E' ancora presto per azzardare bilanci sugli incassi ai botteghini internazionali del periodo più fruttifero dell'anno, quello delle feste natalizie; c'è un dato però che salta agli occhi, soprattutto guardando al box office USA delle ultime settimane, ed è il sonoro flop registrato da La bussola d'oro, il film, tratto dal primo romanzo della trilogia Queste oscure materie di Philip Pullman, su cui la New Line, già casa di produzione del successo planetario Il signore degli anelli, aveva puntato moltissimo, andando ad affiancare al budget già cospicuo del film un enorme investimento per il lancio pubblicitario.
Il film, nel complesso, non è andato male, perché ha raggranellato finora 150 milioni di dollari in tutto il mondo comparendo un po' dappertutto tra i film più visti delle feste. In USA, tuttavia, il film ha incassato in tre settimane soltanto 59 milioni, appena un terzo del suo budget ufficiale. Un colpo durissimo per lo studio, che da diversi anni viaggia in cattive acque e aveva decisamente bisogno di un blockbuster sul mercato domestico. La bussola d'oro, inoltre, doveva essere l'apripista di un nuovo franchise con cui la New Line sperava di rinverdire i fasti della trilogia jacksoniana, confidando sui presupposti in comune, che sono fondalmente l'origine letteraria e il genere fantasy, e gettando sul piatto anche il richiamo glam di star come Nicole Kidman e dell'ultimo 007 Daniel Craig. L'insuccesso domestico del film di Chris Weitz ha ovviamente costretto lo studio a rivedere i suoi progetti su diversi fronti: nei giorni scorsi, infatti, si è finalmente risolta la controversia con Peter Jackson e la MGM per i diritti sulla trasposizione de Lo hobbit, il romanzo che J.R.R. Tolkien scrisse qualche anno prima della Trilogia dell'Anello e che ne racconta alcuni antefatti. Lo stesso Jackson ha annunciato l'accordo raggiunto con la New Line - con cui è stato ai ferri corti fino a poche settimane fa - per la realizzazione di ben due film tratti da Lo hobbit, di cui egli sarà produttore esecutivo. Il suo coinvolgimento, anche se non nel ruolo di regista (considerati gli impegni attuali del neozelandese, la lavorazione del primo Hobbit non avrebbe potutto cominciare che tra due anni), garantisce alla produzione il supporto dell'enorme fandom de Il signore degli anelli, che avrebbe guardato con sospetto ad uno Hobbit orfano di Peter Jackson, e assicura alla New Line un'altra solida chance per i prossimi anni, con due pellicole che andranno a inserirsi, in un certo senso, al seguito di un franchise già affermato e diversi attori pronti a riprendere i ruoli già coperti nella trilogia da diciotto Oscar.
La solidità del franchise, infatti, sembra essere la chiave del successo al botteghino delle grandi produzioni fantasy: la disavventura de La bussola d'oro, e, soltanto pochi mesi fa, quella di Stardust (tratto dall'omonimo romanzo di Neil Gaiman) hanno dimostrato definitivamente che munifico budget e derivazione da un libro anche molto amato non sono sufficienti a garantire una buona performance al box office.
Tra le saghe cinematografiche che hanno contraddistinto i primi anni del nuovo millennio, infatti, ad avere un grande impatto commerciale sono state la seconda trilogia di Star Wars - forte del prestigio della precedente e storica serie, i succitati tre film de Il signore degli anelli, basato sull'epos fantasy più popolare di tutti i tempi, e la serie targata Warner Bros e tratta dal fenomeno Harry Potter. Quest'ultimo franchise, gigantesco e pervasivo nonostante la qualità altalenante dei suoi episodi filmici, dovrebbe produrre la sesta pellicola per la fine del 2008, ed è una scommessa che non può fallire anche per il settimo (e conclusivo) capitolo. Tra la serie in corso d'opera, è atteso al varco anche il secondo episodio de Le cronache di Narnia, Il principe Caspian, dopo il successo de Il leone, la strega e l'armadio (744 milioni di dollari incassati sul mercato internazionale, di cui quasi 300 solo in USA). Si è fermato al primo episodio di una possibile trilogia Eragon, tratto dal bestseller di Christopher Paolini, che, come La bussola d'oro, non è riuscito a catturare il grande pubblico, incassando 75 milioni in USA per un budget di circa cento.
Altra scommessa fantasy naufragata è stata, come detto, quella di Stardust, che, costato 70 milioni, ne ha incassati appena 38 negli Stati Uniti e 134 complessivamente - appena mezzo milione in più di un prodotto infinitamente meno ambizioso come Un ponte per Terabithia - peraltro andato piuttosto bene in USA (82 milioni di dollari, una grossa cifra per un piccolo film come quello di Gabor Csupo).
Dunque, nel complesso, la tendenza di molti grandi studios ad andare cercando l'effetto blockbuster sfruttando popolari romanzi fantastici si è dimostrata decisamente rischiosa. Soltanto le opere letterarie che hanno colpito l'immaginario collettivo al di là del popolo dei lettori, infatti, sembrano avere autentico potenziale commerciale al cinema: ma esauriti Tolkien e Harry Potter (ma anche Narnia, che non è molto noto da noi ma nei paesi anglosassoni è il classico per l'infanzia), dove andranno a cercare idee proficue gli studios per il fantasy cinematografico? Si tenteranno altre strade (sì è parlato in questi anni della saga di Shannara di Terry Brooks, che, al momento, è il secondo autore fantasy più venduto dopo la mamma di Harry Potter J.K. Rowling) o effettivamente la gallina dalle uova d'oro del terzo millennio è già in pensione?
Avremo delle risposte, probabilmente, quando conosceremo la sorte di Le cronache di Narnia: Il principe Caspian e dei due episodi de Lo hobbit. Nel frattempo, sebbene metta in apprensione Hollywood, non possiamo che ritenere confortante il pensiero che non esista una "ricetta sicura" per incassare centinaia di milioni di dollari che porterebbe soltanto al proliferare di aspiranti blockbuster a mala pena distinguibili l'uno dall'altro - più di quanto non accada già oggi.