È stata l'edizione di The Crown, de La regina degli scacchi e, ovviamente, di Netflix. Per la prima volta nella sua breve storia, e dopo molteplici tentativi infruttuosi, il colosso dello streaming si è aggiudicato infatti l'Emmy Award per la miglior serie drammatica e l'Emmy Award per la miglior miniserie o serie antologica, a coronamento di un'annata davvero da incorniciare: quarantaquattro statuette su centoventinove nomination agli Emmy Award 2021 da parte di Netflix, che surclassa dunque la HBO (sedici Emmy, più altri quattro per HBO Max), Disney+ (quattordici Emmy) e Apple TV+ (dieci Emmy). Del resto quest'anno, ancor più dei precedenti, l'Academy of Television Arts & Sciences ha confermato una tendenza sempre più evidente: far piovere sul bagnato, ovvero assegnare premi a valanga a un numero molto ristretto di titoli, anziché spartire il 'bottino' fra le diverse opzioni in ballo. Andiamo dunque a esaminare nel dettaglio l'esito di questa edizione numero 73 dei massimi trofei della TV americana...
Plebiscito per The Crown, Olivia Colman miglior attrice
Record sfiorato per The Crown: con un totale di undici Emmy Award su ventiquattro nomination, la quarta stagione della serie Netflix di Peter Morgan dedicata alla vita di Elisabetta II ha mancato per un soffio il primato stabilito da Il trono di spade, che per due edizioni consecutive (nel 2015 e nel 2016) aveva messo a segno dodici premi. The Crown, ricompensato per la prima volta come miglior serie, ha dominato tutte le categorie principali riservate alle serie drammatiche: miglior regia a Jessica Hobbs per il season finale, Guerra, miglior attore per Josh O'Connor (il Principe Carlo), miglior attrice per Olivia Colman (Elisabetta II), miglior attore supporter per Tobias Menzies (il Principe Filippo), miglior attrice supporter per Gillian Anderson (Margaret Thatcher) e miglior sceneggiatura. La Colman si è imposta a sorpresa sulla favorita della vigilia, ovvero la sua partner di scena Emma Corrin, che grazie al ruolo di Lady Diana aveva fatto incetta di premi lo scorso inverno.
The Crown 4: il peso della corona nella miglior serie dell'anno
The Crown a quota undici: lode alla Regina o troppa grazia?
Gli undici trofei per The Crown, pur ricompensando una stagione eccellente sotto ogni punto di vista, sono indicativi di come l'Academy preferisca focalizzarsi su singole serie particolarmente amate: l'en plein ai Primetime Emmy di ieri notte per Peter Morgan e soci fa il paio con quanto avvenuto un anno fa, quando la sit-com Schitt's Creek aveva fatto piazza pulita fra le serie comiche. Oltre ai sette Emmy nelle categorie di maggior peso, una settimana fa The Crown aveva già vinto i premi per il casting, la fotografia, il montaggio e per l'attrice guest star a Claire Foy: una scelta, quest'ultima, particolarmente contestata, dal momento che la Foy si limitava a una breve apparizione in flashback nei panni di una giovane Elisabetta II e alla rapida lettura di un discorso. E se lo splendido The Crown merita senz'altro gran parte dei riconoscimenti ottenuti, è pur vero che altre ottime serie sono state penalizzate da questo 'plebiscito' in favore della famiglia reale britannica.
The Crown e Margaret Thatcher: la Lady di Ferro è il 'mostro' dell'anno
Sette premi tecnici per The Mandalorian, fumata nerissima per The Handmaid's Tale
È il caso della quarta stagione di The Handmaid's Tale, acclamata serie distopica targata Hulu, che ha appena stabilito un record non proprio esaltante: ventuno nomination in una singola edizione e tutte andate a vuoto (il precedente primato, zero premi su diciassette, spettava alla quinta stagione di Mad Men). Per Elisabeth Moss e le sue ancelle, non resta che sperare di rifarsi con la stagione finale della serie. L'altro grande contendente di quest'anno, la seconda stagione della serie sci-fi The Mandalorian, su ben ventiquattro nomination si è aggiudicata sette premi tecnici: miglior colonna sonora, fotografia, trucco prostetico, sonoro, effetti sonori, stuntman e coordinamento degli stuntman. Tre Emmy Award (migliori costumi, trucco e acconciature) erano stati attribuiti invece alla stagione finale di Pose, mentre la serie horror Lovecraft Country, forte di diciotto nomination, ha dovuto accontentarsi dei premi per l'attore guest star Courtney B. Vance e per gli effetti sonori; sfumata invece la speranza di un premio postumo per Michael K. Williams, scomparso lo scorso 6 settembre.
