Cento anni fa la Prima Guerra Mondiale ridisegnò completamente i confini geografici e culturali dell'Europa, gettando le basi per i futuri stravolgimenti legati alla nascita del Nazismo; più di tutto però essa rappresentò un momento spartiacque nella vita di milioni di uomini e donne, travolti dalla violenza del conflitto, partito nel 1914 con l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo-Este da parte di alcuni indipendentisti serbi.
Un secolo dopo, Leonardo Tiberi rende omaggio alle vittime della Grande Guerra con il film Fango e Gloria, in uscita nelle nostre sale il prossimo 16 ottobre; distribuito da Istituto Luce, che celebra i 90 anni dalla nascita dell'Archivio Storico, il lungometraggio si avvale di alcuni filmati di repertorio, sottoposti a procedimenti di colorazione e di sonorizzazione, un modo inedito di accompagnare il racconto della storia di Mario, un giovane la cui vita è stata segnata dall'inizio della guerra, che si scoprirà essere poi la personificazione del milite ignoto, tumulato nel Vittoriano.
Nell'incontro di presentazione che si è tenuto a Roma, il regista e gli interpreti, Eugenio Franceschini, Valentina Corti, Domenico Fortunato e Francesco Martino, sono stati affiancati dallo sceneggiatore, Salvatore De Mola e dal professor Marco Pizzo, direttore dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, che dal suo canto ha fornito delle chiavi di lettura diverse sull'argomento.
Storia di una follia
Inserito nel programma nazionale delle commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale, il film di Tiberi sarà anche trasmesso su Rai Uno in prima serata il 24 maggio del 2015, giorno in cui ricorre l'entrata in guerra dell'Italia; un passaggio televisivo affatto scontato che certifica l'importanza di un progetto covato per dieci mesi. "Non so se sono riuscito a fare quello che volevo - ha affermato Tiberi -, di una cosa però sono certo e cioè che ho cercato di aderire il più possibile alle linee guida che mi ero prefissato all'inizio di questa avventura, liberando le immagini d'archivio dalla polvere di antico e avvicinandole a noi. Mi è sempre sembrato folle, ad esempio, che i filmati d'epoca si vedessero accelerati come una comica di Ridolini. Non è assolutamente così, i film si giravano in 16 fotogrammi al secondo, proiettati nello stesso formato, dunque si vedevano in maniera naturale". Più complesso il lavoro di colorazione del materiale d'archivio, un'operazione lunga orchestrata in maniera efficace da Marco Kuweiller. "Ero molto preoccupato all'inizio, per ovviare a questa sensazione abbiamo deciso con Marco, il cui lavoro è stato egregio, di essere molto naturali, rifacendoci alle bicromie".
Alla Prima Guerra Mondiale uno dei nostri registi più apprezzati, Ermanno Olmi, dedicherà il suo prossimo film, Torneranno i prati, le cui riprese sono terminate lo scorso febbraio e il paragone non spaventa Tiberi. "Sappiamo che il film di Olmi sarà maestoso - ha detto -, ma noi siamo andati per la nostra strada, seguendo una traccia obbligata e partendo da qualcosa di preesistente".
Forse scrivere non rende merito alla complessità di un'operazione del genere, ossia la commistione tra fiction e documentari originali, alcuni dei quali davvero sensazionali. "Su novanta minuti di durata totale, trenta minuti sono stati girati ex novo, sessanta invece appartengono al repertorio Luce, anche se hanno provenienze assai diverse fra loro. Alcuni sono donazioni di soggetti specifici come il reparto foto cinematografico dell'esercito, altri vengono da registi free lance come Luca Comelio. La sequenza in cui si vede l'affondamento della corazzata austriaca Santo Stefano, nell'Adriatico, è stata girata dagli stessi austriaci, che non immaginavano potessero cadere sotto l'azione di Luigi Rizzo. La troupe austriaca, sistemata su un'altra corazzata, riprese molto professionalmente la sconfitta. Quelle bobine furono poi ritrovate dalla Marina Italiana che decise di girare una fiction, sfruttando i veri protagonisti, compreso Rizzo".
"Anche volendo non avremmo potuto essere retorici - ha aggiunto lo sceneggiatore De Mola -, non avremmo potuto contraddire quelle immagini. Per questo il progetto, se ci pensate, è ancora più folle. Raccontare la storia attraverso la voce del milite ignoto mi ha fatto pensare subito a Carlito's Way, forse perché come mi succede sempre guardando il film di Brian De Palma spero sempre che il protagonista non muoia".
La parola agli interpreti...
Giovanissimi, proprio come i tre personaggi del film, gli interpreti di Fango e gloria hanno parlato della loro esperienza sul set come di un momento molto emozionante della loro carriera. Eugenio Franceschini interpreta Mario, aspirante avvocato, morto sul fronte durante un attacco degli austriaci. "Nonostante abbia fatto tante commedie e teatro intellettuale, la mia nascita è popolare, il mio personaggio è schietto e diretto e questo mi è piaciuto molto - ha spiegato -, sono stato aiutato in tutto e per tutto da una sceneggiatura bellissima. Quando vieni catapultato in un mondo completamente diverso dal tuo, un attore può trovarsi nel mezzo del ciclone e sbagliare tutto, invece eravamo circondati da persone che hanno fugato ogni dubbio grazie alla minuziosa e maniacale ricostruzione storica".
Per Valentina Corti vestire i panni di Agnese, fidanzata di Mario e simbolo di un movimento femminile nuovo (lavorerà come operaia nella fabbrica di aereoplani dell'ingegner Giovanni Battista Caproni, idolo di Hayao Miyazaki), è stata una sfida nuova e probante. "Anzitutto è stato emozionante indossare dei costumi così sontuosi, molti dei quali originali dell'epoca; la mia Agnese, come tante ragazze di quel tempo, viveva quasi congelata nell'attesa, spesso disillusa, di poter riabbracciare un proprio caro partito per il fronte".
A chiudere il terzetto dei protagonisti, Francesco Martino, che ha portato sullo schermo Emilio, playboy nato, legato da profonda e sincera amicizia a Mario ed Agnese. "Ho ristudiato da capo tutta le vicende della Prima Guerra Mondiale - ha raccontato - e questo mi ha fatto capire che la storia mi è stata insegnata in maniera nozionistica. Forse grazie ad un film del genere ci possiamo accorgere di quante cose si continuano ad ignorare".
...e all'esperto
Come direttore dell'Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, il professor Marco Pizzo ha voluto sottolineare un aspetto ben preciso del film di Tiberi. "Questo è un prodotto storiografico a tutti gli effetti - ha spiegato - , e lo dico in quanto custode del Vittoriano. Se il film di Stanley Kubrick, Orizzonti di gloria, si inseriva in un discorso anti bellico più specifico, questo lavoro riporta in auge la storia degli uomini qualunque, attraverso cui si recupera, si scrive la grande storia. Mi piace pensare, poi, che la combinazione di documenti e fiction sia il segno tangibile di una collaborazione tra Vittoriano e Istituto Luce, l'unione di queste fonti è il futuro e creerà un approccio diverso alla fruizione della Storia".