le radici da cui, per quanto distratti e lontani, è difficile distaccarsi.
Leggi anche: Ma come parla? Le frasi e le scene culto del cinema di Nanni Moretti
7. Vergine giurata (2015)
Ci sono donne più gelide e fredde delle montagne innevate. Donne che hanno giurato di castrare la propria femminilità perché cresciute in posti in cui non hanno alcuna libertà. Immerso dentro un'ambientazione silente e inusuale per il nostro cinema, Vergine giurata racconta una storia di negazione e di emancipazione, una storia di corazze e di argini messi addosso a una ragazza che si finge uomo pur di garantirsi una vita degna di questo nome. Quello di Laura Bispuri è un esordio notevole proprio perché dotato di una sensibilità e di un rigore di solito in possesso delle autrici più mature e consapevoli.
8. Perfetti sconosciuti (2016)
Aggiungi un post a tavola. Ovvero come rovinare cene, amicizie e amori per colpa dei segreti custoditi nei nostri smartphone. Paolo Genovese parte da un'idea semplice quanto geniale chiedendosi cosa accadrebbe se un gruppo di amici rispondesse o leggesse ad alta voce chiamate e messaggi che arrivano sui loro cellulari, ovvero le scatole nere delle proprie vite. Il risultato è un film italiano che parte come una commedia brillante e poi vira in modo irreversibile verso il dramma. Teatrale e sostenuto da ottime prove d'attore, Perfetti sconosciuti fa sedere lo spettatore allo stesso tavolo dei personaggi per servigli una cena alquanto indigesta. Il disagio scomodo che si prova a immaginare di riprodurre tra amici lo stesso gioco del film è la risposta che non stavate cercando.
Leggi anche: Perché ci riconosciamo in questi Perfetti sconosciuti
9. Lo chiamavano Jeeg Robot (2016)
Prendete a cazzotti ogni perplessità e gustatevi come si crea un film supereroistico tutto italiano. Senza mai risultare forzato e fuori contesto, Gabriele Mainetti costruisce una origin story appassionante e commovente, riuscita proprio perché perfettamente calata nella nostra realtà. Perché, nonostante il titolo dagli echi nipponici, fuori dall'Italia Lo chiamavano Jeeg Robot non avrebbe motivo di esistere. Un protagonista solitario e riluttante, che poco per volta scopre l'empatia e l'affetto, traumi infantili sublimati attraverso l'immaginazione e un villain memorabile. L'idea di fare dello Zingaro di Luca Marinelli un figlio dimenticato della televisione italiana, e per questo alla ricerca di disperata visibilità, è uno spunto narrativo geniale.
Guarda il video: Lo chiamavano Il Cavaliere Oscuro, il trailer parodia
10. Mine (2016)
Metaforico, allegorico e basato un'idea potentissima. Facile da riassumere nella trama, dote di tutte le opere basate su un high concept, Mine racconta la storia di un soldato costretto a rimanere fermo e immobile sulla mina che ha schiacciato. Da qui parte un racconto che scava dentro una persona rimasta immobile per tanto, troppo tempo a vecchie ruggini da scrostarsi finalmente di dosso. Fabio Guaglione e Fabio Resinaro sfruttano ogni goccia di carisma nel corpo di Armie Hammer per dare forma a film originale e pieno di tensione. Nota di merito anche per il doppio senso del titolo "Mine" (che significa sia "mina" che "mio").
11. Veloce come il vento (2016)
Giulia è una ragazza che la vita ha invitato poco gentilmente a diventare subito donna. Di corsa. Come le gare automobilistiche, vecchia ossessione di famiglia, le hanno insegnato così bene. Lei ha un collo da colibrì ma spalle larghe. È fragile solo in apparenza perché dev'essere forte anche per un fratello disperato, tossico e consumato come Loris, ex stella delle corsa, ormai caduto in rovina. Attraverso un rapporto fraterno conflittuale ma formativo, Veloce come il vento sbanda dai soliti generi per sfociare nel film sportivo come metafora di ricostruzioni umane. E lo fa con una regia dinamica, la scoperta della talentuosa Matilda De Angelis e la prova sopraffina di un inedito Stefano Accorsi.
