Dopo aver vinto i premi per la migliore sceneggiatura e la miglior interpretazione femminile alla Mostra di Venezia 2023, dove è stato presentato nella sezione Orizzonti, esce finalmente in sala il 6 giugno El Paraíso, opera prima di Enrico Maria Artale.
Il regista ha firmato alcuni degli episodi migliori di serie quali Romulus e Django, ma per il suo primo film per il grande schermo ha deciso di prendere spunto da un'idea di Edoardo Pesce, amico e anche protagonista di questa storia.
La trama di El Paraíso ruota attorno a Julio Cesar, dal nome spagnolo ma italianissimo, che vive con la madre (Margarita Rosa de Francisco), lei sì di origini sudamericane, per la precisione colombiane, in una casa vicino alla foce del Tevere. Il loro è un rapporto simbiotico: nonostante abbia 40 anni, l'uomo non riesce infatti a staccarsi dalla donna, con cui passa gran parte del suo tempo. Quando arriva Ines (Maria Del Rosario Barreto Escobar), che lavora per uno spacciatore amico di Julio Cesar, per cui l'uomo prova una forte attrazione, il rapporto tra madre e figlio va in crisi. Ne abbiamo parlato nella nostra intervista proprio con regista e attore, facendo un paragone azzardato: volendo sintetizzare al massimo la storia di El Paraíso potremmo dire che è Psycho con la droga. Ecco come hanno reagito gli intervistati.
El Paraíso: intervista a Enrico Maria Artale ed Edoardo Pesce
"In comune con Norman Bates ho solo la doccia!" ci risponde ridendo Edoardo Pesce. Mettendo da parte le battute, in realtà la dipendenza dalle sostanze del protagonista e quella dalla madre si confondono nel corso del film. Come mai hanno voluto raccontare una storia sulla dipendenza?
Enrico Maria Artale: "La dipendenza secondo me è una categoria psicologica. Si può essere dipendenti da tante cose: lo sport, una relazione, da delle sostanze. Ci sono persone che hanno una predisposizione forte alla dipendenza e altre no. Sicuramente i personaggi di questo film ce l'hanno, come ce l'hanno tante persone, a volte anche senza saperlo. Quindi questa cosa si espleta un po' in tutto: nell'amore tra madre e figlio, nelle cose belle che condividono, dal ballo ai viaggi in barca. In questa casa che hanno costruito insieme. E poi anche nell'alcol e nella droga. È tutto insieme, non è possibile fare una distinzione tra questi due piani".
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Da un'idea di Edoardo Pesce
L'idea di El Paraíso nasce da un'immagine pensata da Pesce, che non possiamo rivelare per non spoilerare un colpo di scena importante del film. A riguardo l'attore dice: "Racconto sempre le mie idee a Enrico, solo che di solito se ne va. Questa volta non solo è rimasto ad ascoltare, ma ha inseguito il film per sette anni!". Possiamo però parlare delle doti da ballerino dell'attore, che nella pellicola si cimenta - con un certo groove - con i balli latinoamericani, che il protagonista fa con la madre.
Come ha lavorato Edoardo Pesce sulle scene di ballo? "Un po' di ritmo ce l'ho perché suono: suono la chitarra da quando ho 12 anni. A noi piacciono le serate techno, ma qui mettiamo una musica molto diversa. Per girare ho fatto dei corsi: ho studiato un mese e mezzo balli latinoamericani, che prima non conoscevo. Per i Colombiani ballare è come giocare a tressette per noi Italiani, o a pallone per i Brasiliani. Si esprimono con il ballo: non è importante la tecnica. Per il film siamo stati in una balera a Cali e abbiamo incontrato dei signori che ballavano ogni sera: il lunedì da una parte, il giorno dopo in un'altra. Pensionati che il pomeriggio, dalle 18 alle 20, andavano a ballare. Commoventi quasi: ognuno con il suo stile. Ho fatto un paio di mesi di lezioni per avere la base per interpretare il personaggio. Io sono un tipo da cassa dritta, avevo sempre snobbato i balli latinoamericani, invece adesso ho un trick in più: posso rimorchiare alle serate di latinomericano!".