Circa un anno fa ci trovavamo a commentare il finale della prima stagione di Fear the Walking Dead e, tra mille dubbi e perplessità, ci dicevamo comunque sufficientemente soddisfatti per quel nuovo inizio e auspicavamo un maggiore coraggio per il futuro. A distanza di 12 mesi, e quindici episodi dopo, ci troviamo costretti a ribaltare il nostro giudizio su questo spinoff del ben più celebre e riuscito show della AMC e a dirci sinceramente preoccupati per il prosieguo di questa serie che ha praticamente sbagliato tutto con questa seconda stagione, rovinando anche quelle (poche) basi positive che poteva aver iniziato a costruire.
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Se, per esempio, si poteva quantomeno ammirare la volontà di partire dalla stessa premessa di The Walking Dead ma di prendere direzioni apparentemente molto diverse, è già evidente che c'è poco da essere soddisfatti visto che questa seconda stagione per molti aspetti ha fatto un grosso passo indietro riducendosi ad una brutta copia di quanto abbiamo già visto nella serie madre più e più volte.
D'altronde i rating USA parlano chiaro: se il numero di spettatori tra il finale della prima stagione e l'inizio della seconda si era assestato tra i 6,6 e i 6,8 milioni, con il passare dei mesi c'è stato un vero e proprio crollo "culminato" con un episodio finale che ha totalizzato appena 3 milioni. Cos'è che è andato storto quindi in questo spin-off di una delle serie più amate e seguite dell'ultimo decennio? Vediamo insieme quelle che a nostro parere sono le cinque motivazioni principali di questo (temporaneo?) fallimento da parte della AMC, forse il primo vero per un canale giovane e ambizioso che finora aveva sbagliato pochissimo.
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Ambientazioni suggestive, ma sfruttate poco e male
Cominciamo da quella che doveva essere la maggiore differenza tra lo spinoff e la serie madre: Fear prendeva il via Los Angeles nei primissimi giorni dell'epidemia e prometteva, almeno sulla carta, un qualcosa di molto suggestivo, ovvero di mostrarci la caduta delle città e dell'intero sistema. Già nel finale nella prima stagione avevamo intuito che questa promessa sarebbe stata disillusa, ma l'idea di affrontare di petto una altrettanto inedita e suggestiva ambientazione marittima era sufficiente per perdonarli una prima volta.
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Quell'idea però è stata il cuore solo di alcuni episodi della prima metà di stagione e con esiti francamente deludenti e poco ispirati, ma è con l'arrivo in Messico che le cose sono peggiorate e molto velocemente. Una volta perso l'elemento novità, Fear ha cominciato ad arrancare fino a diventare una riproposizione perfino meno ricca e variegata del Walking Dead originale, sostituendo con i ben più inquietanti boschi un deserto che ha molto meno da offrire in termini di suggestioni. E anche le potenzialità delle ambientazioni più cittadine, e quindi più turistiche e ben più "vive" (si fa per dire visto l'argomento) di quella della Georgia di Rick & co., non sono mai state sfruttate a dovere: il resort in cui si rifugiano Madison, Victor e Alicia poteva essere il cuore di un'intera stagione come e quanto lo era stata la prigione in The Walking Dead 3, ma in verità ha saputo offrire molto poco. Stesso discorso, ma ancora più amplificato, per la colonia in cui Nick conosce la bella Luciana (Danay Garcia).
Questi walking dead non fanno alcuna paura
L'universo creato da Kirkman ha come slogan "Fight the Dead, Fear the Living" ("Combatti i morti, temi i vivi") e chiunque abbia letto il fumetto o visto la serie madre non dovrebbe fare molta fatica a capire come mai: gli zombie sono quasi un pretesto per raccontarci un mondo post-apocalittico in cui sono proprio tutti i sopravvissuti (compresi i protagonisti che seguiamo) il vero pericolo e in cui le loro azioni spesso rappresentano il vero orrore. Chi pensava però che uno spinoff intitolato invece Fear The Walking Dead potesse riportare alla ribalta i veri cari zombie come nemico principale si sbagliava, e pure di grosso, perché se c'è un qualcosa che questa seconda stagione di FTWD ci ha confermato è proprio che anche qui vale la celebre frase pronunciata da Rick Grimes: "Siamo noi i morti che camminano".
