C'è una voce che accompagnerà sempre chi ha sofferto di disturbi alimentari. Non più grillo parlante, ma sibilo assordante, quello di chi ti ricorderà che non sarai mai abbastanza, che ti calcolerà calorie inutili, ti spingerà ad allontanare il piatto, farti sentire piena, oppure totalmente vuota, sbagliata, e per questo pronta a colmare tale lacune fino ad abbuffarti per poi criticarti.
Ed è proprio una voce costante, quella interiore della protagonista che, come sottolineeremo in questa recensione di Everything Now (disponibile su Netflix), accompagnerà il viaggio di rinascita di una ragazza che dopo stenti e costanti digiuni auto-impostisi, ha deciso di assaporare ogni gusto della vita. Eppure, qualcosa inciampa in questo arco di palingenesi psicologica ed emotiva di chi è uscita dall'inferno dell'auto-eliminazione per cibarsi di emozioni e relazioni che sembravano ormai perdute per sempre. Le ossa che emergono, il peso che cala, corrispondono a paure altrui, di chi teme di perdere un'amica, una figlia; tutto muta, e si sgretola intorno a Mia, ciononostante quello che poteva essere un argomento dalla portata sociale e umana di forte impatto, si rivela un'occasione sprecata. Galleria di personaggi, situazioni, ed eventi già ampiamente trattati da altre serie nate e sviluppate in seno a tematiche di carattere LGBTQ+, tutto in Everything Now vive di poca originalità e costanti forzature, soffocando un embrione narrativo andatosi perdendo tra percorsi battuti ed esplorati con poca ispirazione e sagacia di racconto.
Everything Now: la trama
Mia torna a casa dopo un lungo periodo di ricovero per un disturbo alimentare. La sedicenne si ritrova nuovamente nel caotico mondo delle scuole superiori e scopre che gli altri hanno proseguito la loro vita senza di lei. Di conseguenza, la giovane decide di stilare una lista delle esperienze da recuperare, buttandosi a capofitto in un mondo di appuntamenti, feste e primi baci. La ragazza capirà presto che non tutto nella vita può essere pianificato.
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Everything, everywhere, nuovamente all at once
È una copia di mille riassunti, Everything Now: figlia di una serialità sensibile ad argomenti di carattere inclusivi e attenti alle tematiche gender, la serie in otto episodi creata da Ripley Parker segue pedissequamente quanto narrato in precedenza da opere come Skins, Sex Education e persino dall'italiano Love Club (qui la nostra recensione), senza apportare alcuna nuova argomentazione al già interessante campionario di personalità e problematiche indagate in precedenza. Ogni episodio si avvicina, reiterando, alla sequela discorsiva messa in campo dai suoi fratelli seriali; sfiora le loro tematiche, le suggerisce, senza scandagliare nel profondo i disturbi, le insicurezze, e i dolori che annientano i giovani di oggi nel campo della sfera sessuale e di genere. Esacerbando un'ossessione verso ciò che è proibito, o desiderato, come i rapporti intimi e le ribellioni giovanili, Everything Now perde ben presto il proprio senso dell'orientamento, lasciando alle proprie spalle quella scintilla narrativa che aveva dato il via all'intreccio e su cui avrebbe potuto (e dovuto) indagare: l'anoressia.
