I passi incerti, accorti. La postura china, timorosa. Così entriamo in territorio nuovo, non ancora esplorato, con la consapevolezza che ogni metro può essere l'ultimo, che ogni angolo può nascondere una minaccia. Che la morte è un destino inevitabile. Così abbiamo affrontato Elden Ring nelle ultime settimane, superando quelle perplessità iniziali che ci hanno impedito di immergerci nel mondo del gioco FromSoftware sin dal lancio del 25 febbraio scorso. Perplessità che avevano dei genitori forti: da una parte la poca predisposizione per i SoulsLike, genere a cui il nuovo titolo appartiene; dall'altra la predilezione per giochi di impianto più narrativo, che siamo soliti approfondire anche su queste pagine.
E abbiamo avuto una sorpresa e una conferma: ovvero che possiamo amare un soulslike, pur con le dovute differenze dell'ultimo titolo che lo rendono almeno in parte più accessibile, e che non c'è sempre bisogno di una storia per raccontare, che lo si può fare anche solo attraverso emozioni e sensazioni. E di queste Elden Ring è pieno zeppo!
Vita da Senzaluce
Da decine di ore di gioco stiamo vivendo da Senzaluce. Una vita difficile e costellata di sfide continue, ma ricca di soddisfazione per ogni più piccolo traguardo raggiunto. Qui risiede uno dei meriti di Elden Ring: portare il giocatore ad accettare questa sfida, a impegnarsi in un'esperienza di gioco che richiede un impegno da diversi punti di vista, puramente ludico nell'incarnare su schermo le imprese del proprio personaggio e superare i propri avversari, informativo e di ricerca per approfondire le dinamiche di gioco che possano aiutare in queste imprese. Una ricerca che ha fatto riemergere la nostra anima di giocatori di lunga data, sviluppata in tempi in cui i giochi guidavano meno i loro utenti nel percorso da compiere, stimolando condivisione, ricerca e una certa dose di studio.
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L'insegnamento di Elden Ring
Ci si sente smarriti nel compiere i primi passi in Elden Ring. Ma è soltanto una sensazione superficiale, temporanea e fugace, figlia dell'abitudine a esperienze di gioco che ci prendono per mano e ci conducono lungo le loro storie. Una sensazione che ci abbandona nel momento in cui comprendiamo le opportunità che abbiamo di fronte: il fascino dell'esplorazione, la meraviglia della scoperta, il gusto della sorpresa e, perché no, la dura prova della sconfitta. Si cade in Elden Ring, ma il design del mondo e delle sue sfide è tale da spingere a riprovare, a mettersi alla prova, o anche accettare una prima grande lezione di vita: accettare di non essere ancora pronti.
Più volte ci è capitato di fare i conti con le nostre debolezze, ma non con la frustrazione dell'abbandono, quanto piuttosto con la voglia di perfezionarci, migliorare e tornare alla carica pronti ad affrontare nuovamente la prova in cui avevamo fallito. E ne siamo usciti spesso vittoriosi, soddisfatti dal risultato ma soprattutto della crescita da cui è scaturito, dal poter toccare con mano frutti del nostro impegno. La seconda parte dell'insegnamento di Elden Ring: prepararsi per ottenere un risultato.
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Un mondo di gioco che racconta a ogni passo
Se tutto ciò è possibile è perché il gioco FromSoftware vanta quel già accennato design del mondo di gioco, un ambiente in cui muoversi è una continua scoperta. Capita di passare per l'ennesima volta nello stesso punto e scorgere un qualcosa che non avevamo ancora notato; o di tornare sui nostri passi e vedere tutto da un nuovo punto di vista, che cambia le carte in tavola; o ancora di assimilare la lore dell'Interregno e comprendere più a fondo il senso di dinamiche di gioco e presupposti mitologici che prima ci erano meno chiare. Così Elden Ring scopre le sue meravigliose carte e ci sussurra i suoi segreti.
Ma non parliamo solo di costruzione del mondo e del gameplay associato, ma anche di un'impronta artistica spiccata, sontuosa nella sua mera esperienza visiva, profonda nel livello di dettaglio che propone, merito del solito Hidetaka Miyazaki, che ha lavorato insieme a George R.R. Martin. Restiamo a bocca aperta al cospetto della magnificenza degli Alberi Madre, terrorizzati dal primo faccia a faccia con un temibile boss, intrigati dalle storie che ci raccontano i nostri incontri lungo il cammino. Luoghi, personaggi non giocanti, mostri (ovviamente): tutto è coerente e contribuisce a tratteggiare un mondo di cui non siamo che una piccola e fragile foglia. Che rischia continuamente di esser spazzata via.