Dopo l'acclamato La scelta di Barbara, ambientato negli anni della Cortina di Ferro, l'apprezzato regista tedesco Christian Petzold torna a parlare della sua Germania e lo fa con un film, Phoenix, che racconta di un Paese distrutto nel profondo dopo la Seconda Guerra Mondiale. La protagonista è una sopravvissuta ad Auschwitz, irriconoscibile dopo un'intervento chirurgico al viso che l'ha trasformata. Torna a Berlino per ricontattare il marito che, durante la prigionia della donna, ha ottenuto il divorzio da lei.
Ex musicista, ridotto a lavorare come sguattero in un locale notturno della città, l'uomo, interpretato da Ronald Zehrfeld, è subito attratto dalla donna, in cui vede una certa somiglianza con la consorte. Decide quindi di sfruttarla per ottenere l'eredità di Nelly. La donna, dal canto suo, ancora legata dall'amore per Johnny, lascia che l'uomo prosegua nel suo piano, fino ad una decisione finale che dimostra dignità e coraggio. Senza Nina Hoss, bloccata all'aeroporto da uno sciopero, Petzold, tra gli autori più attesi della nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (il film è stato inserito nel programma di Gala), ha dato sfoggio della sua cultura cinefila.
Raccontare una pagina nera della storia
Fondamentale per la scrittura del film sono state le ricerche sulle fonti, un lavoro di recupero di un materiale quanto mai misterioso sulla più grande tragedia dell'epoca contemporanea. "La cosa terribile - ha detto - è che in Germania non ci sono tanti documenti sulle persone che sono tornate dai campi di concentramento, purtroppo questa parte della storia non è stata scritta. Ho attinto alle opere di Primo Levi per colmare questo vuoto e su Un esperimento d'amore di Alexander Kluge".
"Auschwitz è qualcosa che ci rimprovereranno per sempre, è chiaro - ha poi ribadito - e lo si vede nel personaggio di Lene, l'amica del cuore di Nelly che, schiacciata dal senso di colpa per essere sopravvissuta allo sterminio, grazie alla ricchezza della sua famiglia e alla possibilità di trasferirsi all'estero, si suicida. Probabilmente in un film americano non sarebbe stato possibile raccontare questo aspetto e questo personaggio".
Lo sguardo dell'altro
La protagonista crede di poter riportare in vita il passato, recuperando il rapporto con un uomo che invece ha perso qualunque interesse per la donna; per raggiungere questo obiettivo si trasforma in oggetto plasmabile, quasi come la Kim Novak di La donna che visse due volte (il suo film preferito, amato e odiato allo stesso tempo), innescando tutta una serie di riflessioni sullo sguardo e sul cinema come creazione artistica, regno della maschera. "_Nelly e Johnny si muovono nel film come in un tango - ha spiegato -, ma a questo punto ci sono arrivato gradualmente, perché non sapevo bene quanto sarebbe durato questo lavoro sul corpo della donna, quando cioè Nina-Nelly avrebbe cominciato a difendersi. All'inizio lei viene quasi trattata come una Cenerentola che trova il paio di scarpe, poi però trova una sua voce e nel momento finale, quando canta la canzone del cuore, accompagnata dal marito, riesce a tirare i fili. Le scene ambientate nella cantina in cui vive Johnny, quando lui cerca di "insegnare" a Nelly a somigliare a sua moglie, possono sembrare molto teatrali, ma il cinema non è teatro, non c'è un palcoscenico, va tra la gente.
Quell'ambientazione è una camera sotto pressione. Quanto all'ispirazione di Vertigo, certo che si può vedere un riferimento. Phoenix però racconta la storia dal punto di vista della Novak. Qui la donna non muore per far tornare potente il marito. Nelly vive, quindi sopravvive_".
La musica è la chiave
Nelly è una cantante e proprio davanti ad una platea improvvisata riesce a recuperare l'identità perduta, trovando la spinta necessaria per comprendere definitivamente la fine del rapporto col marito. Speak Low di Kurt Weill, interpretata con soavità dalla Hoss, sembra essere una chiave fondamentale per chiarire il senso del film. "Weill è stato in esilio a New York e ha trasformato i pezzi scritti con Brecht in canzoni americane - ha detto - in Speak Low è fortissimo il senso della nostalgia per un amore passato. Weill era innamoratissimo di sua moglie, ma lei non lo corrispondeva più. Non sapevo come concludere il film, poi ho ripensato a questa canzone e ho pensato che Nelly potesse usarla per proteggere il ricordo del suo amore, l'unica cosa che si poteva salvare dopo il '45".
Al cinema
Petzold ha pensato che vedere film ambientati in quel momento storico preciso assieme al cast e alla troupe potesse servire per creare uno spirito comune. Il risultato è stato, a suo dire, straordinario. "Vedere film assieme fa condividere lo stesso linguaggio - ha spiegato -, per esempio abbiamo visto Le catene della colpa di Jacques Tourneur, da quello il cameraman ha potuto 'rubare' l'uso della luce, talmente particolare da trasformare gli occhi in finestre sull'anima. Poi abbiamo visto svariate opere di Renoir per catturare il senso di malinconia e perfino un musical di De Mille in cui i personaggi ballano contro il fascismo".