Questa volta Davies non si è proprio controllato.
Le aspettative per l'ultimo episodio di Doctor Who sotto l'egida di Russell T. Davies - nonché l'ultimo interpretato da David Tennant - sono state altissime e come era inevitabile che accadesse per il finale di una serie della portata mitica di Who, il risultato ha soddisfatto alcuni e deluso altri. End of Time (la prima parte in onda su BBC1 a Natale 2009, la seconda a Capodanno 2010), l'ultimo speciale di Doctor Who, edizione 2005, racconta l'ultima e più grande sfida del Decimo Dottore (Tenth Doctor, o più semplicemente "Ten"), una sfida anticipata dai precedenti Planet of The Dead e The Waters of Mars sotto forma di una sinistra profezia che contempla l'inevitabile morte dell'Ultimo Signore del Tempo.
Davies è un agguerrito assertore dei finali di stagione iperbolici, caratterizzati da scenari apocalittici e ritorni roboanti di arcinemesi del gallyfreyano - i Dalek, i Cybermen, il Master (il Maestro) -, per questo non stupisce che per l'addio al Decimo Dottore attinga nuovamente al bacino di nemici classici della serie. Il prologo di End of Time esplica la profezia degli Ood - le creature telepatiche simili allo Zoidberg di Futurama introdotte in L'abisso di Satana - parte 1 - sulla quale Ten viene edotto a ridosso della sua realizzazione, rilasciata in ritardo a causa di un Dottore latitante e refrattario ad affrontare l'ennesimo devastante e doloroso scontro.
Il Dottore raggiunge tardivamente gli Ood perché ha indugiato in viaggi "di svago" (per colpa sua la regina Elisabetta I ha perso la ragione del suo celebre soprannome!) e giunge quando la cerimonia per la rinascita del Master è già in corso. Sabotata dalla (ex)moglie Lucy, la resurrezione del folle Signore del Tempo è stata parzialmente invertita, con il risultato che ora questi si aggira - più pazzo e pestifero che mai - per la periferia londinese in cerca di carne umana di cui nutrirsi per rallentare la perdita di energia vitale provocatagli dalla ex signora Saxon.
L'incontro tra il Master e Ten è una vera delizia: in una scena speculare al finale di L'ultimo signore del tempo, il Master abbraccia il Dottore da lui stesso ferito prima che questi cada a terra... per poi mollarlo sull'asfalto e lanciarsi in uno sproloquio che culmina con il primo climax dell'episodio: la scoperta, da parte di Ten, che i battiti nella testa dell'arcinemico non sono un sintomo fantasioso della sua follia, ma sono reali, essi stessi la causa della sua pazzia.
Il Master rifiuta l'offerta di Ten di unirsi per contrastare l'imminente realizzarsi della profezia, presuntuosamente convinto di essere lui stesso il catastrofico evento in arrivo, e anzi ricambia l'offerta di pace del compatriota trasformando tutta gli umani della Terra in... sè stesso. Con la Terra popolata da 6 miliardi di copie del Master, la profezia sembra compiuta nel peggior modo immaginabile per il Dottore (e i poveri umani), ma la minaccia è immensamente più grande e contempla l'annichilimento dell'intero universo.
La prima parte di End of Time regala l'atteso ritorno del Master, ma si conclude lasciando un senso di incompiutezza: un confronto bilanciato tra Maestro e Dottore è invalidato dalla trasformazione del primo in un villain dai superpoteri ancor più irragionevole, e resa impossibile dal suo sdoppiamento in miliardi di individui. John Simm è bravissimo a portare il Maestro a un nuovo livello di follia (con tanto di risata malefica), bulimica e fagocitante, ritenendo sprazzi di una lucidità dolente che rappresenta l'unico momento possibile di confronto tra lui e il Dottore; Tennant dà come al solito del suo meglio nell'alternare brevi momenti di allegria ad altri di nostalgia e rimorso.
