I geni, i visionari, sono le persone che sono state in grado di vedere le cose prima degli altri, di anticipare il futuro. In una parola, di vedere oltre. Paolo Rossi era questo: vedeva il gioco prima degli altri, cercava di capire prima dove sarebbe andato il pallone, e cosa avrebbe fatto lui. Per questo Palo Rossi, per tutti Pablito, era sempre lì, e sempre prima degli altri. Nella recensione di È stato tutto bello - Storia di Paolino e Pablito, il documentario di Walter Veltroni dedicato al grande campione, in uscita al cinema il 19, 20 e 21 settembre, vi raccontiamo la storia di Paolino e Pablito, il bambino e l'uomo, raccontati da chi gli era vicino e gli voleva bene. Il film di Walter Veltroni è un ritratto pieno di affetto, di nostalgia per un calcio che non c'è più, un'elegia che diventa epica e poi ritorna elegia. Un film a cui si vuol bene, perché la storia di Rossi è la storia di tutti noi.
Paolino: Il bambino che scartava gli ulivi
Paolino, quel bambino gracile che sarebbe diventato Paolo Rossi, rivive nei racconti appassionati del fratello Rossano, una vaga somiglianza e lo stesso modo di parlare di Paolo. La loro giornata era questa: la mattina a scuola, il pomeriggio a giocare a pallone, su un prato con gli ulivi, dove il gioco era anche scartare gli alberi. Già nelle prime partite, il pallone arrivava sempre a lui. Gli dicevano che era fortunato. E lui spiegava a quei compagni una cosa: "io cerco di capire prima dove andrà il pallone, cerco di capire cosa farò dopo che mi sarà arrivato". La chiave del successo di Paolo Rossi è stata proprio questa. Stare al posto giusto al momento giusto. A quattordici anni ecco la chiamata della Juve: ci era già andato il fratello, ma era andata male. E fu proprio lui a convincere i genitori a non precludere a Paolo questa esperienza. All'inizio non va benissimo anche a Paolo. Tre menischi rotti e un braccio rotto. Gioca ancora all'ala. Va in prestito al Como e poi Vicenza, dove G.B. Fabbri lo fa svoltare: lo sposta a centravanti e gli cambia la carriera. Nell'area piccola, Paolo comincia a carpire ogni pallone che arriva.
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Pablito: l'Argentina e poi la Spagna
Paolino diventa Pablito nel 1979. Sono i campionati mondiali che si giocano nell'Argentina dei colonnelli e la squadra dell'Italia arriva tra le polemiche. Paolo Rossi, lanciato da Bearzot a sorpresa, incanta il mondo e l'Italia, già allora, rischia di vincere il mondiale. Quando sembra arrivata all'apice, la carriera di Pablito si ferma ancora, per lo scandalo delle scommesse, quando è al Perugia, che gli costa uno stop di due anni. Paolino torna a Udine, con la maglia della Juventus, e va in gol. Enzo Bearzot lo porta ai mondiali del 1982, in Spagna, contro tutto e tutti. Anche qui l'Italia parte tra le polemiche, davvero feroci. Sappiamo tutti com'è andata. Paolo Rossi ritorna Pablito. Dopo il mondiale gioca delle ottime stagioni alla Juventus, continuando a segnare molto, passa dal Milan e dal Verona. Smette presto, perché le sue ginocchia non ce la fanno più. Così come lascia presto, troppo presto, il nostro mondo.
Quel senso di amicizia
Walter Veltroni ci racconta la storia di Paolo Rossi, prima di tutto con un grande affetto. C'è un senso di amicizia che pervade tutto il film. Veltroni è andato a trovare davvero chi gli voleva bene: il fratello, i compagni della prima squadra di calcio, i compagni, e grandi amici, della squadra più grande in cui Rossi ha giocato, l'Italia del 1978 e del 1982, cioè Cabrini e Tardelli. Veltroni li intervista nell'hotel di Barcellona, dove Paolo Rossi arrivò criticato da tutti e uscì da campione del mondo. Che ci sia questo senso di amicizia lo vediamo anche dalle didascalie: ogni personaggio viene indicato solo con il nome proprio. E così Cabrini e Tardelli sono solo Antonio e Marco, amici. E così, da amici, che Rossi e gli altri festeggiano la vittoria finale: qualche scherzo telefonico, e poi la nottata a parlare in corridoio, fuori dalle loro camere d'albergo. È quello che avremmo fatto noi, da ragazzi, in una gita scolastica.
