I veri mostri non sono quelli sotto il letto.
Le miniserie (o limited series che dir si voglia) sono oramai uno sforzo produttivo relativamente semplice, soprattutto in streaming, perché permettono di acchiappare grandi nomi dello star system e coinvolgerli in progetti che non necessitano lungaggini produttive o costi esorbitanti. Oggi, però, sono oramai troppe, ammazzando il concetto vero e proprio di serialità che tiene incollati gli spettatori per più stagioni. Eppure, in questo mare magnum seriale in cui oramai si naviga a vista, alcune miniserie si distinguono per la propria fattura originale e accattivante. Tra queste annoveriamo sicuramente Eric, attesissima fin dal primo annuncio, proprio per il coinvolgimento di Benedict Cumberbatch, che sulla piattaforma si era già distinto come Sherlock Holmes del 21° secolo. Una serie che ci ha colpiti non solo per la storia, ma anche per la sua messa in scena, e che siamo sicuri scalerà molto velocemente la Top 10 del servizio streaming.
Una trama (quasi) vera
Incredibile a dirsi ma la Eric non è tratta da una storia vera, come avviene spesso nella serialità contemporanea, eppure allo stesso tempo potrebbe benissimo esserlo. Scritta da Abi Morgan e diretta da Lucy Forbes, lo show ci accompagna in sei episodi nella New York degli anni '80 dove un padre disperato, Vincent Anderson (Cumberbatch) e la moglie Cassie (che bello rivedere Gaby Hoffmann dopo Transparent) vogliono ritrovare il figlio di nove anni, Edgar (Ivan Howe), scomparso misteriosamente mentre andava a piedi verso la scuola a pochi isolati dalla loro casa. Parallelamente seguiamo le indagini della polizia e in particolare quelle del detective dell'Unità Persone Scomparse Ledroit (McKinley Belcher III), afroamericano in un mondo di bianchi che deve muoversi non solo tra i propri problemi personali ma anche tra le discriminazioni razziali e sessuali dell'epoca, all'interno del dipartimento come nell'atmosfera metropolitana caotica e fumosa di Manhattan.
Una storia come tante... o forse no
Una storia come tante, direte giustamente voi. Qui però ci sono almeno due particolarità: prima di tutto il protagonista, interpretato da un Benedict Cumberbatch in stato di grazia, che riesce sempre a distinguersi per il proprio apporto ai personaggi a cui dà vita sullo schermo. Solitamente siamo abituati a compatire e provare pietà per i genitori che hanno perso un figlio, morto o scomparso che sia, ma Vincent si mette d'impegno per entrare in una spirale sempre più distruttiva - iniziata già prima della scomparsa, a causa dei problemi coniugali e lavorativi, e passata attraverso la dipendenza dall'alcol e dai medicinali - allontanando chiunque gli stia intorno: la moglie, con cui non fa altro che litigare rendendo Edgar taciturno e solitario, gli amici e i colleghi, i genitori benestanti che lo trattano con indifferenza e sufficienza, fino al pubblico potenziale della miniserie. Allo stesso tempo però è impossibile non avvicinarsi in qualche modo all'uomo, al suo dolore lancinante così come quello di Cassie. Le loro scene insieme sono struggenti e devastanti eppure incredibilmente oneste nel rinfacciarsi tutto il male che si sono fatti a vicenda, e che indirettamente hanno fatto al bambino.
In secondo luogo, la professione di Vincent. L'uomo è uno dei più famosi burattinai della Grande Mela e ideatore del popolare programma televisivo per bambini Good Day Sunshine (che fa il verso ai Muppet e simili), eppure caratterialmente è profondamente iroso e irascibile. L'idea di un nuovo pupazzo, Eric, che servirebbe per ringiovanire il programma, a cui stava lavorando il figlio (oltre a Monsters & Co., la trovata rimanda alla mente IF - Gli amici immaginari). Di conseguenza, ecco che vediamo interagire il protagonista e il pupazzo parlante, che diviene una sorta di sua coscienza, mescolando family drama e thriller. Eric nella mente di Vinnie sembra essere l'unico modo per ritrovare il figlio, dato che non si sente aiutato dal lavoro della polizia. Una professione, la sua, scelta non a caso per parlare di perdita dell'infanzia.
Discriminazione
Quella di Eric è anche una storia di discriminazione, anche in questo caso già raccontata a proposito di quegli anni in cui iniziava a farsi sentire lo spettro dell'AIDS, ma allo stesso tempo viene ancora una volta messa in scena in modo diverso, nuovo, avvincente. Sono tante le piste in cui si imbatte il detective Ledroit e che lo portano a mettere in dubbio tanto l'onestà dello stesso NYPD, con una possibile corruzione in atto, quanto l'operato delle istituzioni cittadine, forse colluse con attività poco raccomandabili. Nel mentre vari sospettati, vicini alla famiglia, faranno capolino andando a creare un puzzle in cui non tutte le tessere saranno chiarissime fin da subito. Nel cast citiamo Dan Fogler, indimenticabile adorabile babbano nella saga di Animali Fantastici, che qui interpreta il miglior amico e socio di Vinnie, che rappresenta per certi versi un contraltare del poliziotto e dello stesso protagonista all'interno della narrazione.
Anche in questo caso potrebbe trattarsi solamente di una "conveniente illusione" per l'agente, pur di trovare un significato nella brutalità dei crimini, marcatamente aumentati in una città in cui non ci si può "fidare nemmeno a lasciar andare da solo a scuola il proprio figlio", come dirà Vinnie. Insomma, a cosa siamo disposti a credere per riuscire ad andare avanti? La commistione di pupazzi ed interpreti in carne ed ossa, la regia a metà strada tra family movie e crime poliziesco, la fotografia di una New York mai così affascinante e allo stesso tempo inquietante rendono quindi la miniserie un unicum tra due generi e tra due fuochi. Da vedere.
Conclusioni
Eric è una miniserie da vedere assolutamente su Netflix, non tanto e non solo per l’incredibile perfomance di Benedict Cumberbatch che si conferma ancora una volta un grande interprete, ma anche per la commistione di generi unica che, per una volta, non proviene da una storia vera anche se potrebbe tranquillamente esserlo. Family e thriller si confondono per parlare di discriminazione negli anni ’80, di perdita dell’infanzia, di denuncia della corruzione del sistema e di instabilità emotiva, mentre l'interazione tra il pupazzo e il protagonista strizza l’occhio a prodotti recenti intrattenendo piacevolmente.
Perché ci piace
- Benedict Cumberbatch e la sua interazione col pupazzo Eric.
- Menzione speciale nel cast a Dan Fogler, Gaby Hoffman e McKinley Belcher III.
- Una New York tanto affascinante quanto inquietante.
- La regia psichedelica.
Cosa non va
- Alcune sottotrame inserite per depistare gli spettatori potrebbero sembra superflue e annoiare.
- La spirale distruttiva di Vincent potrebbe urtare sensibilmente qualcuno, ma fa parte del fascino maledetto del personaggio.