The Mandalorian 2, il significato del finale di stagione: l'ultimo capitolo del libro
Ted Lasso miglior serie comica, trionfano Jason Sudeikis e Jean Smart
Sul versante delle serie comiche, è stato un altro trionfo annunciato quello per due delle più applaudite novità dello scorso anno: Ted Lasso, dramedy di AppleTV+ ambientato nel mondo del football e incentrato sul protagonista eponimo, e Hacks, realizzato da HBO Max e costruito sul rapporto fra una star della comicità e la sua nuova, giovane autrice. Ai nastri di partenza con venti nomination, Ted Lasso si è portato a casa sette Emmy Award: miglior serie comica, miglior attore per il suo irresistibile mattatore Jason Sudeikis, miglior attore supporter per Brett Goldstein, miglior attrice supporter per Hannah Waddingham, miglior casting, miglior montaggio e miglior sonoro. Un successo che, tuttavia, ha lasciato spazio anche a una sacrosanta affermazione per Hacks, che su quindici nomination ha conquistato tre trofei: miglior attrice per la strepitosa veterana Jean Smart, giunta ormai al quarto Emmy della propria carriera, miglior regia a Lucia Aniello per l'episodio pilota e miglior sceneggiatura, sempre per il pilot.
Ted Lasso 2, la recensione: c'è un nuovo coach in città
Gli Emmy si inchinano alla Regina degli scacchi (...ma non alla regina)
Tornando in casa Netflix, l'altro fiore all'occhiello del servizio di streaming è stato La regina degli scacchi, miniserie tratta dal romanzo di Walter Tevis, accolta da un enorme successo di pubblico e già ricoperta di premi quest'inverno, inclusi due Golden Globe. E l'entusiasmo perfino eccessivo per La regina degli scacchi ha contagiato pure l'Academy, traducendosi in diciotto nomination e ben undici Emmy Award: alle nove statuette tecniche (miglior casting, colonna sonora, fotografia, montaggio, scenografia, costumi, trucco, sonoro ed effetti sonori) si sono aggiunte infatti quelle per la miglior miniserie e la miglior regia a Scott Frank. Paradossalmente, però, una delle poche vittorie mancate è stata proprio quella per la sua protagonista, Anya Taylor-Joy, alla quale l'Academy ha preferito la performance più intensa e sofferta di una magnifica Kate Winslet.
La regina degli scacchi, la recensione: la vita tormentata di una mente geniale
Un terzetto da Emmy per Omicidio a Easttown
A un decennio di distanza dal premio per Mildred Pierce, Kate Winslet ha fatto il bis come miglior attrice di film/miniserie per la parte di una detective dal passato traumatico in Omicidio a Easttown, raffinato poliziesco di provincia della HBO, che su sedici nomination ha messo a segno quattro trofei; a far compagnia alla Winslet, infatti, sul palco sono stati chiamati anche Evan Peters e Julianne Nicholson, eletti migliori interpreti supporter (un altro premio era andato alla scenografia), mentre l'Emmy Award come miglior attore è stato assegnato a Ewan McGregor per la miniserie biografica Halston. In casa Disney+ WandaVision, forte di ventitré nomination, ha dovuto accontentarsi di tre statuette tecniche (per la scenografia, i costumi e la canzone Agatha All Along), mentre Michaela Coel ha ricevuto il premio per la sceneggiatura del suo I May Destroy You, crudo racconto sul tema degli abusi sessuali.
Gli altri premiati, da Hamilton a Bo Burnham
Se tutti gli interpreti di Hamilton hanno visto sfumare le rispettive candidature, in compenso l'amatissimo musical di Lin-Manuel Miranda ha vinto l'Emmy Award come miglior varietà preregistrato, imponendosi su un rivale agguerritissimo: lo speciale di Netflix Bo Burnham: Inside. L'attore e comico Bo Burnham, comunque, può dirsi più che soddisfatto, avendo ricevuto ben tre statuette per la regia, la sceneggiatura e la direzione musicale del suo sorprendente lavoro, girato in pieno lockdown. Per il resto, il Saturday Night Live rimane il portabandiera della NBC con otto Emmy Award, inclusi i premi come miglior varietà e per le guest star Dave Chappelle e Maya Rudolph, mentre alla grande coreografa, nonché attrice, regista e produttrice Debbie Allen è stato tributato un premio speciale alla carriera, fra i momenti clou della cerimonia di ieri sera.
Hamilton, la recensione: il premiatissimo musical di Lin-Manuel Miranda arriva su Disney+