L'esordio sugli schermi della Rai di Atlas Ufo Robot fu un piccolo ma significativo shock culturale, per i telespettatori italiani. Provate solo a immaginare l'apparizione, in un "cartone animato", di un eroe fantascientifico, che combatteva furiosamente contro malvagi invasori a chi era abituato all'animazione classica della Disney o di Hanna & Barbera, tutta buoni sentimenti e divertimento per bambini.
Invece in quella mezz'oretta si susseguivano scontri, combattimenti, tradimenti e - persino - morti. C'era una narrazione rutilante, fatta di epicità e dramma; c'era una colonna sonora possente, opera del veterano Shunsuke Kikuchi; c'era un protagonista straordinariamente (super) umano e una incredibile e invincibile macchina da combattimento. E poco importa che il livello delle animazioni non fosse neanche lontanamente paragonabile ai capolavori Disney, o che i disegni mostrassero in più di qualche circostanza imprecisioni, ingenuità e trucchetti spiccioli (come la reiterazione continua di intere sequenze, tanto per risparmiare un po'). Quello che importava era che ci fossero dei cattivi cattivissimi, un po' di personaggi buffi che stemperavano la tensione e, soprattutto, un super robot che dispensava giustizia a colpi di magli perforanti e alabarde spaziali. Ne sarebbero venuti altri, di robot così. Tanti. L'inizio di una nuova era, insomma.
Nella fantasia infantile, era bello pensare che tutti questi nuovi eroi si conoscessero tra loro, per cui quando si scoprì che, sì, insomma, in qualche modo era davvero così, le speculazioni più azzardate e i sogni più sfrenati trovarono in qualche modo una conferma. In fondo, se al cinema avevo visto combattere insieme Mazinga e Goldrake, cosa mi impediva di sperare di vedere fianco a fianco Gundam e Jeeg? O Daitarn e Trider? (Cosa che sarebbe poi effettivamente successa, ma ne riparleremo). Il meccanismo è piuttosto simile a quello dei super-eroi americani Marvel e DC, che condividono gli stessi universi narrativi. E, come per le infinite diatribe che farebbero la felicità dei ragazzi di The Big Bang Theory, anche per i robot giganti giapponesi ci si può lanciare in arditissime discussioni uber-nerd. Con il ritorno sugli schermi cinematografici italiani dei Super-Robot di Go Nagai, con Le Notti dei Super Robot - Parte I e Parte II il 24 Novembre e 2 Dicembre, se per caso all'uscita del cinema vi trovaste coinvolti in una di queste discussioni - o se volete iniziarne una voi stessi, magari - eccovi una serie di domande e risposte, tra il serio e il faceto, che vi consentiranno di fregiarvi del titolo di "Vero Esperto di Robottoni".
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1) QUAL È IL ROBOT PIÙ FORTE?
Iniziamo subito con la più classica delle domande. A cui, ovviamente, non è così semplice dare una risposta. Per capirci: provate a chiedere a due geek fumettofili chi è più forte tra Hulk e la Cosa o, peggio ancora, tra Thor e Superman e poi allontanatevi quel tanto che basta per evitare scintille e oggetti volanti vari. Parlando di meri dati tecnici, il più potente dei robot "classici" è probabilmente il Grendizer, che surclassa - e di parecchie misure - sia i "fratellini" Mazinger Z e Great Mazinger sia i Getter. Allargando il giro anche agli altri robot, impossibile non citare gli apocalittici Ideon di Tomino (capace di devastare un intero universo), il Rahxephon, e i colossali Getter Emperor e il Tengen Toppa Gurren Lagann, che usa le galassie come armi da lancio. Ma, come in ogni contest del genere che si rispetti, ci sono troppe variabili in gioco per definire la questione una volta per tutte per cui, se avete un vostro preferito, potete tranquillamente considerarlo "il più forte di tutti".
2) QUANTO SONO ALTI/DI COSA SONO FATTI/COME SONO ALIMENTATI/Ecc.?
Per ogni domanda di tipo squisitamente "tecnico" troverete risposta negli speciali legati ai principali robot di Go Nagai!
