Il 2024 si inaugura nel segno del Giappone. Non solo per l'uscita de Il ragazzo e l'airone al cinema ma anche per il 70 anni compiuti dal Maestro Ryuichi Hiroki, dietro la macchina da presa di film come Tokyo Love Hotel. Lo abbiamo incontrato al Far East Film Festival 2023, dove si è triplicato presenziando per la settima volta: è stato in concorso con Phases of the Moon, sul tema della reincarnazione, e ha ricordato la propria carriera con You've Got a Friend, sul mondo del sadomasochismo, e 800 Two Lap Runners, un romanzo di formazione adolescenziale emotivo e sessuale nello sport. Abbiamo parlato soprattutto dei primi due lungometraggi durante l'incontro con il Maestro, entrambi adattamenti di un romanzo e di un manga rispettivamente.
In Phases of the Moon la tematica orientale della reincarnazione è unita ad un'estetica molto occidentale nell'arredamento e negli edifici, si vede poco del Giappone più tradizionale, e questa è stata una scelta in fase di set: "Di solito appena si parla di reincarnazione si fa subito un'associazione mentale con il buddismo, quindi con qualcosa di giapponese, che si riflette necessariamente anche nel mobilio, io invece volevo che ci fosse un senso più lato e vasto in questa pellicola, che fosse più universale, e quindi ho creato le ambientazioni ad hoc secondo quello che era il mio gusto e la mia sensibilità, rispetto al romanzo". A quel punto il prolifico regista ci dice la sua sull'argomento del film: "Io non credo al 100% nella reincarnazione ma che ci possa essere una qualche forma di ciclo vitale al di fuori di quello che è il primo potrebbe anche essere. Una volta mi è capitato di parlare con un conoscente medico che diceva 'Non esiste che siano i figli a scegliere i genitori'".
Costanti e variabili
Una delle costanti dei suoi film è l'ambientazione in provincia. In questo caso per Phases of the Moon era un elemento già presente nel romanzo originario: "La prefettura e tutto quello che si vede a Tokyo è in realtà CGI quindi anche l'avanzare dell'automobile nella scena finale lungo la costa ha uno sfondo ricreato, visto che parliamo del secolo scorso è la Takadanobaba dell'epoca ma realizzata in computer grafica. La differenza principale in realtà sono le date: io ho scelto di partire dalla data in cui è venuto a mancare John Lennon".
A proposito di questo, altro tema ricorrente nel suo cinema sembra essere la musica (pensiamo all'ispirazione per You've Got A Friend), non solo a livello di colonna sonora ma anche come parte della storia che si racconta: "I film secondo me sono un'opera d'arte che si basa principalmente su tre elementi: il suono, l'immagine e l'interpretazione degli attori. Mi sono sempre chiesto, da prima di diventare regista, allora perché l'aspetto sonoro viene sempre così sottovalutato? Quindi una volta dietro la macchina da presa ho voluto dargli l'importanza che meritava ed è per questo che lo vedete così centrale nei miei lavori. Quando per Phases of the Moon il produttore mi ha detto che potevo utilizzare la musica di John Lennon ero basito ed estasiato, non me lo sono fatto ripetere due volte, anche perché poterlo fare è molto dispendioso. Infatti gran parte del budget se n'è andato per quello (ride). Per uno come me che proviene dai film indipendenti il pensiero di poterla utilizzare era incredibile".
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Personaggi femminili
Altro fil rouge del cinema di Ryuichi Hiroki sembra essere una giovane ragazza in crisi che attraversa uno spazio, vagabonda, quasi come fosse un fantasma: "Io non sono così conscio di quest'idea dello spostamento, del movimento però una cosa posso dirla, che secondo me vale per molti: c'è sempre uno spazio interiore per tutti noi, e quando si decide di uscirne, per poterlo fare serve coraggio, ma io non sono interessato al narrare se tutto questo sia giusto o sbagliato, bensì l'atto stesso, il movimento. Uscendo si può far gioire come ferire qualcuno, perché tutti noi esseri umani cresciamo in maniera progressiva, non torniamo più indietro. L'azione di uscire dalla propria comfort zone è qualcosa che mi piace ritrarre nella mia cinematografia".
You've Got a Friend torna alla tematica dell'industria dell'intrattenimento per adulti dopo Tokyo Love Hotel e altri, ma non sono mai film erotici: "L'equilibrio probabilmente è dovuto al fatto che io sono cresciuto coi film quindi anche quando mi arriva un progetto di terze parti come un romanzo o un fumetto, studio ciò che mi viene dato e la realtà che racconta. Per questo progetto ad esempio ho incontrato molte regine del sadomaso ed è stato molto divertente. Non ho fatto proprio quel tipo di esperienza, ho solo parlato con loro. Preferisco non fare nessuna esperienza dolorosa" (ride).
Per il protagonista si è rifatto molto a se stesso come carattere, per la protagonista femminile - a cui tiene sempre molto nei propri film - il Maestro ha scelto Nahana per il suo talento: "Ritenevo non ci fossero molte attrici che sarebbero state in grado di dare vita alle tante sfaccettature di questo personaggio così difficile da interpretare. Per realizzare il film ci abbiamo messo in tutto ben sette anni del resto. Anche Jun Murakami, l'attore protagonista, per apparire in questo film, si è trasformato, dimagrendo notevolmente per evitare la pancetta di persona da mezza età che non rappresentava Yoshio". In entrambi i film ci sono due storie d'amore impossibili in cui però alla fine le due parti coinvolte trovano un modo per ritrovarsi: "Personalmente vorrei vedere il bicchiere mezzo pieno ma non riesco ad essere così ottimista purtroppo sull'amore" (ride).
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Tra digitale e streaming
Se pensiamo alle grandi industrie cinematografiche, il Giappone è stata tra le prime ad adottare sistematicamente i linguaggi del digitale, a partire dal Maestro già a fine anni '90: "Credo che per il Giappone la ragione primaria sia stata economica, questo perché passando dalla pellicola al digitale servivano nuove strumentazioni, che mettevano in moto una serie di macchine che facevano sì che l'economia girasse, creandone una nuova e non più stagnante che riguardasse l'elemento tecnico. In Giappone ha prevalso una mentalità capitalista e secondo me non c'era la percezione che ci sarebbero state grandi variazioni nel passaggio. Poi nella realtà dei fatti è cambiato sia il modo di fare le riprese, sia alcuni contenuti sia alcuni dispositivi. Non so dire però se siano stati positivi o negativi".
Anche il Maestro coi propri film è passato dal cinema alle piattaforme, quindi è intervenuto sul dibattito sala vs streaming: "La soluzione ideale per me rimane la sala e di recente ho avuto un piccolo shock nel vedere che un certo servizio streaming aveva caricato una mia opera. Questo perché in passato quando finivo di fare un film mi rimaneva sulla mia libreria il DVD, il blu-ray o la videocassetta. Ora rimane tutto dentro il televisore, dentro il sistema, nell'etere. Quando scade il periodo di distribuzione non so più dove sia andato a finire. Nella mia libreria so cosa c'è e lì no, e questo mi ha provocato una certa incertezza. È cambiata la fruizione del pubblico, c'è chi va al cinema, chi guarda i prodotti in tv, chi sullo smartphone, basterebbe ricordarsi di aggiungere il supporto fisico e questo allargherebbe le possibilità invece di creare dei piccoli cannibalismi tra tutte queste opzioni".