12. La pazza gioia (2016)
Scaturito da un'epifania rivelatrice provata da Paolo Virzì sul set di Il capitale umano, quando vide Valeria Bruni Tedeschi tenere per mano Michaela Ramazzotti, La pazza gioia ci fa letteralmente innamorare delle sue due protagoniste folli e sui generis. Donatella e Beatrice sono due donne agli antipodi, sofferenti e inquiete, relegate dentro l'etichetta di "malate mentali" da un mondo troppo assuefatto all'abitudine per comprenderne le intenzioni. Forse, però, la società ha solo paura di chi ha molta voglia di vivere. Parte da qui un film on the road all'insegna sia del nuovo della riscoperta, dell'andare avanti guardando indietro grazie al solito tocco tragicomico di Virzì. Qui prodigo sia di risate spontanee e che di lacrime torrenziali.
13. Indivisibili (2016)
Negli occhi rimane ancora quel meraviglioso piano-sequenza iniziale che apre il film. Nelle orecchie la voce di due gemelle siamesi cantanti, sfruttate come fenomeni da mettere in bella mostra tra matrimoni e feste. Premiato con sei David di Donatello, il film Indivisibili è una coraggiosa storia d'amore italiana tra sorelle uguali ma diversissime, tra anime incastrate in vite troppo strette, tra persone con prospettive diverse sulle proprie esistenze. Il talento di Edoardo De Angelis, apprezzato anche da Paolo Sorrentino, trova nel realismo poetico di Indivisibili la sua consacrazione definitiva.
14. A Ciambra (2017)
Un mondo feroce e crudele quello di A Ciambra, uno dei film italiani recenti dove c'è poco spazio per l'immaginazione e la tenerezza. Piccolo, minuscolo, prezioso racconto di formazione nella periferia più balorda della Calabria. Tra baracche, piccoli furti e bande familiari, si muove il giovane Pio, deciso a farsi valere, accettare e rispettare per risalire presto la gerarchia della sua squallida comunità ai margini. Con uno stile di regia che rimane addosso del protagonista tutto il tempo, Jonas Carpignano dirige un film vero, sporco, dedicati ai bambini che non hanno tempo per essere bambini e ai ragazzi costretti a diventare subito uomini. Martin Scorsese tra i produttori esecutivi è un pregio non comune.
15. Sicilian Ghost Story (2017)
Nel cuore pulsante di Sicilian Ghost Story battono eterni contrasti. Tra disincanto e speranza, realismo e magia, il film italiano di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza assume poco per volta le fattezze di una fiaba nera dallo stile evocativo. La scomparsa di un ragazzino all'interno di un piccolo paese siciliano mette in mostra il lato più omertoso di una comunità in cui soltanto la vocazione di un amore ancora puro può distinguersi dalla mediocrità collettiva. Un thriller intimo con sprazzi onirici, splendidamente fotografato da Luca Bigazzi.
16. Ammore e malavita (2017)
Dopo averlo apprezzato alla Mostra del Cinema di Venezia, la stampa italiana lo aveva già soprannominato "Na Na Napoli". Sia chiaro: con La La Land ha in comune soltanto il genere musical e l'attestato d'amore per una città (per Chazelle era Los Angeles, per i Manetti Bros Napoli), perché Ammore e malavita è davvero una mosca bianca all'interno del cinema italiano. Anarchico, autoironico e meno superficiale di quanto voglia o possa sembrare, il film dei Manetti elogia la bellezza sfiorita e ferita di una città soffocata da uno sfruttamento mediatico che le dipinge sempre e solo come teatro criminale. Napoli è anche altro.
17. I peggiori (2017)
Li chiameremo Kick-Ass all'italiana. Sulla scia del grande fumetto di Mark Millar, Vincenzo Alfieri mette in scena la disperazione di due trentenni italiani che si improvvisano paladini della giustizia in modo maldestro e irresistibile. I peggiori fa sorridere (tanto) e sogghignare a denti stretti, grazie a una sottile vena di critica sociale che non perde mai di vista il disimpegno di una pellicola vivace e fresca, che non nasconde mai la sua impronta orgogliosamente nerd. Un film che riesce a essere una perfetta via di mezzo tra Smetto quando voglio e Lo chiamavano Jeeg Robot, senza rinunciare mai a una personalità tutta sua.
18. Gatta Cenerentola (2017)
C'è una città che forse è una nave. Vorrebbe salpare, ma resta ancorata alle sue disgrazie. C'è una città che forse è una ragazza. Vorrebbe ritrovare la sua purezza, ma è costretta a sporcarsi le mani. C'è un film che si scrive Gatta Cenerentola, ma si legge "Napoli Violata". È questa la morale acre di una perla d'animazione italiana in cui delicate allegorie mandando avanti una storia piena di soprusi e prevaricazioni, contrastate da un animo gentile costretto a sporcarsi le mani per sopravvivere in un mondo che ha smesso di credere alle fiabe.
