Arrakis è pronto a ospitarci di nuovo. Non era per nulla scontato, dati i primi incassi di Dune - Parte Uno nel 2021, ma alla fine, complici una chiusura economica adeguata e un responso quasi plebiscitario della critica, il progetto cinematografico di Denis Villeneuve ha ottenuto il semaforo verde per continuare. E meno male, aggiungiamo noi, perché da quello che si può ammirare nel primo e promettente trailer di Dune - Parte Due avremmo potuto perdere l'occasione di immergerci ancora più a fondo in uno dei migliori adattamenti sci-fi degli ultimi anni, meditato, autoriale, profondamente compiaciuto dei suoi tratti stilistici e formali.
Quella di Dune è infatti una produzione complessa soprattutto in termini d'investimento e ritorni, che però vuole mostrare come l'epopea spaziale possa anche oggi, nell'epoca del mainstream senza voce, avere ancora una propria dimensione espressiva modulata secondo fedeltà traspositiva e ispirazione immaginifica. Dopo averci trasportato nei deserti del pianeta della Spezia, Villeneuve è adesso pronto a farci vivere come Fremen e sperimentare i loro usi e costumi, disvelando personaggi e segreti dell'Impero e imbastendo il terreno la nascita del Kwisatz Haderach, il vero Messia di Dune.
Guerra Santa
A inizio trailer vediamo Paul Atreides (Timothee Chalamet) raccontare a Chani (Zendaya) la bellezza di Caladan, suo pianeta d'origine. Sono seduti su una delle tante dune di Arrakis e Paul parla alla ragazza di una distesa d'acqua a perdita d'occhio dove tuffarsi, svelandole l'esistenza del mare. Ma la sabbia è la sola cosa che conoscono i Fremen e l'acqua il bene più raro e prezioso, per cui Chani fatica a crederci. Dovremmo essere a poche settimane o mesi di distanza dalla fine del primo capitolo, quando Paul e la madre Jessica (Rebecca Ferguson) vengono salvati da Stilgar (Javier Bardem) e dai suoi uomini e condotti fino al Sietch Tabr, comunità e luogo sicuro della tribù dei Fremen. Almeno per quanto riguarda il re-setting iniziale del film, il Sietch avrà un'importanza cardinale all'interno della Parte Due, destinata ad approfondire usanze e legami del popolo della sabbia e raccontare l'integrazione e l'evoluzione di Paul e Jessica all'interno di questa straordinaria comunità.
Essendo un teaser, il trailer punta molto a impressionare sul piano estetico rispetto a quello dei contenuti, di cui in verità - per chi non ha letto il romanzo di Frank Herbert - latitano persino coordinate o minime spiegazioni. Proviamo allora a tracciare una linea. Fondamentale è sapere che la narrazione nel libro subisce un salto temporale di qualche anno appena dopo l'arrivo di Paul e Jessica al Sietch, cosa che accadrà probabilmente anche nel film. Due i fronti principali: quello al Sietch, con la crescita di Paul come Fremen e Kwisatz Haderach e il percorso di Jessica per divenire Reverenda Madre, e quello più ampio dedicato alle mire e alle strategie degli Harkonnen, dell'Imperatore Shaddam IV (Christopher Walken) e della Principessa Irulan Corrino (Florence Pugh), due delle più importanti new entry. Da un lato si prepara una rivoluzione di stampo religioso e galattico, una vera guerra santa destinata a sovvertire lo status quo inter-planetario, dall'altra si cerca di capire se la Casata Atreides sia realmente scomparsa o se nell'ombra di Arrakis si muova una minaccia silenziosa pronta a distruggerli.
Considerando la lunghezza del romanzo originale, Dune - Parte Due dovrebbe completare per intero la trasposizione del primo romanzo del Ciclo di Dune, con un'eventuale e probabile Parte Tre che invece dovrebbe adattare il secondo libro del Ciclo, Messia di Dune, dove in verità termina realmente la storia di Paul. Il teaser in verità confermerebbe la cosa con la scena del combattimento tra il protagonista e il Feyd-Rautha Harkonnen di Austin Butler (che c'è proprio nella battute finali del romanzo), forse il personaggio più atteso del film e già interpretato nel Dune di David Lynch dall'iconico Sting. Qui lo vediamo molto più fedele al look Harkonnen descritto su carta, completamente glabro e pallido, anche in compagnia della perfida Lady Margot Fenring (Lea Seydoux), che in realtà dovrebbe avere molto più spazio altrove, nel ciclo Preludio di Dune, motivo per cui pensiamo che potrebbe tornare in una successiva stagione della serie tv Dune: The Sisterhood attualmente in lavorazione.
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Marchio di Fabbrica
Quello che colpisce e convince è la cura per i dettagli. Si percepisce la volontà di Villeneuve di puntare a uno spettacolo mastodontico e di qualità che riesca però a superare l'intera parte introduttiva e obbligata del primo film, entrando dunque a gamba tesa nelle più concrete dinamiche d'azione ed esistenziali che nobilitano da quasi 60 anni l'opus magnum di Herbert. Visivamente torna ad essere mozzafiato, specie nelle sequenze che più di altre sono in qualche modo già note e attese nella loro nuova veste cinematografica. Impossibile non citare la scena della prima cavalcata di Paul del chilometrico Shai-Hulud delle sabbie o il già anticipato combattimento contro l'erede Harkonnen. In entrambi i casi si avverte una cura maniacale dell'immagine e una gestione epica e drammatica dei toni, che devono essere insieme elevati e mainstream.
In realtà questa sensazione gravita attorno a tutto il teaser trailer, anche nel solo modo di presentarci nuovi protagonisti e vecchie conoscenze come ad esempio il ritorno di Gurney Halleck (Josh Brolin). Quello dell'autore canadese è un cinema di genere che sa imprimersi e che dà spazio ai pensieri e all'interiorità dei protagonisti anche quando produce intrattenimento e impalca un worldbuilding strabiliante, dedito al racconto e ai suoi risvolti, alla pulizia delle inquadrature, a una costruzione il più concettuale e mirata possibile dell'adattamento, faticosa e impressionante.
Quello che traspare dal teaser di Dune: Parte Due è proprio questa passione che diventa bisogno di esprimere il proprio amore per un'opera intramontabile e complessa sotto una visione cristallina e rispettosa del materiale herbertiano, compassando i tempi del racconto per non accelerare i battiti dell'epos e distruggere così la graduale e puntigliosa costruzione di un film memorabile. Insomma, il coltello stilistico di Villeneuve sembra non volersi né scheggiare né spezzare, levandosi invece al cielo e richiamando con furore tutti i seguaci del suo lavoro, cinefili o casual viewers Fedaykin che non vedono l'ora di ammirare sul grande schermo il destino di Paul e di Arrakis.