Le luci si abbassano e sul grande schermo si accende il grande cinema di Álex de la Iglesia. Il 'Teatro Studio' dell'Auditorium Parco della Musica di Roma ha ospitato nel tardo pomeriggio di oggi un incontro davvero entusiasmante con uno degli autori più eclettici, irriverenti e geniali del moderno cinema iberico. Un video (montato un po' alla buona, senza sottotitoli e di qualità tutt'altro che eccelsa) ha introdotto la pazza filmografia del cineasta di Bilbao che comprende film come Azione mutante, El día de la bestia, Perdita Durango, Muertos de risa, La comunidad - Intrigo all'ultimo piano e Crimen perfecto e che negli ultimi anni ci ha regalato un autentico capolavoro come Ballata dell'odio e dell'amore (che ha trionfato a Venezia 2010 vincendo il Leone d'Argento per la regia e il Premio Osella per la Migliore sceneggiatura) e quest'ultimo Las brujas de Zugarramurdi, un autentico, imperdibile gioiello che racchiude l'apoteosi del suo cinema. Ha voluto parlare del suo inizio di carriera, della sua amicizia con Pedro Almodóvar, dei film che non ha mai fatto e di quelli di cui non è soddisfatto al 100% ma soprattutto ci ha raccontato, senza mai un briciolo di banalità, l'essenza del suo nuovo personalissimo lavoro a metà tra l'horror e la commedia sentimentale incentrato sulle difficoltà di oggi di affrontare e mantenere rapporti di coppia equilibrati e sani.
Cosa significa per lei essere qui oggi a parlare con il pubblico del Festival di Roma?Sono molto felice di essere qui e di poter parlare con il pubblico dei miei film e anche dei miei errori, lavorare per me significa anche avere la maturità di accettare i propri sbagli e le critiche della gente. I miei film rispecchiano moltissimo la mia personalità e quindi se avete delle domande da farmi sono pronto a tutto, anche a rimborsarvi (ride). Pensa che la regia di questo suo ultimo film di streghe Las brugas de Zugarramurdi rappresenti per lei un po' un ritorno alle origini per quel che riguarda le tematiche?
Non mi piace molto parlare di 'ritorno' alle origini perché il ritorno presuppone un'assenza, e personalmente non penso di essermi mai assentato ma di essere stato anzi sempre molto concentrato sul mio lavoro e sono molto soddisfatto dei miei film passati. Se proprio dobbiamo parlare di ritorno alle origini allora il film di cui dobbiamo parlare è Ballata dell'odio e dell'amore che ha rappresentato per me quasi una liberazione, un ritorno alla libertà autoriale senza tabù, proprio come ai vecchi tempi. A proposito di tabù, non avevamo mai visto Gesù Cristo dipinto d'argento fare una rapina armato di fucile e riempire di cazzotti i poliziotti. La sequenza di apertura del suo nuovo film è qualcosa di davvero strabiliante, un incipit action non proprio politically correct, come le è venuto in mente?
L'idea di infilare un Gesù Cristo rapinatore mi venne in mente già vent'anni fa, prima di El dìa de la bestia, quando buttai già la sceneggiatura di un film totalmente demenziale che nessuno ha mai voluto produrre. Il titolo era "Voglio avere un milione di amici" e fu il mio tentativo di realizzare una commedia chimicamente perfetta, fatta di pura idiozia, violenza e divertimento. Ricordo che l'incipit era ambientato durante una cerimonia funebre e dopo i titoli di testa il film partiva con una processione durante la settimana santa. Durante questo pellegrinaggio il Cristo scendeva dalla croce con un mitra in mano e cominciava a sparare contro tutti. Ecco come mi è venuta l'idea del travestimento per la rapina nella parte iniziale de Las brujas de Zugarramurdi, ho aspettato vent'anni prima di trovare il modo giusto di porre tutto questo in un film (ride). Il suo film è incentrato sulle difficoltà di mantenere oggi un rapporto di coppia duraturo e felice. Sono così difficili oggi le relazioni in genere e in particolare quelle tra uomini e donne?
La vita è difficile ed è impossibile vivere in coppia al giorno d'oggi. La verità è che fingiamo su tutto, fingiamo di essere felici, fingiamo di vivere in armonia, fingiamo di essere amici di qualcuno e fingiamo di essere gentili con i nostri vicini, in realtà i sentimenti dominanti sono l'invidia e la gelosia, la bramosia di denaro e di potere. Solo l'educazione ci impedisce di insultarci ogni cinque minuti e di ucciderci a vicenda ad ogni minimo dissapore. Per fortuna almeno nei film si può dire la verità e cioè che in realtà siamo animali con l'istinto di difesa e di sopravvivenza che alla prima occasione cerchiamo di strappare agli altri tutto ciò che hanno e che vorremmo. E' da questi sentimenti che nasce tutto ciò che è cultura, cinema, musica e poesia. Perché i personaggi dei suoi film sono sempre in conflitto con loro stessi e con le persone di cui si circondano? Qual è il suo rapporto personale con le donne?
L'unico posto in cui tutti noi siamo stati veramente felici è stato nel ventre della nostra mamma. Sarà per questo che gli uomini lasciano il corpo della madre e poi vanno in cerca di un altro utero in cui andare a rifugiarsi. Nella nostra dolce metà cerchiamo noi stessi in sostanza, cerchiamo un rifugio, qualcuno che ci capisca davvero fino in fondo perché non abbiamo voglia di capire da soli chi siamo veramente. Le sue opere sono sempre così inconfondibili e personali, come si fa a realizzare un'opera così precisa nei rimandi come Las brujas de Zugarramurdi ma anche così schizofrenica ed entusiastica dopo tanti anni di carriera?
A mio parere non esiste nulla di innovativo nel cinema, tutto quello che vedete proviene da esperienze personali del cineasta e da quello che ha visto, sentito e vissuto nella sua vita, quindi tutto deriva da qualcosa che è già esistito prima. Mi piace usare la metafora del barman, noi registi questo siamo, dei preparatori di cocktail che a seconda della bravura riescono più o meno bene a combinare gli elementi al fine di realizzare un prodotto equilibrato e soddisfacente. Sono intervenuto recentemente ad una conferenza sul cinema incentrata proprio su questo tema e il mio discorso si intitolava 'il ricordo del futuro'. Il segreto sta nel partire da due idee antagoniste, metterle in conflitto e poi lasciare che la forza dell'attrazione sia l'unica tensione capace di tenerle in equilibrio, da questo concetto può nascere una sceneggiatura buona ma non bisogna mai dimenticare che essa resterà sempre l'elaborazione di un ricordo. Come ha cambiato la sua vita l'incontro con Pedro Almodóvar?
E' stato tutto merito suo se ho iniziato a fare questo lavoro e sono riuscito a fare il mio primo film. Ricordo che la prima cosa che gli mostrai nel 1991 fu un mio cortometraggio folle intitolato Mirindas asesinas, un film muto, totalmente demenziale in cui cantavo senza rendermi conto di essere stonato. Avevo due possibilità: di essere preso a calci in qualità di imbecille oppure di fare carriera. Per fortuna mi è andata bene e nonostante tutto ebbi la possibilità di proporgli la sceneggiatura di Azione mutante con cui sono riuscito a convincerlo e a catturarlo. Non ho mai ceduto alle sue domande a trabocchetto e ho sempre tenuto il punto deciso a portare avanti il mio film, forse è per questo che lui mi ha seguito così meticolosamente e alla fine siamo riusciti a fare quello che volevamo. Non finirò mai di ringraziarlo per la fiducia che mi ha concesso.