Non lascerà indifferenti la visione di Era mio figlio, dramma familiare scritto e diretto dall'israeliano Savi Gabizon, che realizza un remake occidentalizzato di un suo film del 2017. Nella nuova versione l'azione si sposta da Israele al Canada, con precisione nel cuore dell'Ontario, dove un ricco uomo d'affari scapolo interpretato da Richard Gere (specializzato da tempo in questo tipo di ruoli) si reca a far visita a una sua vecchia fiamma che gli rivela di aver avuto un figlio da lui diciannove anni prima. Il motivo dell'incontro è che il ragazzo è appena morto in un incidente d'auto.
Era mio figlio vive di rivelazioni e scoperte. All'azione (poca) si contrappongono i dialoghi con le persone che Daniel (Gere) interpella per saperne di più sul figlio che non sapeva di avere, ricostruendo un puzzle alquanto complicato e doloroso. Il film adotta una struttura scarna, alternando dialoghi intensi a momenti di solitudine meditativa che coinvolgono il personaggio di Gere. Suo è il punto di vista a cui l'autore aderisce pienamente nel tentativo di raccontare lo smarrimento e la sofferenza di un uomo che prova disperatamente a conoscere un figlio che gli viene dato e tolto in pochi istanti.
Era mio figlio: che confusione, sarà perché sei morto?
L'incipit di Era mio figlio è decisamente spiazzante. Il film si apre con la rivelazione che Suzanne Clemént, attrice feticcio di Xavier Dolan, fa a Richard Gere. Il tutto avviene dopo pochi minuti dall'inizio, senza alcuna preparazione. Questa è solo la prima di una serie di scelte narrative che lasciano lo spettatore interdetto. Il quadro della personalità del figlio defunto che si va componendo è tutt'altro che rassicurante, eppure sia il personaggio di Gere che l'ex fidanzata continuano stoicamente a difendere il ragazzo che, nella memoria di lei e nella fantasia di lui, diventa un giovane sensibile, pieno di talento, circondato dall'amore di amici e compagni di scuola.
Era mio figlio vive della performance di Richard Gere. Il divo è presente in ogni scena e cerca di dar senso con la sua interpretazione anche a sequenze azzardate come i momenti onirici (uno in particolare, decisamente discutibile) che lo vedono riunito al figlio o all'incontro al cimitero col padre di un'adolescente morta suicida. Minimalista la performance di Suzanne Clemént, decisamente più pacata delle madri isteriche a cui ci ha abituato il cinema di Xavier Dolan. Bellissima, ma palesemente a disagio l'altra star presente nel cast, Diane Kruger, qui nei panni dell'insegnante di francese di cui il figlio di Daniel era invaghito. Nonostante gli sforzi dell'attrice, le pecche nella scrittura del personaggio si notano fin dalla sua prima apparizione e il suo coinvolgimento nella sequenza onirica a cui accennavamo più sopra non le facilita il compito.
Una critica che non centra il bersaglio
Il problema principale di Era mio figlio sta nel tono incerto. Ruotando attorno al tema del lutto, il film si configura come classico dramma, ma alcuni inserti goffamente umoristici e onirico/erotici confondono lo spettatore. Perfino i personaggi sembrano dubbiosi nel pronunciare certi dialoghi che poco hanno a che fare col modo in cui le persone si esprimono nella realtà.
Ma a sollevare i dubbi è anche il modo in cui sono affrontate questioni come l'aborto, il suicidio e la disabilità, topiche quando si parla di adolescenza, a cui Savi Gabizon fornisce risposte sbrigative e inappropriate. Il suo tentativo di condannare gli atteggiamenti ossessivi ed egoistici di certi genitori, ridicolizzandone i comportamenti, si perde nell'incertezza generale e la natura inconcludente della quasi totalità dei personaggi rende assai ardua l'identificazione da parte dello spettatore.
Conclusioni
Dramma dal tono incerto e dalle scelte bizzarre, Era mio figlio si regge sulla performance di Richard Gere nei panni di un padre ignaro e confuso che cerca di conoscere il figlio diciannovenne oltre il tempo massimo. La costruzione dei personaggi e alcune svolte narrative discutibili, in primis quelle che riguardano il personaggio di Diane Kruger, rendono ardua l'immedesimazione per via dello scollamento dalla realtà.
Perché ci piace
- Il fascino di Richard Gere è indiscutibile.
- Il regista Savi Gabizon non manca di coraggio nel tentativo di trovare una via alternativa per raccontare l'elaborazione del lutto di un genitore.
- Curiosa la scelta di ricostruire la personalità del figlio attraverso i punti di vista degli altri personaggi.
Cosa non va
- Penalizzato dalla narrazione il personaggio di Diane Kruger, a cui viene affidata la scena meno azzeccata del film.
- Personaggi poco realistici e toni indecisi impediscono allo spettatore di rispecchiarsi nei personaggi.