Poco male, direte voi, non è che manchino gli zombi sul piccolo e grande schermo ed in effetti tutta questa mancanza non si sente, ma a parte il fatto che anche in questo caso lo show si avvicina pericolosamente e inutilmente a quello di partenza, il problema vero è che gli erranti comunque non mancano, semplicemente in questa seconda stagione vengono trattati in modo veramente superficiale quasi fossero nulla più che una seccatura e mai veramente un pericolo. Addirittura ci sono episodi interi in cui i protagonisti, Nick in primis, passeggiano tranquillamente tra gli zombie senza alcun problema e senza alcuna tensione. Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, a che serva più la presenza di questi erranti e soprattutto come abbiano fatto sia gli autori che i protagonisti a "sbarazzarsi" con tale facilità di questo pericolo quando nemmeno Rick & company hanno questa sicumera.
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Scelte difficili da mandare giù
Quella dell'abuso del trucchetto di cospargersi di sangue infetto per passare inosservati tra gli zombie è soltanto una delle scelte narrative palesemente sbagliate e controproducenti da parte degli autori. Tutte le parti relative a Celia e alle sue credenze - così come quella successiva ma similare di Alejandro, la sua (finta) immunità e i suoi fedeli - sono assolutamente poco credibili e fuori luogo, soprattutto se inserite con questa fretta e senza un reale approfondimento.
Ma d'altronde tutta questa seconda stagione ha sofferto tantissimo proprio di questa stessa smania di non tirare troppo per le lunghe nessuna storyline ed è così che anche eventi potenzialmente importanti su cui gli autori sembravano puntare sono stati risolti in fretta e furia, senza che ci fosse la possibilità da parte degli spettatori di un reale coinvolgimento: è successo con i "pirati" in mare prima e poi presso la loro base, è successo nella fattoria di Celia, e poi ancora sia nell'albergo che nella colonia. Nel voler a tutti i costi evitare di essere troppo prevedibili e statici si è arrivati a generare una cosa ancora peggiore: l'indifferenza.
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Dividi... e sbaglia
Un altro grosso errore, forse il più difficile da accettare e giustificare, è stato dividere i protagonisti per un periodo di tempo così lungo: l'abbiamo visto già in The Walking Dead e già lì avevamo capito che nelle serie corali l'unione fa sempre la forza; e se nemmeno Daryl o Rick riescono a tenere su lo show da soli per più di un paio di episodi, figuriamoci dei personaggi nuovi e nemmeno lontanamente altrettanto amati o apprezzati. Non è un caso infatti che per come si sono messe le cose già all'inizio della terza stagione rivedremo insieme quasi tutti i protagonisti: eppure Ophelia che vagava da sola per il deserto riusciva ad essere così coinvolgente. O forse no?
Personaggi che non convincono
Ma diciamo la verità, su tutti i problemi di cui sopra avremmo volentieri chiuso un occhio se gli autori fosse riusciti a farci appassionare ai personaggi ed invece, dopo due stagioni, continuiamo a fare molta, troppa fatica a provare alcuna empatia verso di loro. Non è colpa delle interpretazioni ovviamente, gli attori fanno quel che possono e per alcuni (per esempio Kim Dickens e Cliff Curtis) il curriculum parla da solo, ma i problemi di scrittura, le forzature, le scelte illogiche e le incongruenze - vogliamo parlare dell'imbarazzante deus ex machina finale con cui Madison trova l'indirizzo della segretissima colonia? - pesano come un macigno su questi personaggi che faticano ad emergere ed emozionare pur avendo a disposizione scene potenzialmente sconvolgenti.
Il personaggio più affascinante per il futuro a questo punto è Travis, l'unico ad avere avuto un'evoluzione forte e coerente, mentre Madison e Alicia continuano a non comunicare nulla, nonostante il tormentato rapporto madre-figlia. Nick continua a rimanere una mina vagante, un personaggio potenzialmente interessante e spiazzante per l'evoluzione della serie ma che fatica ad assumere una precisa caratterizzazione ed anzi si lascia "usare" dai nuovi arrivati con una facilità e velocità che ha quasi del ridicolo.
Per non parlare poi di Strand che doveva essere il personaggio forte e misterioso e che negli ultimi episodi ha fatto solo da spettatore.
La scelta poi di sacrificare così presto due personaggi interessanti e moralmente ambigui come Daniel e Chris sembra quasi lasciar intendere che qualsiasi apparente volontà di rischiare un po' di più sia già estinta. Peccato però che lo stesso non valga anche per la serie.
Movieplayer.it
1.5/5