19. Nico, 1988 (2017)
Una delle rivelazioni più gradite e sorprendenti della Mostra del Cinema di Venezia 2017. Ritratto scrupoloso e attento di un'arista inquieta e vagabonda, Nico, 1988 racconta la storia meno nota della celebre cantante che fu musa di Andy Warhol e voce dei Velvet Underground: la sua carriera da solista. Immerso dentro atmosfere livide come pelle sofferente di Christa Päffgen, l'opera di Susanna Nicchiarelli non cade mai nel lacrimevole per raccontare la fierezza di una donna che affermava se stessa attraverso la sua musica.
20. La terra dell'abbastanza (2018)
Uno degli esordi più notevoli e convincenti degli ultimi anni. I fratelli D'Innocenzo realizzano un'opera potente, cupa, dallo stile narrativo e dall'impronta visiva capaci di rievocare qualcosa di autentico. L'ascesa criminale di due amici fraterni viene rappresentata da una regia istintiva, abile nel carpire il talento spontaneo dei suoi attori. Senza mai risultare retorico, La terra dell'abbastanza trova nel suo titolo la morale di una storia di sopravvivenza, in cui l'abbastanza, spesso, è il massimo a cui si possa ambire.
21. Sulla mia pelle (2018)
Riuscire a raccontare con il giusto tatto la storia di Stefano Cucchi non era impresa facile. Ci è riuscito molto bene Alessio Cremonini, capace di mettere in scena la triste vicenda di Cucchi mettendosi alla giusta distanza, senza giudicare o risultare mai morboso, ma ricostruendo fatti che si commentano da soli con grande senso della misura. A fare la differenza in Sulla mia pelle, oltre a una regia chirurgica, la prova sopraffina di un irriconoscibile Alessandro Borghi. Sofferto, sofferente ma dotato di un orgoglio pieno di dignità, il suo Stefano rivive dentro un film asciutto e assolutamente straziante.
Leggi anche: Alessandro Borghi: da Suburra a Stefano Cucchi in Sulla mia pelle, la carriera dell'attore
22. Dogman (2018)
Un purgatorio di anime in pena. Tra fango, desolazione e sporcizia, Dogman sembra quasi un film western contemporaneo abitato da personaggi feroci e teneri, disumani eppure umanissimi. Matteo Garrone riscrive e ammorbidisce un terribile fatto di cronaca (la celebre vicenda del Canaro) per mettere in scena con grande maestria un rapporto di malsana dipendenza tra un carnefice e la sua preda. Eccelse le prove d'attore di Marcello Fonte ed Edoardo Pesce, straordinari nel dare forma a due persone loro modo animalesche. Come fossero un topo e un orso che non possono proprio fare a meno l'uno dell'altro.
Leggi anche: Marcello Fonte è il "Canaro" in Dogman: ritratto di un assassino dal cuore d'oro
23. Chiamami col tuo nome
Ci sono film che hanno il sapore di vecchie estati dal retrogusto agrodolce. Quelle passate ad annoiarsi al sole, quelle segnate da tempi dilatati, fatte di giri in bici, buoni libri, colazioni lente e costumi bagnati. Adattamento dell'omonimo romanzo di André Aciman, Chiamami col tuo nome racconta un desiderio lungo un'estate intera. Il giovane Elio incontra il seducente Oliver e da quell'incontro si sprigiona un'intesa spontanea, trascinante, pura e, infine, dolorosa. Luca Guadagnino ci ammalia con un film evocativo, che ci immerge dentro una storia d'amore delicata e preziosa.
24. Loro (2018)
Un dittico formato da due film diversi eppure complementari. Nel primo Silvio Berlusconi è una presenza che aleggia su tutti i personaggi: incorporeo, astratto, pura idea di invidiabile successo che attrarre uomini e donne che gli ronzano attorno. Salvo poi irrompere in scena quando con una delle sue tante maschere. Nel secondo atto Paolo Sorrentino entra a gamba tesa nel privato di uno dei personaggi più controversi della recente storia italiana, ispezionando il suo rapporto complesso con la moglie Veronica Lario. Loro tratteggia così una figura respingente e allo stesso tempo affascinante, un affabulatore alla disperata ricerca di approvazione altrui. Il tutto messo in scena dalla solita regia ironica, allegorica e sofisticata di un cinico Paolo Sorrentino.
