Dopo la conclusione della magica avventura di Harry Potter e dei suoi amici sul grande schermo, ci si aspettava un futuro fulgido per i giovani protagonisti della saga che ha affascinato i giovani spettatori per un decennio, e sopratutto per una di loro: Emma Watson, che abbiamo visto fiorire sotto il cespuglio dei riccioli di Hermione; ma la nuova english rose dotata di una grazia fuori dal comune, ma anche di un acuto intelletto raffinato dagli studi esclusivi presso eccellenti scuole tra la nativa Inghilterra e gli Stati Uniti, ha trovato la sua strada anche lontano dal grande schermo, mettendo a frutto con intelligenza e consapevolezza la sua fama e i suoi privilegi.
A sette anni dall'uscita di Harry Potter e i doni della morte - Parte seconda, c'è chi si domanda che fine abbia fatto Emma, perché non l'abbiamo vista inanellare un blockbuster dopo l'altro; in realtà è stata lei a tirare i remi in barca, nonostante la longeva e autentica passione per la recitazione, per laurearsi nella prestigiosa Brown University e per impegnarsi ad educare sé stessa. Forse ispirata anche dalla stessa Hermione, una giovane maga studiosa, attenta gli altri e decisa a combattare le ingiustizie.
Una bambina fortunata: dal privilegio alla consapevolezza
Nata a Parigi da genitori inglesi, e trasferitasi presto nell'Oxfordshire, Emma mostrò una precoce attitudine per la recitazione, e quando, a dieci anni, fu scelta per interpretare Hermione Granger nel franchise della Warner Bros., era una delle allieve di punta della scuola di teatro dello Stegecoach Theatre. La vita di una bambina promettente e ambiziosa si trasformò presto in un circo. Crescendo sotto i colori di Grifondoro, Emma si accorse presto di come, in quanto personaggio pubblico, veniva fotografata, guardata, oggettificata e sessualizzata come non accadeva ai giovani colleghi Daniel Radcliffe e Rupert Grint, ed ebbe l'intelligenza e la sensibilità di cercare di capire perché.
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Così, negli anni del delirio potteriano, Emmma fu piuttosto schiva, guardinga, incline a osservare la condizione femminile nell'industry e fuori; nel 2007 considerò seriamente l'ipotesi di abbandonare il franchise di fronte all'impegno di altri quattro anni del mondo di J.K. Rowling, "prigioniera di Hogwarts" ("C'era un sistema di lavoro rigidissimo " - ha raccontato - "un orario preciso per tutto, mi dicevano quando potevo mangiare, quando potevo andare in bagno, non ero mai davvero padrona del mio tempo") ma finì per capitolare perché "non poteva lasciare andare Hermione".
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L'eredità morale della saga di Harry Potter: Hermione l'attivista
Negli anni della forsennata attività legata alla saga, Emma ha dato continuamente prova della sua intelligenza e curiosità; tratti che ne hanno fatto, ovviamente, l'interprete perfetta per Hermione Granger, il personaggio in cui J.K. Rowling ha messo più di sé stessa. Ma Hermione non è solo la "secchiona" di Hogwarts, è una ragazza coraggiosa che farebbe qualsiasi cosa per i suoi amici e che è dotata di una spiccata empatia, quella che le permette di familiarizzare con "il nemico" Viktor Krum e di sentire come una prevaricazione inaccettabile la condizione degli elfi domestici nel mondo magico.
Nei libri viene fuori un'attenzione che nei film non c'è per sotto trama legata all'attivismo in favore degli elfi domestici: Harry e Ron se ne fanno beffe, sostenendo che è nella natura degli elfi servire i maghi, e che essi non vogliono affatto essere liberati; la stessa Rowling sembra prendere in giro Hermione per questo fuoco sacro, la mostra intenta a produrre tonnellate di cappellini fatti a maglia per liberare gli elfi schiavizzati (quando ricevono dei vestiti in dono, sono automaticamente liberi dal servizio), costringendo un unico elfo, l'eccentrico Dobby, a fare le pulizie nella sala comune e nei dormitori di Grifondoro; ma a lungo andare la scrittrice ci mostra il dispotismo dei maghi nei confronti degli altri abitanti del mondo magico - elfi, centauri, goblin - come una delle sue storture, e trasforma Dobby in uno degli eroi della battaglia finale contro il razzista, elitista, tanatofobico Lord Voldemort.