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3) MA DAVVERO IL MAZINGER Z È ALTO 18 METRI E IL GETTER G 50? MA SEMBRANO ALTI UGUALI!
Già, e non è tutto. Provate a immaginare vicini il Jeeg, alto solo 9 metri, e il titanico Daitarn 3, che arriva a 120 metri (diadema incluso). In effetti c'è una certa discrepanza tra i dati tecnici "ufficiali" e la resa grafica dei super robot. Ma, anche in questo caso, l'attenzione non è tanto sul realismo (parliamo di giganteschi automi metallici ingegneristicamente impossibili, alla fine) quanto sull'effetto emotivo voluto dagli autori. In questo caso, almeno, le dimensioni non sono tanto importanti. Basta poter immaginare che siano tutti enormi.
4) PERCHÉ I PILOTI URLANO I NOMI DELLE ARMI?
Risposta seria: si rifà in parte alla tradizione del kiai, l'urlo che nelle arti marziali accompagna l'attacco, potenziando il colpo con l'energia interiore del combattente. Allo stesso modo, annunciare il colpo è parte integrante del combattimento all'arma bianca come viene tramandato nelle scuole di kendo. Unite la componente esotica dei nomi inglesi, molto trendy negli anni '70 in Giappone, e il gioco è fatto.
Risposta da Vero Intenditore: perché le armi dei super robot funzionano ad attivazione vocale.
5) QUANTO È COMPLICATO PILOTARE UN SUPER ROBOT?
Una volta capite le basi, molto poco. Un paio di leve, un manubrio e qualche pulsante. Il robot fa quasi tutto da solo. Tuttavia un fisico ben allenato e la conoscenza delle arti marziali aiutano. E molto.
6) COME MAI QUANDO I NEMICI COLPISCONO IL ROBOT SI FA MALE IL PILOTA?
Questa è difficile. Di solito i colpi di raggi energetici (scariche elettriche, termiche e quant'altro), hanno effetto anche sul fisico del pilota. I colpi "fisici", invece, provocano un contraccolpo che il pilota apparentemente subisce in pieno. Anche se sarebbe lecito supporre che la cabina di pilotaggio dovrebbe essere schermata, debitamente isolata e dotata di smorzatori inerziali. Ma d'altra parte ci sono voluti decenni e un intero universo alternativo per avere le cinture di sicurezza sui sedili dell'Enterprise, quindi... Ma, ovviamente, si tratta di "licenze poetiche", dato che l'obiettivo è quello di trasmettere allo spettatore una connessione profonda, quasi trascendentale, tra pilota e mezzo, tra eroe umano e eroe robotico. Il pilota avverte il "dolore" inflitto al suo robot perché, in quel momento, il pilota è il suo robot. Se all'inizio questo elemento era puramente metaforico (Koji/Mazinger) con il passare del tempo questo interessante elemento narrativo è stato affrontato in diverse chiavi: dal pilota che "diventa" il robot, o almeno una parte di esso -Hiroshi/Jeeg, Takeru+Mai/Gakeen, Guy/GaoGaigar-. Per estensione anche i robot "reagiscono" ai colpi subiti con movimenti e posture che imitano quelli di un normale essere umano. In altre parole: anche i robot soffrono, se li colpite.
7) PERCHÉ KOJI NON MOLLA QUEL DISCHETTO VOLANTE PER USARE IL MAZINGER Z?
Una delle domande più gettonate su Grendizer riguarda il motivo dell'ostinazione di Koji Kabuto a salire su quel piccolo disco volante giallo anziché utilizzare il Mazinger Z per dare man forte a Duke Fleed. La risposta è legata al fatto che il disco volante, il TFO, è il primo progetto interamente progettato e realizzato da Koji e, si sa, il primo amore non si scorda mai. Inoltre non è che Grendizer avesse bisogno più di tanto di aiuto per combattere Vega. Quando viene il momento di fornire effettivo supporto al Grendizer, Koji piloterà il Double Spacer, che ha la stessa potenza d'attacco del Mazinger Z e, in più, può sommare direttamente questa forza al Grendizer, migliorandolo ulteriormente. Un vantaggio tattico non indifferente.
