Momento ricco di contenuti streaming e televisivi importanti, questo di fine agosto e inizio settembre in cui scriviamo questa recensione di Echoes. Pochi giorni fa abbiamo assistito alla splendida conclusione di Better Call Saul proprio su Netflix, un finale che è arrivato a brevissima distanza dall'inizio della dibattuta She-Hulk su Disney Plus, a sua volta lanciata quasi in concomitanza con l'attesissima House of the Dragon di HBO (in Italia su Sky Atlantic), che dal 2 settembre prossimo sarà in "concorrenza fantastica" con l'altrettanto anticipata Il Signore degli anelli: Gli anelli del Poter di Amazon Prime Video. È proprio in una contingenza tanto serrata d'alternanza o convivenza mediatica di contenuti mainstream di risalto che Netflix ha deciso di pubblicare in piattaforma anche Echoes, miniserie australiana di 10 episodi ideata da Vanessa Gazy e con protagonista Michelle Monaghan. Un mistery thriller con richiami atavici al genere che non sa però convincere a pieno.
Allo specchio
La storia di Echoes segue la vicenda di Gina e Leni, gemelle omozigote con un legame speciale. La prima vive a Los Angeles con il marito psicoterapeuta, ha un splendida casa e una bella carriera. Leni è invece rimasta nella nativa Mount Echo per lavorare nel ranch di famiglia insieme al marito Jack e alla figlia Mathilda. Due vite diverse, forse addirittura agli antipodi, che sembrano rispecchiare caratteri e ambizioni dissimili in due identiche sorelle, una più votata al successo lavorativo e all'emancipazione personale, l'altra alla famiglia, al sacrificio e all'amore. Quando Leni scompare senza lasciare tracce, Gina torna a Mount Echo per indagare sull'accaduto, ma siamo noi pubblico a scoprire una verità ben più contorta alla base dello stesso mistero: Gina è Leni e ad essere sparita è in realtà Gina. Sin dall'adolescenza, infatti, le due hanno sistematicamente scambiato le loro identità, vivendo di volta in volta l'una la vita dell'altra e lasciandosi alle spalle segreti inconfessabili. Ma cos'è accaduto davvero a Gina? Qual à la verità che si cela dietro la sua scomparsa?
Un mistero datato
Il gioco dello scambio tra gemelle lo facevano già le Olsen in Matrimonio a 4 mani nel '95, e chissà prima quanti altri. Dopo, certamente, tantissimi (basti pensare a The Prestige di Christopher Nolan). C'è una sorta di malia recondita nei gemelli, come un'aura imperscrutabile di grande fascinazione, ovviamente legata all'aspetto estetico ma anche a quello psicologico, come se uno dovesse avvertire lo stato d'animo o i dolori dell'altro. Essere gemelli è diverso dall'essere fratelli, in effetti: c'è un legame più profondo e incomprensibile per la stragrande maggioranza delle persone, un vero e proprio identificarsi nell'altro con fare empatico innato, riconoscersi e capirsi all'istante (chi scrive è un gemello omozigote n.d.r). Per questo è almeno plausibile l'idea che due gemelli possano scambiarsi le rispettive vite senza essere scoperti.
Echoes impalca proprio su questo concetto l'intero mistero della miniserie, dando anche molta importanza all'elemento drammatico correlato allo scambio soprattutto dal punto di vista delle protagoniste (specie di Leni). Sia l'impianto narrativo che quello del mistero sono però datati, troppo vecchi e poco convincenti nonostante una serie di plot twist che riescono a rendere la serie tutto sommato piacevole nella sua ridondanza. Grezza e fin troppo anni '00 anche la messinscena, che al netto di un paio trovate d'atmosfera non riesce a reggere il passo con la contemporaneità. Sembra non esserci particolare cura per l'editing e la fotografia, che vive di superficialità priva di virtuosismi di sorta. Sono soprattutto la Monaghan, Matt Boomer e la bravissima Karen Robinson ad alzare il livello della serie sulla sufficienza, anche se i casual viewers più appassionati di mistery thriller troveranno sicuramente intrigante l'intera storia di Echoes, che in effetti rappresenta involontariamente echi passati di serie ben migliori e con voci più originali.
Conclusioni
In conclusione di questa recensione di Echoes sottolineiamo la bontà concettuale della miniserie creata da Vanessa Gazy, che riesce a creare la giusta dosa di fascinazione e interesse nel pubblico più appassionato di genere. Purtroppo tutto questo deve scontrarsi con una messinscena poco elaborata e priva di guizzi, tra anonime regie e montaggio non proprio coevo alla qualità a cui siamo abituati ormai da tempo. Brava Michelle Monaghan nel doppio ruolo delle gemelle Gina e Leni, ma in effetti si poteva fare molto di più.
Perché ci piace
- La fascinazione dei gemelli alla base del racconto.
- Alcune atmosfere azzeccate.
- L'interpretazione di Michelle Monaghan.
Cosa non va
- L'intera parte tecnica, dalla regia al montaggio.
- Diverse scelte narrative poco persuasive.
- Un impegno che poteva essere qualitativamente più profuso.