Il violino gli faceva male al mento. Strumento troppo aristocratico e delicato per l'irrequieto Fabrizio. Molto meglio una chitarra, la più naturale prosecuzione delle sue dita, più popolare e pronta a suonare le sue ballate di strada. Storie di vicoli, di donne di malaffare, di dolore e di morte, il tutto con la poesia e il tocco raro dei poeti prestati alla musica. Dall'agiata giovinezza genovese all'amicizia profonda con il fidato e fedele Paolo Villaggio, passando per i primi amori e le seconde folgorazioni, Fabrizio De André - Principe Libero è un viaggio dietro le quinte di un artista irrequieto, che mal sopportava la sua estrazione borghese, preferendo specchiarsi negli istinti più autentici e nelle persone più libere, disinibite, lontane dalle costrizioni sociali. L'accurato biopic di Luca Facchini riesce nell'impresa di raccontare gradualmente la crescita di un cantautore complesso, senza mai permettere all'artista di soffocare l'uomo, il figlio, il marito, l'amico, l'amante. Dettagli intimi e privati colti dall'amore e dalla passione di una produzione devota al grande Faber, ad uno dei più grandi cantastorie e artisti della musica (nazionale e non), e soprattutto "benedetti" da chi Fabrizio De Andrè lo ha amato per davvero, come nessuno. L'apporto di sua moglie Dori Ghezzi, infatti, è stato fondamentale per una pellicola in cui si respira rispetto in ogni fotogramma, in cui non si cede mai al semplice racconto didascalico senza cercare sentimenti e motivazioni dentro e dietro ogni gesto, parola e scelta messa in scena. Per questo il biopic ci prende per mano attraverso l'unica guida possibile in un racconto del genere: le canzoni.
Sono loro, le note e la parole piene di rose e di spine, ad accompagnarci lungo la visione di Fabrizio De André - Principe Libero, a scandire le tappe di un successo mai davvero agognato ma inevitabile. Dopo una lunga gestazione, il film di Facchini arriva al cinema con un'uscita-evento (il 23 e il 24 gennaio) per poi approdare in televisione, su Rai 1, i prossimi 13 e 14 febbraio. Noi, soddisfatti dalla visione di un'opera ricca di sfumature, abbiamo avuto l'occasione di ascoltare le parole di Facchini, Ghezzi e Marinelli, percependo in loro tutto il rispetto e l'amore nei confronti di un amico fragile la cui eco non si spegnerà mai.
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Il tributo dell'amore cieco
C'è una grande responsabilità nel maneggiare il ricordo di una vita, nel rievocare luci ed ombre di una persona, nell'ispezionarla con così tanta scrupolosità. Un'operazione delicata, quasi chirurgica, che richiede il giusto tatto e l'adozione del giusto punto di vista. La prima a prendere la parola è proprio Dori Ghezzi, definita dal regista "il termometro emotivo" di una lavorazione molto partecipata, in cui tutti, nessuno escluso, si è sentito parte di un omaggio sincero e doveroso. Emozionata e felice per gli applausi sentiti in sala subito dopo la proiezione, la cantante brianzola ha dichiarato: "Sapete, sono io che vorrei fare tante domande a voi. Chiedervi se il film vi sia piaciuto o meno, ma ormai questo è. Non lo possiamo cambiare. Quello che vi posso assicurare è che si tratta di un lavoro pieno di cuore e di buone intenzioni, e per questo è stato molto dibattuto. Bisognava trovare la giusta sceneggiatura e soprattutto le giuste persone in grado di saper raccontare Fabrizio. Ecco, abbiamo fatto come avrebbe fatto lui: ci siamo affidati a persone giovani, a persone che lo hanno conosciuto o che sono cresciute con le sue canzoni, stando sempre attente alla sua umanità.
Gli sceneggiatori mi hanno conquistato per il modo in cui mi hanno presentato il progetto, e col passare del tempo ci siamo convinti a vicenda". Arriva poi l'inevitabile momento dell'elemento fondamentale e imprescindibile, ovvero dell'attore chiamato all'arduo compito di rievocare Fabrizio De André. Ghezzi ne ha parlato così: "Luca Marinelli era l'unica opzione credibile, l'unica scelta che avevamo. Per questo lo abbiamo aspettato. Me ne sono accorta guardando Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, perché in quel film Luca fa trasparire tutta la sua sensibilità. Una sensibilità fondamentale per entrare dentro Fabrizio. Sapete, ho sempre pensato che l'attore giusto sarebbe stato quello incapace di sentirsi all'altezza. E Luca ha fatto proprio così, dimostrandosi poi una scommessa vinta attraverso una prova strabiliante. In generale credo che questo film, da cui purtroppo abbiamo dovuto lasciare fuori tante persone importanti, piacerà a chi ha conosciuto davvero Fabrizio. Chi lo ha solo immaginato, forse, si sentirà tradito".
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Il tradimento di Luca
Chi ha tradito con consapevolezza è invece un incredibile Luca Marinelli, mai ingabbiato nel dovere dell'imitazione, mai sfiorato dalla tentazione del mimetismo assoluto. No, Luca Marinelli ondeggia attorno a Fabrizio De André, lo sfiora per capirne gli intenti e carpirne lo spirito, e ci restituisce una meravigliosa e credibile versione del grande cantautore. Interrogato sulla difficoltà di un ruolo simile, l'attore romano ha detto: "Che dire? Sono molto contento, e colgo questa occasione per ringraziare Dori per il suo supporto fondamentale. Non avevo idea di cosa fare, così sono stato guidato verso qualcosa di molto lontano dall'imitazione. Dovevo creare un mio personaggio in questo universo parallelo. Questo cambio di prospettiva mi ha dato tranquillità. Quello sullo schermo non è Fabrizio De André, ma una mia versione di Fabrizio De André. Mi sento molto fortunato ad aver avuto un'occasione del genere, perché è stata un'esperienza molto bella, come un regalo. In quel periodo, durante le riprese, mentre cercavo il mio De André, mi sono sentito un uomo migliore. Tornare a me è stato deludente".
Dopo la prova canora cult e sopra le righe del suo Zingaro in Lo chiamavano Jeeg Robot, Marinelli ha dovuto decisamente cambiare registro e spartito musicale. Sul suo rapporto con la musica, Marinelli ha ammesso: "Inizialmente ero terrorizzato dall'idea di cantare. Avrei voluto essere ovunque tranne che in sala di incisione. Poi, ancora una volta, è stata Dori a guidarmi e tranquillizzarmi. Poco prima di sostenere il privino per il ruolo, ricordo che mandai un messaggio ad un mio amico fraterno che, anni fa, mi regalò l'album Storia di un impiegato. Al tempo mi consigliò di non ascoltarlo una canzone per volta, ma di assorbirlo tutto insieme, come se fosse un racconto. Quando gli dissi che forse avrei interpretato De André mi diede del matto. Nei giorni successivi, gli inviai foto e messaggi dal set, e lui non rispose mai". Un aneddoto significativo, utile a comprendere la portata del rischio e la delicatezza dell'icona raccontata. Possiamo assicurarvi che Fabrizio De André - Principe Libero tocca tutte le corde giuste. Come faceva Faber con la sua amata chitarra.