Elegia, epica e ancora elegia
Ma È stato tutto bello - Storia di Paolino e di Pablito vive anche di un senso di elegia, di poesia, poi di epica, e infine ancora di elegia. Nei racconti di Paolo bambino c'è un senso di nostalgia per un'epoca che non c'è più, e che Veltroni ricostruisce con degli inserti di finzione, in bianco e nero, che provano ad evocare il Paolo Rossi che non abbiamo visto, prima che si accendessero i riflettori su di lui. Poi c'è l'epica, con i Mondiali di Spagna del 1982 che sono quasi un film a sé, un film eroico, ma - a differenza di altri prodotti usciti in questo periodo - non monopolizzano la storia di Rossi. L'elegia ritorna poi, con la commovente parte del finale di partita di Paolo Rossi, che, a differenza di altri, Veltroni sceglie di raccontare, senza paura di lasciar andare le lacrime, con le testimonianze della seconda moglie e delle figlie. La famiglia ha anche concesso delle immagini inedite, private, sull'ultimo periodo di vita di Paolo. A colpire è un videomessaggio mandato a Diego Armando Maradona, a cui Dieguito ha risposto. Pensare che entrambi non ci sono più è davvero triste. Lì su, in cielo, sarà una coppia fantastica: un nove e un dieci, anzi il nove e il dieci, insieme.
Paolo Rossi era simpatico
Ma in È stato tutto bello - Storia di Paolino e Pablito c'è anche molto divertimento. Paolo Rossi, toscano, era simpatico. E tanti aneddoti li ascoltiamo dalla sua voce. Ad esempio, quello sul suo arrivo a Vicenza, e alla firma del contratto, con i due dirigenti che discutevano, davanti a lui, sul suo stipendio, con uno dei due che diceva "come, tutti sti schei?" raccontata dallo stesso Rossi. Ascoltiamo anche la storia di un tassista brasiliano che, parecchi anni dopo Italia - Brasile del 1982, lo portò sulla sua macchina e lo riconobbe. "Paolo Rossi? Scendi dal mio taxi". E ancora, Cabrini che racconta che, al momento di battere il rigore contro la Germania in finale, sente Rossi dietro di lui che gli dice "te la senti?".
Il Presidente Pertini, un momento di Commedia all'Italiana
Ma c'è un momento, nel documentario di Veltroni, che è un vero e proprio film nel film, un momento degno della Commedia all'Italiana. È il momento in cui sale in cattedra Sandro Pertini, allora Presidente della Repubblica. Della partita a carte sull'aereo presidenziale tutti sanno, Ma è meno nota la cena di gala al Quirinale, con Pertini in stato di grazia, che prima dice che avrebbe voluto la mamma di Rossi a cena e poi se la prende con quel calciatore francese che, nel '58, fece il record di gol segnati in un'unica edizione dei mondiali (si tratta di Just Fontaine). È un momento inedito, esilarante, che, come si dice, da solo vale il prezzo del biglietto. Lo vale tutto il film di Veltroni, il racconto della vita di un ragazzo che è diventata la storia di tanti bambini, tanti ragazzi, la storia di un Paese. La storia di tutti noi.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione di È stato tutto bello - Storia di Paolino e Pablito, il documentario di Walter Veltroni è un ritratto pieno di affetto, di nostalgia per un calcio che non c'è più, un'elegia che diventa epica e poi ritorna elegia. Un film a cui si vuol bene, perché la storia Rossi è la storia di tutti noi.
Perché ci piace
- L'affetto e la poesia con cui viene raccontato non solo il campione, ma l'uomo.
- La ricchezza di materiali, alcuni dei quali veramente inediti, scelti per raccontare Rossi.
- Il senso di amicizia che pervade il film, insieme a quello di nostalgia per un calcio che non c'è più.
Cosa non va
- Ad alcuni il film potrebbe sembrare troppo sentimentale.