Antonio Banderas è rinato, artisticamente e come essere umano: a dargli una seconda possibilità il suo cuore (due anni fa ha subito un infarto che lo ha molto cambiato) e Pedro Almodóvar, che gli ha regalato il ruolo della vita grazie Dolor y gloria, nelle sale italiane dal 17 maggio, in concorso al 72esimo Festival di Cannes.
Lanciato quasi 40 anni fa proprio da Almodóvar, Banderas e il regista negli anni '80 hanno lavorato moltissimo insieme, per poi separarsi per un lungo periodo, 22 anni, in cui l'attore ha girato e vissuto soprattutto in America. Il riavvicinamento tra i due c'è stato nel 2011 con La pelle che abito, poi un cameo in Gli amanti passeggeri e ora il film Dolor y gloria, in cui Banderas ha una parte davvero speciale, quella dell'alter ego dello stesso Pedro Almodóvar.
Come potrete leggere nella nostra recensione di Dolor y gloria, Salvador Mallo è un regista dalla carriera fortunata, anche se lo stesso non si può dire della sua vita privata: in conflitto con la madre e senza un compagno da tempo, l'artista è tormentato nel corpo da diversi mali, che gli impediscono di affrontare il set come vorrebbe. Il restauro di uno dei suoi film più amati, Sabor, diviene lo spunto per pensare al suo passato e alle figure più importanti della sua vita.
La video intervista ad Antonio Banderas
Antonio Banderas mai così bravo
Per poter interpretare Almodóvar Banderas ha detto che ha dovuto uccidere Antonio Banderas: ce lo ha confermato proprio a Cannes, dove lo abbiamo incontrato: "Siamo tutti cambiati molto, sono quasi 40 anni che io e Almodóvar ci conosciamo. Ho messo sullo schermo molte delle emozioni che abbiamo condiviso in questi anni e abbiamo potuto riflettere sul quel periodo in cui siamo stati completamente separati. Avevamo bisogno di dirci delle cose che non ci eravamo detti e fare cose che non avevamo fatto. Abbiamo tutti un cerchio che non abbiamo chiuso, tutti, perché la gente è connessa emozionalmente. E credo che attraverso il suo lavoro Almodóvar parli della vita, dei ricordi, della madre, dell'amore perduto, degli attori, del cinema, di se stesso".
Il ruolo di Salvador Mallo non è stato affatto facile: "Io non cerco di imitare Pedro nel film: volevo capirlo e dire la verità, decostruirlo da dentro a fuori, senza imitazione delle mani, non mi interessava perché non pensavo fosse necessario. Decostruirlo fino a metterlo a nudo, mettendo in luce piccoli dettagli, perché il Pedro che ho creato è quasi un testimone di se stesso. È una persona con uno sguardo sulle conseguenze delle sue azioni del passato e come come ci è arrivato. Ogni sguardo del personaggio che interpreto è quello del regista. È complesso da spiegare, però, quando lo facevo giorno per giorno, era difficile ma non così tanto. È come quando ricami e non vedi subito tutto il lavoro, poi lo guardi da lontano e vedi quello che hai fatto. Sono dovuto entrare nel suo mondo e lui è entrato nel mio. L'altro giorno Pedro ha detto una cosa molto bella: stavo imitando Antonio che imita Pedro nel suo film".
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La migliore università è il dolore
Il titolo del film è Dolor Y Gloria: la sofferenza è molto presente nel racconto, non solo quella fisica, ma sopratutto quella emotiva. Il dolore è davvero una buona scuola? E per un artista lo è ancora di più? Secondo Banderas sì: "È vero che il dolore è una buona scuola, soprattutto per l'arte. La migliore università è quella del bastone: quando ti picchia con un bastone impari, perché non hai altra scelta. Se il dolore ti provoca una riflessione molto diretta ti aiuta a trovare una via d'uscita. È vero che il dolore insegna molto, non solo per quanto riguarda il cinema: vale anche per pittura e letteratura. È un maestro importante".
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Troppa consapevolezza a volte è un male
Nel film Salvador dice una frase destinata a farsi ricordare, così come la scena in cui viene pronunciata: "Hai riempito la mia vita come niente e nessuno ha mai fatto". Premesso che tutti almeno una volta dovremmo sentirci dire una cosa del genere, ma l'attore aveva coscienza della forza di quel momento? "Sono molte le frasi che avevano una forte risonanza nel momento in cui le recitavo. Ma cerco di sottrarmi a questo, all'importanza di una battuta in un determinato momento, preferisco non pensarci troppo perché altrimenti la intellettualizzi e la distruggi. Cercavo di mantenermi tutto il tempo come credevo che Pedro mi volesse: fresco puro e veritiero, cercando sempre la verità. Le battute venivano naturalmente, con il ritmo della scena. Quando le pronunciavo uscivano nella forma più naturale possibile, senza pensare oh, questa è una grande riflessione e isolarla. Ciò che aiuta meno un attore è la consapevolezza di sé. Non fa mai bene alla recitazione".