25. Il primo Re (2019)
Nel mito fondativo di Roma ci sono due fratelli messi allo specchio, riflessi nelle acque torbide del Tevere. Uomini sospesi tra l'Io e il Dio, il re e il me. Da una parte la passione di Remo che, più di 700 anni prima di Gesù, fa l'esatto contrario di Cristo: si autoelegge divino per il bene del suo popolo, per annientare la sottomissione a qualsiasi Dio, diventare paura tremenda e guidare l'uomo verso una violenta, visionaria, folle indipendenza. Dall'altra Romolo che nel fuoco sacro vede una luce per la civiltà e nelle profezie un dono. Il primo re è dramma shakespeariano prima di Shakespeare, è inevitabile archetipo, bisogno di mito, viscerale opera antropologica. Matteo Rovere fa parlare le immagini riconoscendosi (come fece Gibson con William Wallace) in occhi cristallini costretti a sporcarsi di sangue e di terra. E forse, quando la smetteremo di stupirci davanti al coraggio di un film italiano -come questo, di cui abbiamo parlato nella nostra recensione de Il primo Re - anche noi saremo meno primitivi.
26. La paranza dei bambini (2019)
Raccontare la criminalità è sempre un campo minato. Lo è ancora di più quando cinema e tv hanno stropicciato il tema scomodandolo tante (forse troppe?) volte. La paranza dei bambini si muove agile evitando di camminare su terreni già calpestati. Tratto dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano, il film di Claudio Giovannesi cambia prospettiva e ci porta dentro la spensieratezza perduta di una generazione costretta a smarrire la proprio innocenza. Un racconto corale in cui empatia e sofferenza camminano tutto il tempo mano nella mano.
27. Il traditore (2019)
Bisogna saper leggere la realtà per strappare le giuste pagine da un grande libro. Marco Bellocchio sfoglia la storia italiana e ne estrapola un film rigoroso, curato sia nella messa in scena che nella sceneggiatura. Ne Il traditore ogni parola è dosata con sapienza e nessuna inquadratura è casuale. Il resto è tutto nella sontuosa prova di Pierfrancesco Favino, capace di dare forma a un Tommaso Buscetta deprecabile ma anche affascinante. Perfetto ago della bilancia di un film che solleva dilemmi etici e riapre vecchie ferite nel cuore del nostro Paese.
28. The Nest - Il nido (2019)
Sigmund Freud apprezzerebbe lo spettacolo. Roberto De Feo costruisce un horror sofisticato e suggestivo, tutto basato su un rapporto malsano tra madre e figlio. Senza scomodare troppi jump scare, il regista crea tensione e inquietudine soprattutto attraverso un'ambientazione sinistra e i volti criptici dei suoi personaggi imprevedibili. Nota di merito per la costruzione di una mitologia ricca (forse persino aperta dei sequel) e per finale criptico, che spinge lo spettatore ad interrogarsi anche dopo i titoli di coda. Subdolo e raffinato, The Nest è una mosca bianca che si distingue nel nostro panorama cinematografico, soprattutto grazie alla sua lampante vocazione internazionale.
29. Martin Eden (2019)
Potrebbe essere ambientato nel passato, potrebbe essere oggi o domani. Il che lo rende un film dal potere universale. Pietro Marcello adatta l'omonimo romanzo di Jack London per mettere in scena la scalata sociale e intellettuale di un grande avventuriero. Interpretato da un (come sempre) eccezionale Luca Marinelli, vincitore della Coppa Volpi, Martin Eden porta con sé il coraggio rivoluzionario degli eroi romantici, quelli più caparbi e indomiti, quelli che non si fanno scoraggiare dalle avversità o inibire dalla paura del fallimento. Insofferenti alle regole che inibiscono ogni spirito libero, Eden è un personaggio che incarna l'anima di un film coraggioso e insolito per il nostro cinema.
Martin Eden, la recensione: storia di un marinaio ancorato alle parole
30. Favolacce (2020)
Una provincia assolata, fuori dal tempo e senza spazio. Siamo dentro a una favola, non dentro una fiaba. Non c'è magia, non c'è immaginazione, non ci sono persone. Solo animali, pulsioni basse e cuccioli di bestie. Non favole ma favolacce. Ostili, fastidiose, puzzolenti. Favolacce è un groviglio di disagio e malessere impossibile da sbrogliare. Dentro ci sono genitori balordi, adulti frustrati e figli che li guardano fissando il loro vuoto. Dentro convivono istinti e rassegnazione che fanno il girotondo. E ovviamente cascano per terra. Favolacce è un film che respinge, che non vuole essere abbracciato, che nel male di vivere ci sguazza bene. I fratelli D'Innocenzo danno libero sfogo al loro sguardo fuori dal comune, si avvicinano ai personaggi quando serve e se ne allontanano quando occorre. Cinema disinibito, dalla sensibilità rara e potente, ostico ma affascinante.