Ricordo che da bambino mi trovavo in un negozio di giocattoli. Il negoziante mi propose questo pupazzo di plastica rigida, marrone, ma dissi che non mi piaceva. "Quando vedrai il film verrai a prenderlo", mi disse. E così fu. E quel pupazzo è ancora con me, nel mio studio. Era il pupazzo di E.T. - L'extraterrestre, il film di Steven Spielberg che oggi compie quarant'anni (usciva infatti negli Stati Uniti l'11 giugno del 1982, dopo essere stato presentato al Festival di Cannes). Per amare quell'alieno, insomma, era necessario vederlo, conoscerlo. Era necessario vederlo con gli occhi di Steven Spielberg. Il regista americano è sempre stato un artista con il cuore, e gli occhi, di un ragazzino: sensibile, appassionato, pieno di fantasia. In ogni suo film traspare un'immaginazione da bambino mai del tutto cresciuto. E.T. è figlio di questo sguardo: una storia di fantascienza, e di alieni, vista con gli occhi innocenti e inclini alla meraviglia dei bambini. In questo senso l'alieno non può che essere amico, gentile, un compagno. Come l'amico immaginario che ogni bimbo infelice, o semplicemente solo, si crea con la sua fantasia.
Un amico immaginario
Se avete visto E.T. L'Extraterrestre sapete di cosa parliamo. È una storia fantastica, ma ha un'intensità e una verità difficili da replicare in un film di questo tipo. Si capisce, guardandolo, come Spielberg "senta" questo film in modo particolare. E infatti E.T. è una storia autobiografica: i suoi genitori si separarono dopo il tradimento della madre e il piccolo Steven, negli anni Sessanta, provò a riempire quel vuoto nella sua vita creando un amico immaginario, un alieno. E.T. racconta questo: non è solo l'amicizia tra un bambino e un alieno, ma quella di un amico che viene in soccorso di un bambino, che di lui ha bisogno. Nella storia di Elliott, nove anni, il protagonista del film, c'è proprio un padre assente - è in Messico per lavoro - e Elliott ha bisogno di un amico. Lo trova in questo buffo e tenero personaggio proveniente da un altro pianeta, con la testa enorme, il collo e le braccia lunghissime. E.T. è stato dimenticato dai suoi compagni che con la loro astronave sono ripartii troppo in fretta, e in qualche modo è finito nel capanno degli attrezzi della casa di Elliott.
E.T. - L'extraterrestre: Perché ancora oggi è il miglior amico immaginario che si possa avere
Doveva essere un film su alieni minacciosi
Inizialmente il film doveva avere tutt'altra atmosfera. Night Skies, così si chiamava il progetto iniziale, che era nato durante le riprese di un altro film di fantascienza, Incontri ravvicinati del terzo tipo, era la storia di una famiglia di campagna che veniva terrorizzata da un gruppo di alieni. Ma, durante le riprese de I predatori dell'arca perduta, i ricordi d'infanzia in qualche modo tornarono fuori. Pensò a Black Stallion, un film sull'amicizia tra un bambino e un cavallo. E allora ci ripensò e Night Skies diventò qualcos'altro. Insieme a Melissa Mathison, che era la moglie di Harrison Ford, riscrisse la storia, mantenendo solo uno spunto di quel film, quello del finale: uno degli alieni veniva lasciato per sbaglio sulla Terra. Diventerà lo spunto iniziale del film, e così nascerà E.T.
Con gli occhi di un bambino
E.T., inteso come creatura, viene così costruito dal nostro grande artista Carlo Rambaldi, che si ispira a una tartaruga senza guscio, ma anche ai volti di personaggi come Ernest Hemingway, Albert Einstein e Carl Sandburg, volti rugosi ed espressivi. Non doveva essere spaventoso, E.T., ma non doveva nemmeno essere troppo carino, perché il messaggio era che si potesse voler bene a qualcuno anche al di là dell'aspetto fisico. Per il personaggio di Elliott venne scelto Henry Thomas: al provino, che era la scena in cui E.T. viene portato via dal governo, riuscì a piangere, pensando al giorno in cui, anni prima, era morto il suo cane. Per il ruolo di Gertie, la sorella di Elliott, fu scelta Drew Barrymore che, al provino, disse di essere la leader di una band punk. I due sono oggi due attori che non hanno bisogno di presentazioni. All'epoca erano quello, dei fanciullini. Ed è attraverso i loro occhi che Spielberg vede la sua storia. È attraverso i loro occhi che noi vediamo quel buffo alieno, il nostro amico.
La scena più magica mai realizzata
E.T. ci riempie gli occhi di stupore, di amore, di dolcezza. È stato così quando l'abbiamo visto da bambini, ed è così ogni volta che lo vediamo ancora adesso, a distanza di 40 anni. È un film che è fatto di scene meravigliose, come l'incontro tra Gertie ed E.T. o la scena in cui viene travestito da fantasma a Halloween. E poi c'è quella scena in cui, insieme a Elliott, vola su una bicicletta con un'enorme luna sullo sfondo. Empire l'ha definita la scena più magica mai realizzata. Ed è diventata il logo della casa di produzione di Spielberg, la Amblin Entertainment. Per pensare a una scena simile bisogna davvero avere gli occhi di un bambino.
La magia non finisce
Sì, quella scena è diventata simbolo di magia, e la magia non è certo finita con quel film. È continuata, prima di tutto, nel cinema di Steven Spielberg. Che, proseguendo nella sua carriera, è diventato adulto. Ma, in fondo, non ha mai superato quel divorzio dei genitori, ed è rimasto quel bambino che creava amici immaginari. La fantasia, in Steven Spielberg, è sempre stata l'ancora di salvezza per dei personaggi che si sono sentiti abbandonati, come è capitato a lui. Peter Pan (Hook - Capitan Uncino) è il simbolo della fuga dalla realtà, di un bambino che non sente su di sé le attenzioni dei genitori, che non vuole crescere. Il piccolo "mecha" David (A.I. intelligenza artificiale), come un moderno Pinocchio, è abbandonato dai suoi genitori quando torna il loro vero figlio, di cui lui è solo un replicante, e cerca per tutta la vita di farsi amare dai genitori. E per farlo ricorre a una figura immaginaria, come la Fata Turchina. Ma anche film come Jurassic Park vivono dello stupore di un bambino alla vista di un dinosauro, che viene prima della paura.
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Da I Goonies a Stranger Things
La magia è continuata anche nei film che Spielberg non ha diretto, ma ha prodotto. Come I Goonies, i cui protagonisti, in teoria, potrebbero essere gli stessi di E.T. Ma il cinema della Amblin, con film come E.T. e non solo, ha influenzato, e continua a farlo, molte produzioni che sarebbero arrivate nel corso degli anni. Pensiamo a un film come Super 8, di J.J. Abrams, che è un dichiarato omaggio ai film Amblin. E, arrivando ai giorni nostri, e a uno dei titoli del momento. Anche la serie tv Netflix Stranger Things deve molto a E.T. La prima stagione, con Undi, "aliena" e amica, che viene nascosta a casa di Mike, è chiaramente figlia di E.T.
La magia di E.T., allora, è qualcosa che non finisce mai.