Adoro indossare gioielli, ma non per possederli. Non si può possedere la radiosità, si può soltanto ammirarla.
Se la passione di Elizabeth Taylor per i diamanti è diventata proverbiale, una parte integrante della sua iconografia, è pur vero che l'attrice americana non ha mai avuto bisogno di gioielli per irradiare lo schermo: la radiosità, nel suo caso, proveniva direttamente da lei, dal carisma che sprigionava ad ogni apparizione e dalla luminosa espressività dei suoi occhi viola, dal colore più unico che raro. È il motivo per cui, nell'immaginario di Hollywood, pochissime altre star occupano un posto paragonabile a quello assunto da Elizabeth Taylor: interprete di superbo talento, ma anche diva in grado di irretire gli spettatori con quella compenetrazione fra la sua dimensione pubblica e la sua vita privata, scandita da otto matrimoni (distribuiti fra sette mariti), drammi e qualche scandalo d'ordinanza, come del resto era tradizione nell'America puritana degli anni Cinquanta e Sessanta.
Nata il 27 febbraio 1932 a Londra da genitori statunitensi, da adolescente Elizabeth Taylor si fa conoscere come la ragazza prodigio di film come Gran Premio e Vita col padre: l'inizio di un'ascesa inarrestabile, ma anche di un'esistenza condotta perennemente sotto la luce dei riflettori. Gli anni Cinquanta e la maggiore età segneranno la sua consacrazione fra le massime star del pianeta: da Il padre della sposa di Vincente Minnelli a Un posto al sole di George Stevens, in cui divide la scena con Montgomery Clift, approdando a un altro classico del calibro de Il gigante, sempre per la regia di Stevens. E in un'epoca in cui il cinema americano propone modelli spesso antitetici di femminilità, Liz Taylor si ritrova ad incarnare un connubio infallibile: quello fra la grazia e l'eleganza aristocratiche di Audrey Hepburn e Grace Kelly e la sensualità più smaccata e prorompente di Marilyn Monroe.
Vittima, almeno in parte, dell'ageismo dell'industria hollywoodiana (dopo i quarant'anni non avrebbe più ottenuto parti di rilievo sul grande schermo), Elizabeth Taylor è rimasta comunque una figura imprescindibile nella cultura di massa, con una filmografia ricchissima a preservarne la memoria. E a dieci anni esatti dalla sua scomparsa, avvenuta il 23 marzo 2011, vogliamo contribuire a ricordarla con una classifica di alcuni fra i suoi migliori ruoli, quelli più intensi e memorabili a cui ha dato vita nel periodo aureo della sua carriera...
5. Venere in visone
In procinto di concludere il proprio contratto con la Metro-Goldwyn-Mayer, nel 1960 Elizabeth Taylor accetta di recitare in Venere in visone di Daniel Mann, adattato dal romanzo BUtterfield 8 di John O'Hara: la storia di Gloria Wandrous, una giovane donna che si destreggia fra due triangoli amorosi. Per l'occasione Liz fa ingaggiare nel cast il suo quarto marito, l'attore e cantante Eddie Fisher, alimentando l'attenzione mediatica nata in seguito al divorzio tra Fisher e Debbie Reynolds. Con la sua accentuata vena moralistica, Venere in visone non spicca di certo tra i migliori film della Taylor, la quale non esiterà a bollarlo come "una merda"; eppure, già solo la sua performance costituisce una notevole ragione d'interesse.
Da quando, nella sequenza d'apertura, si risveglia nel letto di uno sconosciuto, aggirandosi seminuda nel suo appartamento, alle maliziose provocazioni dirette all'amico Steve Carpenter (Fisher), passando per enfatiche scene madri, inclusa quella in cui si definisce "the slut of all time" (la più grande sgualdrina di sempre), la Gloria della Taylor si rivela pura dinamite. Per questa pellicola l'attrice riceve la sua quarta candidatura consecutiva all'Oscar; e il credito raccolto presso l'Academy, unito alla commozione per una tracheotomia che nel 1961 le salva la vita per un pelo, la porterà ad aggiudicarsi la sua prima statuetta.
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4. Cleopatra
Se Elizabeth Taylor disprezzava Venere in visone, in compenso non sarebbe stata così soddisfatta neppure del suo progetto successivo: Cleopatra, kolossal storico passato agli annali come uno dei progetti più costosi e controversi del decennio. Segnato da incidenti produttivi e ritardi che avrebbero fatto lievitare il budget oltre i trenta milioni di dollari, portando la 20th Century Fox sull'orlo della bancarotta, e dimezzato in fase di montaggio a 'sole' tre ore, contro la volontà del regista Joseph L. Mankiewicz, Cleopatra si sarebbe imposto come il maggior successo commerciale del 1963: un successo legato in buona parte al magnetismo e alla presenza scenica della sua protagonista nelle vesti della leggendaria sovrana d'Egitto.
