Elemental è già un flop, purtroppo (qui la nostra recensione). Lo dicono i dati: costata la bellezza di 200 milioni (esclusi costi di marketing), l'ultima fatica targata Pixar ha cominciato in modo disastroso la sua corsa ai botteghini americani, incassando in cinque giorni appena 34 milioni di dollari. Le cose vanno anche peggio nel mondo, dove al momento si registrano incassi di appena 15 milioni - considerando però l'uscita al 21 giugno. Le proiezioni parlano inoltre di un calo significativo nelle prossime settimane, quando il film potrebbe subire un drop del 60-70% e non superare nemmeno i 100 milioni di dollari a fine corsa.
Non solo è un flop decretato, ma Elemental rappresenta al momento il peggior insuccesso commerciale dello studio sin dagli esordi con Toy Story, il che è paradossale considerando l'accoglienza calorosa del pubblico e buona parte della critica (ha uno score A su Metacritic). Il fatto è che le colpe non sono rintracciabili nell'impegno degli animatori Pixar, nella bontà effettiva del prodotto (The Good Dinosaur o Cars 3 con giudizi inferiori hanno incassato molto di più) o in un mercato poco ricettivo ai progetti animati (basti guardare il successo di Spider-Man: Across the Spider-Verse o quello di Super Mario Bros. Il Film, perché il problema è ormai vecchio di tre anni, frutto della guida di un CEO poco illuminato che ha condotto uno dei pilastri Disney sull'orlo del baratro.
Pima e durante la pandemia
Prima dello scoppio della pandemia di Coronavirus nel marzo del 2020, Gli Incredibili 2 e Toy Story 4 portavano a casa tra il 2018 e il 2019 rispettivamente un 1 miliardo e 24 milioni di dollari e 1 miliardo e 73 milioni. Si trattava di sequel a lungo richiesti e molto attesi come i due titoli sopra citati, ma possiamo certamente menzionare Coco del 2017 (814 milioni di dollari) o Inside Out del 2015 (858 milioni) per osservare un pattern economico più che soddisfacente anche per film originali, con rientri adeguati all'investimento e profitti ottimali. Per dodici anni, da Ratatouille fino a Toy Story 4, gli incassi Pixar non sono mai andati sotto i 520 milioni di dollari, fatta eccezione per il problematico e rimanipolato Arlo e per Cars 3, progetto che incontrava già in partenza un certo disinteresse da parte del pubblico.
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Tutti i restanti titoli senza particolari criticità hanno invece superato il mezzo miliardo di dollari, fino ad arrivare al febbraio 2020. Va specificato: il focus è sulla crisi economica e non creativa, che di per sé in tredici anni (dopo il terzo Toy Story) ha visto alti e bassi, sapendosi comunque difendere a dovere e intercettando sempre l'interesse di un folto numero di fan e appassionati, senza contare poi la partecipazione del pubblico più generalista e casual. Le difficoltà non nascono insomma da qualche fisiologica mancanza d'ispirazione o da turbamenti artistici e produttivi che vengono colmati in media un film sì e uno no, perché è ben più radicata nei valori cinematografici e identitari trasmessi proprio dalla Disney agli spettatori e relativi all'animazione e alla fruizione della stessa.
Allo scoppio della pandemia, il CEO di Walt Disney Company era infatti Bob Chapek, subentrato da appena un mese a Bob Iger, che andava invece a ricoprire il ruolo di presidente esecutivo fino al 2021 per aiutare ad amministrare l'azienda in un momento delicato. Va purtroppo indicato proprio Chapek come causa principale della rovinosa caduta ai botteghini della loro animazione, per le sue idee, la sua posizione pericolante e una visione fin troppo distorta del marchio Disney Animation e Pixar. Venendo dalla gestione dell'home entertaining e dei parchi a tema della compagnia, forse il suo spirito artistico è stato facilmente fagocitato da quello imprenditoriale, ma durante la crisi sanitaria andò a toccare pesantemente il settore animato mettendo in piedi una strategia interamente votata ai progetti Marvel e Star Wars (guarda caso anche i più gettonati nei parchi).
Istigazione al salotto
Mentre con i film Walt Disney Animation Chapek si trovò costretto a sottostare a una release cinematografica anche in periodi difficili, distribuendo ad esempio Raya e l'ultimo drago il 5 marzo 2021 sia al cinema che su Disney+ - in premiere streaming - o Encanto nel novembre dello stesso anno solo al cinema e un mese dopo in piattaforma, sotto la sua tutela per i titoli Pixar si optò per una soluzione più drastica e reclusa alla sola Disney+. Nel primo caso ha facilitato la fruizione dei progetti interni alla società via streaming senza eliminarne la distribuzione in sala, nel secondo CEO e direzione hanno invece optato per un'unica soluzione obbligata, relegando per due anni le produzioni Pixar in piattaforma.
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Recentemente Pete Docter ha parlato delle difficoltà affrontate negli ultimi anni dall'animazione Disney, spiegando proprio come il pubblico "si sia ormai abituato all'uscita su Disney+" e sottolineando soprattutto come titoli originali come Elemental "non rientrino più nei costi d'economia domestica affrontabili", confermando nel merito come il parterre di riferimento degli incassi per l'animazione fossero proprio le famiglie con bambini al seguito. La strategia di Chapek ha spinto il pubblico prediletto di questi lungometraggi verso il salotto, a preferire l'investimento in streaming all'esperienza della sala, ragionando con un piano a corto raggio - nemmeno a medio - che si è infatti ritorto totalmente contro la Disney, accortasi della catastrofe con i flop di Lightyear a giugno 2022 (226 milioni) e Strange World nel novembre dello stesso anno (appena 73 milioni di dollari nel mondo), costretta adesso ad accettare quello di Elemental in un momento di revisione tattica generale.
Chapek ha pagato con la perdita della nomina di amministratore delegato - tornata a Bob Iger - mentre Disney e Pixar stanno tentando di rimettersi in carreggiata con i prossimi Wish (novembre 2023) ed Elio (marzo 2024). In realtà c'è un disegno che medita adesso sulla media distanza e sul riportare al cinema quel pubblico ancora affezionato all'animazione Disney e Pixar ma assuefatto alla comodità dello streaming, annunciando sequel del calibro di Frozen 3, Zootropolis 2 o Toy Story 5 da affiancare a lungometraggi originali. Lo scopo è bilanciare gli investimenti e puntare su dei ritorni economici sostanziosi provenienti dalla sala grazie a franchise animati di punta. Ci vorranno un paio di anni, vedrete, ma quando il cinema tornerà concretamente ad essere anticamera dello streaming per quanto concerne l'animazione Disney, invitate sopra ogni cosa e con un listino imperdibile, allora torneranno anche risultati soddisfacenti.