L'onda lunga che ha travolto il box office natalizio statunitense battendo il mucciniano La ricerca della felicità e il nuovo Rocky Balboa arriva anche in Italia. Una notte al museo, interpretato dal feticcio comico-demenziale Ben Stiller, esce venerdì nelle sale e sarà curioso vedere se una pellicola dall'immaginario così intrinsecamente americano riuscirà a ottenere lo stesso successo anche nel nostro paese, soprattutto a ridosso dell'overdose di comicità pecoreccia tipica degli italici cinepanettoni. Per il momento Una notte al museo ha incassato quattrocento milioni di dollari, di cui più della metà negli USA, mantenendosi saldamente ai primi posti della classifica del box office a più di un mese dall'uscita. Cifre non inusuali quando c'è di mezzo Ben Stiller, basti pensare a Ti presento i miei, o al fortunato sequel Mi presenti i tuoi?, numero ventinove nella classifica dei migliori incassi di tutti i tempi.
Nonostante questi successi economici, la presenza del comico di origine ebraica nel cast di un film non è sempre stato sinonimo di grandi incassi anche fuori dagli Stati Uniti: basti a pensare alle due pellicole più marcatamente stilleriane, Zoolander e Palle al balzo, record in patria, passate quasi inosservate in Italia. Ecco perché si attende con curiosità l'uscita italiana di Una notte al museo, ibrido tra fantasy e commedia, più vicino a Jumanji che ai precedenti lavori surreal-demenziali di Stiller, condito con una spruzzatina di La mummia e Jurassic Park, che dalla sua vanta un cast notevolissimo in cui spiccano Robin Williams, Owen Wilson e tre monumenti della old Hollywood quali Mickey Rooney, Dick Van Dyke e Bill Cobbs.
Scelta atipica quella di Ben Stiller che, per la prima volta, sceglie di avventurarsi nel campo della commedia fantastica diretta a un target molto più giovane rispetto al suo pubblico abituale, rubando la scena al collega Robin Williams che invece, fin dagli esordi, ha sempre frequentato il genere fantastico e i film per famiglie. Diverso il caso di Stiller che si è imposto all'attenzione del grande pubblico come interprete di uno dei film più politicamente scorretti e disgustosamente demenziali quale Tutti pazzi per Mary, inaugurando la serie infinita di gag basate su parodie di caratteri, nonsense, interazioni "atipiche" con cani, gatti e furetti, precipitose entrate e uscite dai gabinetti, situazioni surreali con scontri fisici e liquidi corporei a volontà. Dalla sua Stiller ha, rispetto ad altri comici, una fisicità non codificata che gli evita di restare intrappolato in un tipo ben definito (a differenza del paffuto rockettaro Jack Black) permettendogli di passare agevolmente da un ruolo all'altro. L'aspetto ordinario da uomo medio, i capelli brizzolati, il volto mobile con quello sguardo lievemente stralunato lo rendono credibile come marito premuroso, assicuratore nevrotico o rabbino innamorato senza farlo sfigurare anche in ruoli non prettamente comici, come nel cinico Amici e vicini di Neil LaBute o in Permanent Midnight.
Attualmente Stiller condivide con Adam Sandler la palma di comico demenzial-popolare più noto e richiesto dalle produzioni, denunciando una filiazione diretta col Jim Carrey degli esordi, prima che The Truman Show e Man on the moon ne rivelassero lo straordinario talento recitativo accantonando l'etichetta esclusiva di uomo dalla "faccia di gomma". Se la personalità di Carrey è, però, talmente debordante da personalizzare indelebilmente ogni pellicola che lo vede protagonista, Ben Stiller riesce ad amalgamarsi perfettamente con i partner sul set dando a vita a sodalizi professionali particolarmente felici, a cominciare da quello inossidabile con l'amico fraterno Owen Wilson, passando per l'inedito duo sentimental religioso di Tentazioni d'amore insieme a Edward Norton, fino all'esilarante connubio con le partner Drew Barrymore e Jennifer Aniston. Figura di spicco del "Frat Pack", così la critica, sulla scia del più famoso Rat Pack, ha rinominato il gruppo di attori e registi che dominano l'ondata comica del nuovo millennio, che annovera i due fratelli Wilson, Will Ferrell, lo stesso Jack Black, Steve Carell e Vince Vaughn, negli ultimi anni è diventato addirittura onnipresente sul grande schermo girando una media di quattro-cinque pellicole l'anno senza guardare troppo per il sottile col risultato di realizzare guadagni notevoli e accrescere la propria fama, attirandosi contemporaneamente critiche negative per la pochezza degli script e per la comicità grossolana. Lo stesso Una notte al museo, nonostante gli incassi stratosferici, è stato stroncato quasi all'unanimità dalla stampa USA.
Così mentre Adam Sandler sceglie più oculatamente i film da interpretare affrancandosi dalla comicità più scontata e becera con la risata d'autore di Ubriaco d'amore, anche se poi nelle vesti di produttore ci propina i penosi Cocco di nonna, Gli scaldapanchina e Deuce bigalow: puttano in saldo, il superlavoro di Stiller lo porta ad alternare pellicole di grande impatto (come non ricordare il geniale Zoolander di cui Stiller è anche regista) a lavori dall'esito traballante che sembrano non convincere fino in fondo (E alla fine arriva Polly, Starsky & Hutch, il pesantissimo flop de Il rompiscatole). Poco importa al pubblico se la critica non ama alla follia i film di Ben Stiller. Sta di fatto che quel misto di arguzia e irriverenza, l'originalità e la poliedricità delle sue scelte, quel fare nevrotico e impacciato ereditato dal maestro Woody Allen, hanno fatto breccia nel cuore del pubblico e ogni pellicola interpretata dall'attore newyorkese riscuote ampi consensi. Vedremo se anche l'Italia si lascerà definitivamente catturare dall'eclettismo dell'irresistibile Ben.