Dreams (Sex Love), recensione: un infinito voice-over per concludere la trilogia di Dag Johan Haugerud

Il regista norvegese racconta l'idealizzazione sognata dell'amore giovanile in un film che preferisce le (troppe) parole alle emozioni. Orso d'Oro a Berlino. Al cinema dal 13 marzo.

Ella Øverbye, protagonista di Dreams

La carne, il pensiero, il sentimento. Dag Johan Haugerud chiude la sua ideale trilogia cinematografica spostando l'attenzione verso l'idealizzazione dell'amore agganciata all'archetipo del sogno. Lo fa attraverso l'intelletto e attraverso la parola. Una parola scritta e orale. Sotto, il fervente cuore di una Norvegia scaldata dalla fotografia caldissima di Cecilie Semec, andando a creare un contrasto, tuttavia, dottrinale.

Dreams Foto
Ella Øverbye e Selome Emnetu

Presentato al 75esimo Festival del Cinema di Berlino, con tanto di Orso d'Oro alla miglior pellicola, Dreams (Sex Love) è allora un doppio esempio: cartina al tornasole della temperatura dei festival, nonché accentuata rimostranza di quanto il cinema europeo sia, a volte, fin troppo concentrato sull'idea più che sulla pratica, dissipando spunti e valori. Del resto, non è un segreto dire che l'ultima Berlinale non sia stata tra le più memorabili (con più o meno velate accuse alla nuova direttrice Tricia Turtle, rea di non aver espresso al meglio l'identità del festival), e la vittoria di un film come Dreams ne è la dimostrazione: un'opera certo umana e certo intima, ma quasi rimpicciolita. Talmente piccola che sfugge, risultando quasi intangibile.

Dreams: l'amore giovanile

Dreams Momento Del Film
Ella Øverbye è Johanne

Dreams (con il titolo originale Drømmer) segue essenzialmente l'infatuazione della diciassette Johanne (Ella Øverbye) per la sua insegnante di francese Johanna (Selome Emnetu). Divario d'età, i ruoli incompatibili, il giudizio famigliare. Se la relazione sembra impossibile, Johanne non si scoraggia ed accentra tutti i suoi pensieri nei confronti della professoressa dalla vena artistica (insomma, la classica insegnate che fa girare la testa ai propri studenti: concetto nobilitato con intelligenza e delicatezza dal regista). Una marcata idealizzazione da parte della ragazza, convinta che anche la prof Johanna abbia un interesse ricambiato. Ma se Dreams è un film dettato (letteralmente) sulle parole, Johanne si ritroverà con il bisogno di esternare i propri sentimenti. Con chi? Con la nonna materna Karin (Anne Marit Jacobsen).

Un voice-over che non lascia scampo

Come già visto in Sex e Love, anche in Dreams il luogo svolge un ruolo chiave: Oslo collega lo sguardo della protagonista, nel pieno della formazione sentimentale. Un coming-of-age a tutti gli effetti, la rappresentazione del primo amore, e del tumulto fisico e psichico che ne deriva. Haugerud, mosso da un fortissimo sentimento, si affida però ad un invasivo voice-over che irrompe sulle immagini, creando un certo disaccordo tra il pensiero della protagonista e la nostra partecipazione alla sua meravigliosa infatuazione. Un voice-over serrato e illustrato, che analizza ogni passaggio interiore della protagonista, senza lasciar mai lo spazio ad una lettura meno formale, e quindi più libera rispetto all'emblematico titolo scelto. Di conseguenza, i pensieri di Johanne fungono da struttura ripetitiva di una narrazione che si rifà al prospetto adolescenziale, spalancato verso una costante coltivazione del sogno.

Dreams Immagine
Riunione di famiglia

I sogni appena nati e i sogni irrealizzati (come quelli della nonna, o della mamma interpretata da Ane Dahl Torp), i sogni da accarezzare e i sogni da condividere. Uno strato fiabesco, quasi illusorio, che segue il profilo scenico di Dreams, risuonando meno incisivo e più sospeso, rigirando su se stesso fino ad un finale allungato che morde l'attenzione: se il cinema sembra non considerare più i novanta minuti, anche Dag Johan Haugerud si lascia trasportare esagerando con la durata. Certo è, se il debito dell'autore norvegese nei confronti della trilogia dei Colori di Kieslowski è palese (per favore, diteci qualcosa che non sappiamo), il meglio della conversazione intavolata da Dreams arriva dalla colonna sonora nu jazz di Anna Berg, che traduce - molto meglio delle mille parole - le emozioni di una ragazza innamorata.

Conclusioni

Dag Johan Haugerud chiude la sua trilogia vincendo L'Orso d'Oro alla Berlinale, con un romanzo di formazione tuttavia fin troppo minuto, e avvolto da una fitta coltre di parole in voice-over che rendono la visione poco spontanea. Il debito nei confronti di Kieslowski risulta fin troppo marcato, e la durata complessiva sembra sfidare l'attenzione: un minor metodo avrebbe reso forse più forte la libertà sentimentale rimarcata e sintetizzata in uno splendido amore giovanile.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La colonna sonora di Anna Berg.
  • Il cast funziona.
  • L'emotività della prima storia d'amore...

Cosa non va

  • ...sovrastata però dalle troppe parole.
  • Il voice-over non aiuta.
  • Dura venti minuti di troppo.