Perché per quanto la critica non abbia mai amato troppo il film di Mankiewicz, si tratta di uno di quei casi in cui la visione vale la pena anche solo per l'allure divistico dell'attrice al centro del racconto. E Liz Taylor, che con tono imperioso ordina a Marco Antonio di inginocchiarsi al suo cospetto, fa scintille in particolare al fianco di Richard Burton: proprio sul set di Cleopatra nasce infatti la relazione fra lei e l'attore gallese, relazione che ovviamente dominerà le cronache (in quel periodo entrambi sono già sposati con altre persone) e che sfocerà in ben due matrimoni e in altre dieci pellicole girate l'una con l'altro.
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3. Improvvisamente l'estate scorsa
Nel 1959, si era rivelata decisamente meno problematica di Cleopatra la prima collaborazione fra Elizabeth Taylor e Joseph L. Mankiewicz: Improvvisamente l'estate scorsa, trasposizione dell'atto unico teatrale di Tennessee Williams, adattata dall'autore insieme a Gore Vidal. La natura alquanto torbida e 'scabrosa' del testo non allontana il pubblico, che al contrario accorre in massa ad assistere a questo cupissimo dramma in cui Liz è affiancata da Montgomery Clift e Katharine Hepburn. E nel ruolo di Catherine Holly, ricoverata in un istituto di igiene mentale in seguito al trauma per la morte del cugino Sebastian, la Taylor dà vita a un personaggio fragile e tormentato, che nel finale, in un lungo monologo-confessione, darà sfogo all'atroce verità sul mistero dell'estate precedente. Per Improvvisamente l'estate scorsa, Elizabeth Taylor si guadagnerà il Golden Globe e la nomination all'Oscar come miglior attrice.
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2. La gatta sul tetto che scotta
Ma un anno prima, nel 1958, Elizabeth Taylor si era già cimentata con la scrittura di Tennessee Williams in un altro film tratto da uno dei capolavori del drammaturgo americano: La gatta sul tetto che scotta, per la regia di Richard Brooks. Un adattamento martoriato dalle restrizioni del Codice Hays, che fanno sparire ogni allusione alla latente omosessualità del Brick Pollitt di Paul Newman, ma capace comunque di imprimersi nella memoria in virtù della sapiente messa in scena di Brooks e di una coppia di protagonisti magnifici: La gatta sul tetto che scotta è l'opera che porterà in piena luce il talento di due fra i massimi sex symbol di Hollywood. Le scene in cui Maggie la gatta, nella sua celebre sottoveste bianca, si scontra ferocemente con il marito Brick mentre è impegnata nel tentativo di sedurlo, sono fra i momenti più incisivi di questo grande film, che varrà alla Taylor la sua seconda candidatura all'Oscar.
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1. Chi ha paura di Virginia Woolf?
E per concludere, ancora dal teatro proviene la pellicola in cui Elizabeth Taylor si sarebbe prodotta nella sua migliore performance in assoluto: una prova stupefacente, che già da sola basterebbe a giustificarne il posto fra le più grandi attrici di ogni tempo. Basato sull'omonimo dramma di Edward Albee e affidato nel 1966 alla regia di un esordiente Mike Nichols, Chi ha paura di Virginia Woolf? è il gioco al massacro fra due coppie nel corso di una serata al vetriolo, con Richard Burton e Liz Taylor nei ruoli di George e Martha, un docente di storia e sua moglie, alle prese con un rapporto ormai logorato dalle frustrazioni e dal risentimento. La Taylor, che durante le riprese ha appena trentatré anni ma presta il volto a una donna di mezza età (tanto che la Warner Bros avrebbe voluto scritturare Bette Davis), non si risparmia: dalla rumorosa eccitazione alimentata dall'alcol alla furia trattenuta a stento, la sua Martha è un vulcano perennemente sul punto di esplodere davanti ai nostri occhi.
I primi piani effettuati da Mike Nichols riescono a catturare ogni sfumatura delle emozioni contrastanti di questa donna ormai priva di inibizioni, costretta suo malgrado a fronteggiare gli spettri che aleggiano fra lei e il marito, avviluppati l'uno all'altra in un vortice di amore e d'odio. Caratterizzato da un linguaggio crudo ed esplicito, Chi ha paura di Virginia Woolf? sarà uno dei film-evento del 1966 e farà conquistare ad Elizabeth Taylor il BAFTA Award e il suo secondo premio Oscar come miglior attrice.
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