Sullo schermo è stato spesso un uomo d'azione tormentato, Tim Burton invece l'ha trasformato in un padre senza più certezze: in questa intervista a Colin Farrell abbiamo parlato con l'attore di Dumbo, live action del classico Disney datato 1941, è Holt Farrier, cowboy del circo gestito da Max Medici (Danny DeVito), che al suo ritorno dalla guerra scopre di aver perso, oltre a un braccio, anche la moglie, morta lasciando due figli, Millie (Nico Parker) e Joe (Finley Hobbins).
Dumbo, nelle sale dal 28 marzo, è quindi, come il film d'animazione, anche una storia di perdita: il personaggio di Colin Farrell ne è una metafora letterale, perché quando qualcuno che amiamo ci lascia sembra quasi di aver perso una parte del nostro corpo. Come si fa a sentirsi di nuovo interi dopo un dolore del genere? La risposta è difficile, soprattutto per l'attore, che abbiamo incontrato a Londra, al junket europeo del film: "Non lo so. Non sono sicuro di come le persone affrontino la perdita: devo ancora passare per questo grande tipo di dolore, perché ho ancora fratelli, entrambi i genitori, ho dei figli che per fortuna sono vivi e in salute. Quindi devo provare questo sentimento: ci passerò, come tutti. Le persone però sopravvivono alla perdita: anche se da quello che ho visto ci sono delle perdite che non si superano mai. Non si tratta di chiusura, ma di imparare a convivere con la perdita e con il peso del dolore. Fa parte del nostro percorso di esseri umani."
Il film di Tim Burton - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Dumbo - è inoltre anche una riflessione sull'essere diversi: Dumbo viene deriso per le sue orecchie giganti, quelle stesse orecchie che gli permettono di volare ed essere speciale. Come si fa accettarsi quando gli altri ci ricordano costantemente che abbiamo qualche mancanza, magari anche in modo cattivo? I social media oggi sono un circo costante: "Le persone possono essere molto crudeli. Anche tu guardi on-line? Oh no! Dobbiamo fondare un gruppo di supporto" ci ha detto scherzando Farrell, proseguendo: "Onestamente credo che chi dice o fa una cattiveria non sia contento di se stesso: sul serio. Lo so che è la cosa più ovvia da dire, lo fanno perché non si piacciono, ma credo sia vero. È psicologia spiccia, ma ci prende. Se qualcuno ti dice una cosa cattiva online, nascondendosi dietro lo pseudonimo di Maglite62, o qualsiasi cosa sia, probabilmente non se la passa bene. Non sto dicendo che dobbiamo essere contenti che non sia felice, ma sappi che la sua crudeltà nei tuoi confronti probabilmente viene da qualcosa di brutto che gli è stato fatto. Perché una cattiveria che fai a un altro inconsapevolmente la fai a te stesso. Quindi lasciali perdere, non significano nulla per te. Auguragli il meglio e sappi che sono tristi."
Colin Farrell il saggio
A volte però rimanere calmi di fronte a insulti e provocazioni è molto difficile, proprio come per i protagonisti del film: come si può combattere per ciò che riteniamo giusto senza rispondere alla violenza con altra violenza? Per Colin Farrell: "Per me è facile parlare perché non mi maltrattano regolarmente... Non so. So che qualcuno, se vede un atto di violenza compiuto nei confronti di chi ama, sente di dover reagire, e dovrebbe essere in grado di fermarsi e non vendicarsi. Questo dovrebbe accadere centinaia e centinaia di volte per permetterci di coesistere in modo pacifico. Ma è difficile, soprattutto parlando da una posizione privilegiata."