Un appuntamento controverso ma irresistibile: si potrebbe definire così l'ultimo impegno seriale di Elena Sofia Ricci. La fiction Le due leggi, in onda su Rai Uno martedì 25 e mercoledì 26 marzo, la vede impegnata nel ruolo di Adriana, una direttrice di banca senza scrupoli che cambia totalmente la sua vita quando uno dei clienti a cui nega un prestito si toglie la vita per la disperazione. Le due puntate, prodotte da Red Film, sono dirette da Luciano Manuzzi e la vedono protagonista di un cast variegato che comprende anche Enrico Ianniello, Massimo De Francovich, Gaetano Bruno, Luigi Petrucci e Sara D'Amario. Una sfida interessante, insomma, che la vede protagonista sul piccolo schermo dopo la seconda incursione nell'universo di Ferzan Ozpetek in Allacciate le cinture. In questo caso la miniserie sembra abbia scatenato più di qualche polemica da parte degli istituti bancari, allarmati dall'immagine offerta negli episodi. Il titolo s'ispira all'Antigone di Sofocle e ripropone il dilemma morale del personaggio principale, divisa tra la propria morale e la legge dello Stato. Il prezzo da pagare per la scelta, spiega Elena Sofia Ricci, è altissimo.
Qual è il messaggio di questa fiction?È fatta per sensibilizzare la gente comune, e ignorante come me in materia economica, per fare in modo che non cada vittima di prodotti ad alto rischio. Vuole rendere comprensibile cose che non lo sono e renderci più attenti nei confronti di quelle persone che lavorano in banca e che pur di fare carriera propongono appunto prodotti di cui non sappiamo nulla e i cui interessi mangiano tutti. La crisi induce alcuni a togliersi la vita, quando il prezzo per la richiesta d'aiuto è troppo alto.
La TV ha davvero, quindi, un ruolo educativo?
Certamente, soprattutto Mamma Rai deve fare servizio pubblico e lo sta dimostrando con scelte precise in fatto di fiction. Sono intrattenimento,è vero, ma servono anche a fare riflettere, come nel caso de Le due leggi, frutto di scelte editoriali ben fatte.
Quando conosciamo Adriana, non sembra affatto una persona gradevole, ma poi cambia radicalmente...
Questa è la bellezza della contraddizione dell'animo umano. I personaggi rigidi, ma che poi si mettono in discussione, sono la mia passione. Diffido di chi non lo fa. Adriana, invece, merita il mio rispetto: all'inizio è una donna in carriera, con il pelo sullo stomaco, ma poi il cliente a cui nega l'aiuto si suicida e genera in lei un bivio. Così evolve e diventa un'altra persona, proprio come Antigone che deve decidere se seppellire il fratello, nonostante non meritasse la degna sepoltura secondo le leggi del tempo. Alla fine paga con la vita la sua convinzione.
Adriana commette un illecito quando sposta il denaro dei conti più facoltosi in quelli in difficoltà per aiutare alcuni clienti a rientrare con i mutui e i prestiti. Lo fa a fin di bene, per seguire la sua legge morale invece di quella dello stato. Quello che servirebbe in questi casi è la cosiddetta pietas. A lei questa possibilità di cambiare e migliorare costa il piano familiare, quando si autodenuncia e finisce in galera. Il marito e la figlia si ritrovano sui giornali perché lei rischia, si comporta da eroina tragica per amore della giustizia, intesa in senso alto, morale.
Anche lei si è trovata professionalmente davanti a bivi che la costringevano a scendere a compromessi?
Nella vita di dilemmi morali ne ho provati tanti, ma nel mio mestiere non ho accettato alcun compromesso, ho sempre scelto liberamente e ho lottato per cambiare genere. In questo Paese, infatti, ti incasellano da qualche parte, mentre io ne avevo un sacro terrore e ho fatto per 32 anni di carriera uno slalom tra TV, cinema e teatro. Ci sono riuscita senza patteggiare. E nel privato mi sono messa sempre in discussione.
Fra qualche giorno compirà gli anni: è tempo di bilanci?
Macchè! Quelli li faccio quotidianamente. E mi pongo domande come donna e come cittadina, cercando di sentirmi impegnata socialmente, dal sostenere campagne di lotta contro il tumore al seno alla scelta di ruoli come questo. E quando ci sono i limiti ne prendo atto.
Guardo sempre con affetto a quello che ho fatto, ma sono allergica alla lunga serialità, di solito non supero le tre stagioni ma per I Cesaroni ne ho fatte 4. Lucia, però, non aveva molto altro da dire e io mi sentivo un po' inutile: con i figli grandi e via da casa non poteva certo continuare a litigare con Giulio per otto stagioni, quando già la seconda era tirata per i capelli. Lasciare la serie forse è stato meglio anche per gli stessi Cesaroni che così si sono rinnovati. Se io non mi diverto allora anche il pubblico si annoia e non voglio che arrivi a pensare: "Che pizza". Così faccio scelte d'istinto.
Suor Angela, invece, torna per Che Dio ci aiuti 3...
Nella serie la suora è un contenitore: per sua natura non esaurisce un iter, si comporta come comitato d'accoglienza. La sua evoluzione è già avvenuta e ora dà spazio ai casi che permettono cambiamenti. Quindi ne farei molte più di tre...
Sarei ipocrita se dicessi di non essere contenta della mia carriera. Da bambina davanti allo specchio in bagno segnavo di fare un'artista famosa ospite di una trasmissione famosa il successo è stato più grande di quanto immaginassi ed è avvenuto grazie a quel percorso che mi ha portato qui. Non mi dispiace affatto questa Elena Sofia: ha avuto anche molta fortuna nel lavorare con maestri indimenticabili come Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Lea Massari e Stefania Sandrelli.
Che ruolo mancherebbe alla sua lista? Quello della serial killer?
Ho fatto anche quello, ma in tedesco e non l'ho mai rivisto. Ho comunque ancora altri piccoli desideri, sono ottimista e d'altronde ancora mi chiamano. Mi piace cambiare, dal look al genere. D'altronde anche in Allacciate le cinture si piange ma si ride anche, grazie a me e a Carla Signoris, queste mamme zie buffe. Qualunque cosa faccia è incredibile l'affetto del pubblico, il bene che la gente mi dimostra anche quando canto sul web (e malissimo). Mi hanno fatto i complimenti persino in quel caso...