Fausta respira
Come ogni giorno, Fausta si prende cura dell'anziana madre, e come ogni giorno le due donne comunicano cantando: è oscura e cantilenante e oscena la canzone con cui Perpetua ricorda il giorno in cui suo marito trovò la morte per mano degli assassini che terrorizzarono il Perù fino agli anni '90, e lei fu stuprata e brutalizzata senza riguardo per la bambina che portava in grembo: una bambina senza speranza, Fausta, destinata a contrarre con il latte materno la malattia della "teta asustada", il morbo della paura che ruba l'anima.
Quando Perpetua muore, però, l'atarassia della ragazza è scossa dal desiderio di restituire la madre alla terra del villaggio nativo. Il viaggio da Lima è costoso, e lo zio di Fausta sta faticando a mettere insieme i soldi per il matrimonio della figlia. Mentre il corpo di Perpetua, avvolto in balsami preservanti e in teli protettivi, attende che la giovane trovi il modo di finanziare il viaggio, Fausta affronta per la prima le strade di Lima e gli sguardi degli sconosciuti, armata solo del suo segreto e repellente talismano, e trova aiuto nel luogo più impensato, in cambio solo delle sue canzoni.
Tra i numerosi e significativi ritratti femminili che ci ha regalato questa sezione competitiva della 59. Berlinale, dalla passionale cortigiana di Michelle Pfeiffer in Chéri alle donne iraniane di About Elly, dalle due splendide prime donne di Storm, Kerry Fox e Anamaria Marinca, fino alla terrificante vendicatrice eponima di Katalin Varga, quello proposto da The Milk of Sorrow è forse il più intenso e il più riuscito.
Movieplayer.it
4.0/5