C'è una certa malinconia nell'iniziare a scrivere questa recensione di Emma, per ragioni che esulano dalla qualità del film stesso. Questo nuovo adattamento del romanzo di Jane Austen del 1815, infatti, doveva uscire nelle sale italiane nel corso dell'estate 2020, dopo aver già esordito negli Stati Uniti e in Inghilterra a febbraio, ma a causa dello scombussolamento nel mercato cinematografico dovuto al Coronavirus è arrivato nel nostro paese con circa tre mesi di anticipo, il 20 marzo, direttamente in streaming su Chili (nei paesi anglofoni invece è uscito, nello stesso giorno, in versione digitale, appena un mese dopo l'esordio nelle sale ora chiuse). Chi scrive, essendo residente in Svizzera dove le diverse regioni linguistiche hanno calendari di uscite che seguono il paese limitrofo, è riuscito a vederlo al cinema, l'11 marzo, a Berna, e il caso ha voluto che fosse l'ultima visione in sala prima di una chiusura su tutto il territorio nazionale che durerà almeno fino al 30 aprile. Col senno di poi, la scelta ideale per congedarsi provvisoriamente dal grande schermo, dati i tempi che corrono: in questo film la distanza sociale (letterale e figurativa) è un elemento narrativo di non poco conto.
Accadde a Highbury
Al centro di Emma c'è ovviamente lei, l'omonima protagonista, interpretata per l'occasione da Anya Taylor-Joy e alla ricerca di una nuova donna con cui stare in compagnia dopo il matrimonio della sua ex-governante. Nel suo mirino finisce la giovane Harriet Smith (Mia Goth), nata da genitori ignoti ma, secondo Emma, quasi sicuramente la figlia di un gentiluomo. Le due ragazze diventano amiche, unite nella ricerca dell'uomo giusto per Harriet, tra fraintendimenti, imbarazzi sociali e sottili manipolazioni. Emma, dal canto suo, continua ad attendere l'arrivo di Frank Churchill (Callum Turner), convinta che tra lei e lui sia destinata a nascere la relazione perfetta. Tra un'occasione sociale e l'altra la giovane si diverte a punzecchiare il padre (Bill Nighy) e a confidarsi con George Knightley (Johnny Flynn), il cognato della sorella. Tutto sembra andare per il verso giusto, ma a un certo punto Emma dovrà rendersi conto che una vita di privilegi non la rende immune a errori potenzialmente irrimediabili.
Jane Austen, scrittice per il cinema
Ritratto di signorina
Il film è l'esordio registico di Autumn DeWilde, nota fotografa americana specializzata in ritratti, e tale background è evidente nella costruzione visiva del lungometraggio, dove i personaggi sono sempre in posa, eleganti, come se dovessero essere immortalati da un momento all'altro (e non a caso una delle sottotrame più importanti riguarda un vero e proprio ritratto). Un tocco classico e moderno allo stesso tempo, che dà all'operazione un'energia fuori da qualsiasi epoca, unita alla freschezza del testo di Jane Austen che, nella trasposizione della scrittrice neozelandese Eleanor Catton, mantiene intatto il suo spirito sottilmente ribelle, sulla falsariga di ciò che Emma Thompson ha fatto con Ragione e sentimento (e, non accreditata, con Orgoglio e pregiudizio). Si ritorna alle origini, in un'epoca relativamente lontana da adattamenti più moderni come Ragazze a Beverly Hills, ma c'è un'ironia molto contemporanea, evidente anche in un geniale gioco di punteggiatura che purtroppo avrà poco senso fuori dai paesi di lingua inglese: in questi territori, infatti, il titolo è scritto Emma., con un punto fermo (period in inglese), anche sulle locandine, ed è un'allusione ammiccante all'appellativo anglosassone del genere di appartenenza (period piece, il film in costume).
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In mano a DeWilde e Catton il materiale è sottilmente incandescente, con dialoghi brillanti distribuiti equamente tra i vari personaggi e una suddivisione equa di momenti esilaranti e imbarazzanti tra entrambi i sessi (viene da pensare al precedentemente menzionato adattamento austeniano di Joe Wright per quanto riguarda la figura paterna, che anche qui ruba la scena ma con fare più apertamente istrionico). Splendidamente equilibrata anche la caratterizzazione di Emma, carismatica e incantevole ma anche, in più di un momento e senza che il film ci metta subito una pietra sopra, velatamente cattiva.
Un equilibrio che si rispecchia perfettamente nella performance di Anya Taylor-Joy, raffinata e al contempo controcorrente, circondata da un cast di contorno che alterna volti noti e grandissime giovani promesse (tra le scene più memorabili citiamo tutte quelle con la signora Elton incarnata da Tanya Reynolds, una delle rivelazioni della serie Sex Education, dove interpreta Lily). Il tutto, come abbiamo già detto, con un'attenzione al dettaglio per quanto riguarda le convenzioni d'epoca che rende ancora più ideale la visione domestica, dato che tutti, come noi, devono mantenere certe distanze. Ma è anche vero che l'esperienza collettiva della sala sarebbe particolarmente potente per questo film, tra momenti di grandissima comicità e sguardi che alimentano la natura catartica di un bacio fin troppo a lungo rimandato.
Conclusioni
Arriviamo al termine di questa recensione di Emma con un misto di allegria e malinconia. L'opera prima di Autumn DeWilde è infatti una commedia brillante che meriterebbe il rituale collettivo della sala cinematografica, ma allo stesso tempo è giusto che il pubblico italiano possa goderne già adesso, in streaming, in un contesto che per certi versi riflette l'esperienza dei personaggi: per quanto le motivazioni siano diverse, sempre di distanza sociale si tratta.
Perché ci piace
- Regia e scrittura optano per un approccio rispettoso ma al contempo irriverente.
- L'apparato visivo è preciso e magnifico.
- Gli attori sono tutti bravissimi, Anya Taylor-Joy in primis.
Cosa non va
- Peccato non poterlo vedere al cinema in Italia.