Con Don't Worry, He Won't Get Far on Foot, Gus Van Sant torna a toccare il cuore del pubblico. Sarà merito del biopic, genere in cui l'autore americano dimostra di sentirsi a proprio agio, o della complicità di Joaquin Phoenix, che fornisce l'ennesima incredibile performance, ma dopo la visione del film il palmares berlinese non sembra più così lontano. Parlando del film, Gus Van Sant ci tiene a raccontare l'origine del progetto poiché coinvolge un caro collaboratore che oggi non è più tra noi, il compianto Robin Williams. "John Callahan era un personaggio che conoscevo bene, molto familiare a Portland, Oregon, negli anni '90. Robin Williams, che ho diretto in Will Hunting - Genio ribelle, aveva opzionato il romanzo autobiografico di Callahan. Abbiamo lavorato insieme alla sceneggiatura, poi il tempo è passato e non siamo riusciti a realizzare il progetto insieme. Christopher Reeve, amico di Robin, era diventato tetraplegico e avrebbe voluto davvero interpretare il ruolo di John".
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Dopo la morte di Reeve sono passati molti anni prima che Gus Van Sant riuscisse a dare forma al suo biopic realizzando una pellicola toccante e divertente. "Ho cercato di essere il più vicino possibile ai fatti narrati nel libro" chiarisce il regista. "La differenza è che l'autobiografia di Callahan fornisce molte più informazioni. Noi ci siamo limitati a raccontare il recupero e il momento in cui diventa un cartoonist professionista".
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Uno sguardo (auto)ironico sulla disabilità
Per un ruolo delicato come quello di John Callahan, Gus Van Sant ha deciso di rivolgersi a uno degli attori più talentuosi e "difficili" in circolazione, Joaquin Phoenix, che aveva già diretto 25 anni fa in Da morire. L'aria di Berlino non sembra aver spazzato via l'idiosincrasia di Joaquin nei confronti della stampa. Dopo essere apparso sorridente e rilassato al photocall, alle prime domande della stampa Joaquin inizia a dare segni di insofferenza rispondendo con difficoltà, chiudendo gli occhi come se volesse dormire e dando le spalle ai giornalisti. "Non riesco a capire perché mi sento così a disagio di fronte ai giornalisti", sbofonchia l'attore in uno dei rari interventi, "vorrei imparare da Gus a rispondere correttamente alle domande". Quando gli viene chiesto se il metodo di regia di Gus van Sant sia mutato in questi 25 anni, Phoenix si consulta col regista e confessa balbettando: "Ci sono alcune qualità di Gus che rimangono inalterate. Ti fa sentire a tuo agio, ci siamo divertiti molto a girare questo film. Non capita sempre, ma lavorare con lui è grandioso".
Nei panni di John Callahan, Joaquin Phoenix si dimostra un'interprete straordinariamente duttile. A una notevole performance fisica, si accompagna un lavoro di introspezione nel ruolo di un alcolista che convive con i propri demoni finché questi non lo divoreranno. "Come mi sono preparato? Nel solito modo. Ho letto il libro tante volte. Gus mi ha mostrato 6-7 ore di video di John che è stato fondamentale per permettermi di assimilare i suoi movimenti. Il corpo di ogni tetraplegico reagisce in modo diverso". Gus Van Sant interviene: "John lo si vedeva sfrecciare per le strade di Portland a venti miglia all'ora. Aveva una sedia a rotelle molto veloce. Non poteva sciare né fare sport e si divertiva così Si divertiva così perché non poteva fare altro. Dopo aver smesso di bere, si è ripreso e si concentrato sulla sua arte". "Il bere era la sua disabilità" chiosa Phoenix.
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Un fumettista politically uncorrect
Gus Van Sant ha preso l'autobiografia di John Callahan restandovi il più possibile fedele ("la maggior parte dei dialoghi era nel libro"), ma il regista non nega che sia comunque presente una parte di invenzione. "John era uno storyteller, romanzava i fatti della sua vita perciò non sappiamo se tutto ciò che racconta nel libro sia vero. Le mie ricerche sui video lascerebbero intendere altro, credo che sia tutto basato sulla realtà, ma lui ha aggiunto un po' di pepe". Il regista mette in luce come lo humor politically uncorrect di Callahan lo rendesse un personaggio scomodo, amato da molti e criticato da altri. Era ciò che lui voleva. Sono stato democratico nello scegliere i fumetti da mostrare. John amava la risposta del pubblico, voleva che ridesse, ma anche che criticasse. Voleva provocarlo"_.
Nonostante la dimensione intima e personale, lo sfondo politico di Don't Worry ha un ruolo centrale. John Callahan rimane paralizzato all'inizio degli anni '70 e quando smette di bere sta per iniziare l'era di Reagan. "John parlava spesso di politica nel suo libro" precisa Gus Van Sant "e l'epoca in cui viveva era molto simile alla nostra. Le somiglianze tra quell'amministrazione e l'amministrazione Trump ha influenzato la lavorazione del film". Dopo aver raccontato una storia di redenzione così piena di speranza, Gus Van Sant, Joaquin Phoenix e il tedesco Udo Kier (che compare in un piccolo ruolo) vengono invitati a confessare di cosa sono grati al momento. "Sono grato di essere a Berlino anche se ci sono cose su cui devo lavorare" ammette Gus Van Sant. Udo Kier scherza: "Io sono grato di essere vivo. Gus mi ha scoperto a Berlino quando è venuto a presentare Mala Noche e mi ha voluto in Belli e dannati, che ho fatto per 25 dollari. Ho lavorato con River Phoenix, uno dei più grandi attori, e ora sono felice di recitare col fratello. È un grande onore per me". L'ultimo a rispondere è Joaquin Phoenix: "Odio partecipare ai festival perché devo parlare con la stampa, ma mi è capitato di assistere all'incontro di Gus con i giovani aspiranti registi di Berlinale Talents. Sono grato per questa esperienza, ho imparato molto anche io".