Il disturbo di non essere unici
C'è, esiste, è un'ombra che colpisce silenziosamente, annientando il corpo e la mente, ma di cui si tende a non parlarne mai abbastanza quella dei disturbi alimentari. Eppure, mai come in questo periodo - soprattutto a seguito della pandemia - anoressia, bulimia, binge-eating, sono diventati termini di uso quotidiano, fantasmi da esorcizzare, demoni da annientare, anche solo attraverso la presa di coscienza e la loro messa in discussione in campo mediatico. Conoscere il problema è il primo passo per distruggerlo; ciononostante, troppe poche volte il grande e piccolo schermo ha avuto il coraggio di trattare tale fragile argomento, ad eccezione di film come Fino all'osso, distribuito sempre da Netflix. Per una serie così vicina all'universo giovanile, risultava quanto mai interessante e - soprattutto - necessario per una produzione come Everything Now rimanere sul binario di tale tematica, mostrando quanto un cibo sottratto, un pensiero invasivo, possano distruggere tanto il fisico, quanto i legami interpersonali con famigliari e amici. Sviando ben presto le fila del discorso verso argomenti ugualmente importanti, ma già ampiamente affrontati da altre produzioni seriali, Everything Now perde l'occasione per riservarsi un proprio spazio all'interno della sfera della serialità, annullando la propria unicità, proprio come Mia tenta di annullare se stessa, bevuta dopo bevuta, pasto saltato dopo un altro pasto saltato.
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Corpi bidimensionali in slanci poco ispirati
In questa depredazione della propria unicità, anche la caratterizzazione dei personaggi gioca un ruolo essenziale nell'impoverimento del risultato finale. Tratteggiati come bozzetti, e costruiti come esseri bidimensionali, i protagonisti di Everything Now si fanno sempre vittime degli eventi, e mai eroi delle proprie azioni. Rinnegando costantemente il peso delle proprie responsabilità, la loro esistenza si fa coazione a ripetere di lamentele e recriminazioni tali da limitare la loro presenza a un vittimismo costante, senza margine di evoluzione. L'elementarità con cui sono caratterizzati i personaggi sulla carta, poco aiuta la performance degli attori, costretti e imprigionati all'interno di ruoli poco incisivi, perché portatori di concetti reiterati e azioni che impediscono ai propri spettatori di trovare un punto di accesso alla loro interiorità. Costruiti come riflessi speculari dei giovani posti al di là dello schermo, Mia, Alison, Becca, Theo e Cameron si fanno presta-corpi di pensieri e comportamenti che partono da desideri e stimoli di matrice reale, per poi elevarsi ad azioni al limite dell'illegalità, che ben poco permettono ai propri giovani spettatori di immedesimarsi e ritrovarsi nella portata dei loro atteggiamenti. Una performance, la loro, limitata anche da una regia anonima, che reitera quanto già compiuto ed eseguito in una serie a lei simile come Sex Education. La stessa Sophie Wilde nei panni della protagonista Mia, non riesce ad abbattere le mura difensive che si ergono attorno al proprio personaggio, offrendo in pasto al proprio pubblico un personaggio complesso, ma respingente, a cui è difficile affezionarsi, perché incapace di interiorizzare e comprendere la profondità delle sue azioni, e la sofferenza dei propri pensieri.
È un corpo fragile, martoriato, ma che non ci chiede di essere abbracciato, Everything Now. Ogni suo passo, o piccolo movimento, è una spinta continua che ci allontana dal calore della sua pelle, e dal battito del suo cuore, lasciandoci sospesi, interdetti, in attesa che comprenda la forza della propria unicità e la portata del suo tratto distintivo lasciato in balia di momenti già visti, storie già sentite, corpi già ammirati.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Everything Now sottolineando come la serie tv di otto episodi disponibile su Netflix non abbia saputo sfruttare a dovere la potenza dei temi a essa interni, preferendo l'indagine di temi a carattere sessuale e di genere che, per quanto importanti nel panorama odierno, sono stati ampiamenti indagati da serie a essa simili come Sex Education, o l'italiano Love Club. Ciò ne depotenzia l'originalità, intaccando anche negativamente la resa di performance attoriali troppo elementari e poco incisive.
Perché ci piace
- L'uso della voce fuori campo, simile a quella voce che si insinua nella mente di chi tenta di sconfiggere i disturbi alimentari.
- La voglia di parlare ai giovani.
Cosa non va
- Il non aver sfruttato un tema come quello dell'anoressia.
- La mancanza di originalità.
- Le performance degli attori, ingabbiati in personaggi respingenti.
- La mancanza di possibilità di stabilire un processo di affezione con i personaggi.
- Otto sono troppi come episodi.