Le Nazioni Unite, #HeForShe e un futuro da leader
Emma ventenne, alla fine della corsa, raccoglie, dell'eredità di Hermione, un rapporto sano con la propria bellezza, un senso profondo dell'importanza dell'istruzione e della lettura, ma anche la voglia di mettersi in gioco, l'esigenza di spendere la sua popolarità, la sua energia, la sua cultura per delle giuste cause: in particollare, quella del femminismo. Il suo lavoro come promotrice dell'educazione femminile inizia subito dopo l'addio a Hogwarts, con diversi viaggi nei paesi in via di sviluppo, dove l'alfabetizzazione delle ragazze è a livelli drammatici; nel luglio del 2014 viene designata Ambasciatrice dei diritti delle donne per le Nazioni Unite e nel settembre dello stesso hanno, nella sede dell'ONU di New York, pronuncia un lungo e appassionato discorso per lanciare la campagna #HeForShe, in cui chiedeva la collaborazione degli uomini perché la battaglia per i pari diritti politici, economici e sociali delle donne "è anche un loro problema [...] e nessun Paese del mondo può dire di aver raggiunto la parità di genere", che resta uno dei recenti manifesti più lucidi sulla missione contemporanea del femminismo.
Uomini, vorrei sfruttare questa opportunità per farvi un invito formale. La parità di genere è anche un vostro problema. Se gli uomini non devono essere aggressivi per essere accettati, le donne non si sentiranno spinte a essere arrendevoli. Se gli uomini non devono avere il controllo, le donne non saranno controllate.
Noi siamo infinito, Bling Ring, Regression, The Circle: siamo le scelte che facciamo
Un'altra lezione importante che Emma Watson ha assorbito dalla sua frequentazione del mondo di Harry Potter è quella sull'importanza delle scelte che facciamo, come determinano il corso della nostra esistenza, l'espressione delle nostre potenzialità, e alla fine dei giochi la nostra etica: Tolkien poneva l'accento sulle scelte di Bilbo e di Frodo, l'importanza della loro pietà nei confronti di Gollum (senza il quale l'anello del potere non sarebbe stato distrutto); Rowling puntella la sua storia sull'analogia tra il suo giovane eroe e il potente e crudele antagonista, e le scelte che trasformano Harry, che aveva una situazione di partenza praticamente identica a quella di Voldemort, nell'unico che può sconfiggerlo.
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Le scelte di Emma, anche in fatto di ruoli cinematografici, hanno risentito del suo impegno nella vita e dei suoi ideali. Con Sofia Coppola in Bling Ring Emma ha denunciato i rischi del vuoto pneumatico e dell'ignoranza della generazione dell'apparenza; con Alejandro Amenábar in Regression ha visitato aspetti oscuri e inquietanti di una cultura globale che deumanizza del donne e minimizza le conseguenze della violenza e degli abusi; in The Circle, guidata da James Ponsoldt, ha avuto l'opportunità di imterpretare una giovane donna ambiziosa alle prese con aspetti particolarmente preoccupanti del nostro presente tecnologico, per un altro film culturalmente rilevante e in grado di scatenare discussioni.
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"Chiamatemi feminazi"
E naturalmente c'è stata Belle. Per tornare a vestire i panni di un personaggio caro ai più giovani ne La Bella e la Bestia per la Disney, Emma ha scelto un'eroina indipendente, curiosa e istruita, in grado di vedere oltre le apparenze. Possiamo farlo anche noi: ammirare Emma non solo per il risplendere della sua bellezza sul grande schermo, seguire e condividere le sue battaglie, ammirare il suo impegno personale e politico, curiosare tra i suoi utilissimi consigli di lettura. Ricordando che sì, le Hermione di questo mondo possono essere "irritanti saputelle", ma sono quelle che il più delle volte tolgono le uova di drago dal fuoco.