8) PERCHÉ I CATTIVI INVECE DI MANDARE UN MOSTRO ALLA VOLTA NON FANNO UN ASSALTO DI MASSA?
La risposta seria è: perché la struttura narrativa è quella del "mostro della settimana", gioia e tormento della narrazione seriale da che mondo televisivo è mondo televisivo.
Quella più nerd prevede diverse possibilità: tanto per cominciare non è vero che "ne mandano solo uno alla volta". In diverse circostanze a tentare di far fuori il robotico eroe arrivano due, tre o più mostri contemporaneamente. Poi spesso i nemici usano quella che loro credono la loro "arma definitiva" (ovvero il candidato settimanale alla sconfitta) non appena finiscono di realizzarla, e spesso senza neanche testarla a dovere. E comunque sappiamo bene che non importa quanti avversari gli scaglino contro: il nostro eroe non sarà mai sconfitto (più o meno). Male che vada arriva la versione più potente, o la nuova arma finale appena completata, a salvare capra e cavoli.
9) PERCHÉ I GIAPPONESI LO CHIAMANO GRENDIZER?
Attenzione: risposta ad alto contenuto polemico. Non è che "i giapponesi lo chiamano" Grendizer. Il robot si chiama Grendizer. Così come i nomi corretti sono Mazinger Z, Great Mazinger, Koji Kabuto (anzi: Kabuto Koji, se proprio vogliamo fare i super-precisini), Double Spacer eccetera eccetera.
Nel 1977 la serie giapponese "Ufo Robot Grendizer", avanguardia di un'intera produzione animata fino ad allora praticamente sconosciuta in occidente, fu acquistata dai francesi. La società che si occupò dell'adattamento, la Interfilms, commissionò il lavoro all'attore Michel Gatineau sul principio, ben conosciuto, che vede la poca simpatia dei francesi nei confronti di nomi e parole non francesi.
Ragion per cui alla trasmissione sull'emittente Antenne 2 tutti i nomi giapponesi furono cambiati, trasformando Daisuke Umon in Actarus (visto che "Arcturus" era considerato poco elegante), Gennosuke Umon in Procyon (che invece...), Fleed in Euphor e così via, in un pittoresco quanto straniante delirio astronomico ideato dalla compagna di Gatineu, Anne, che noi italiani abbiamo ereditato par paro al momento dell'adattamento italiano per la trasmissione sulla Rai.
Da lì in poi la pratica di ribattezzare personaggi, mezzi e colpi speciali è diventata purtroppo la norma. Un po' perché c'era effettivamente una scarsissima familiarità con traduzioni, nomi e pronunce nipponiche; un po' perché era molto più semplice "Maglio perforante" rispetto a "Screw Crusher Punch"; un po' (tanto) perché alla fine il concetto di "rispetto dell'opera originale" non era ancora abbastanza radicato, soprattutto su prodotti così "commerciali" come i cartoni animati giapponesi, e modificare i nomi era autarchica pratica comune. Quarant'anni dopo, in piena globalizzazione, tutti questi concetti sono superati e ormai l'unica ragione che resta per continuare ad accanirsi su adattamenti/traduzioni sbagliati è solo un anacronistico attaccamento al passato. In alcuni casi deleterio, come per esempio è successo con la perdita di continuità della storia del personaggio cambiando il nome di Koji/Ryo/Alcor; altre volte semplicemente, meravigliosamente trash come "Daimos, il figlio di Goldrake", film d'animazione su un altro robot gigante, Toshoo Daimos, passato con questo pittoresco nome sugli schermi italiani (e, giusto per la cronaca: no, Daimos non è il figlio di Goldrake). Usiamo i nomi originali, per favore.
10) MA QUINDI ALCOR E IL PILOTA DI MAZINGER Z SONO LA STESSA PERSONA?
Sì. Ormai dovrebbero saperlo anche i sassi, ma... sì.