Incredibilmente, è proprio l'elemento fantascientifico il punto debole di End of Time: la divertentissima trasformazione dei terrestri in tante copie del Master non basta a salvare l'episodio da elementi narrativi ridondanti, campati in aria e a volte un po' ridicoli come l'"emo" (così lo definisce lo stesso Simm) Master volante e lampeggiante, la macchina aliena riesumata dal nulla in grado di risistemare a livello cellulare qualsiasi organismo vivente, e soprattutto il ritorno finale alla Star Wars dei Signori del Tempo.
Altri riferimenti - che normalmente ci garberebbero tanto - a Guerre Stellari si moltiplicano in The End of Time: Part Two (la battaglia con le torrette, il bar degli alieni che ricorda la Cantina di Mos Eisley), tuttavia è proprio l'epilogo della prima parte a non funzionare: Davies, questa volta, pecca più del solito di megalomania e decide di regalare al pubblico in commiato nientemeno che il ritorno in blocco dei Signori del Tempo. E del Master.
Nella ridondanza degli elementi narrativi introdotti o reintrodotti in End of Time si annichilisce la preziosità di ognuno. Lo sceneggiatore perde l'occasione per fornire un senso di "closure" al rapporto tra Master e Doctor, e contemporaneamente priva la trama relativa al ritorno di Gallifrey del tempo narrativo necessario.
La seconda parte di End of Time regala, infatti, un'altra bella scena di confronto tra Dottore e Maestro, anch'essa sospesa e mai più seguita da una chiarificazione finale tra i due: come la telefonata di Donna interrompe il dialogo tra i due gallifreyani, il confronto finale tra il Dottore e il Maestro interferisce con quello tra Lord President e Dottore, a suo volta disturbato da quello tra Dottore e Maestro. Un elemento è sempre di troppo, e alla fine il ritorno del Master e quello dei Signori del Tempo si risolvono in due occasioni sprecate e parzialmente irrisolte.
Tolti i gallifreyani, oltre al Dottore restano la curiosa coppia di pungenti Vinvocci - funzionali quanto dimenticabili - e gli umani, quell'umanità per la quale il Dottore si è schierato più volte contro la propria razza, quegli umani che ha incontrato nel corso delle avventure degli ultimi quattro anni.
Il rapporto tra il Dottore e i terrestri - le compagne, gli amici e i parenti di queste - è l'elemento che fa di End of Time un episodio finale degno della serie. L'incontro tra Wilfred e un Dottore solo e disperato, le coincidenze inspiegabili che fan sì che il nonno di Donna e Ten si scontrino ripetutamente, il rapporto quasi filiale che si crea tra i due, l'infinità umanità del personaggio del vecchio soldato che non ha mai ucciso nessuno, rappresentano la parte più riuscita di End of Time. Bernard Cribbins è un interprete straordinario, che è riuscito a guadagnarsi il ruolo di confidente e compagno privilegiato del Dottore partendo come comparsa in Voyage of the Damned.
Davies, la solita volpe, fa seguire una lunga sequenza in cui Ten si regala un saluto finale agli ex compagni, arrogandosi - forse per l'ultima volta - il diritto di alterare gli eventi; il lunghissimo epilogo strappalacrime a uso e consumo del pubblico in lutto culmina nella rigenerazione finale, in cui un Dottore con tanti amici "muore" disperato e solo, per rinascere in forma di ragazzino esagitato.
Dispiace il poco spazio concesso a Donna, rallegrano e commuovono i camei di Martha e Mickey (il signor e la signora Smith?), della dolce Sarah Jane, del devastato Capitano Jack post-Children of Earth (che Ten invita a consolarsi con il giovane Alonso di Voyage of the Damned) e di una spensierata Rose.
Il timone ora passa a un nuovo Dottore, una nuova compagna e soprattutto, un nuovo produttore. Davies ha riportato agli antichi fasti la serie nata nel 1963, trasformando un prodotto di fantascienza vintage nel telefilm più popolare del Regno Unito: il brillante e spudorato autore di Queer as Folk ha reso Doctor Who, serie eletta dei solitari sci-fi geek di tutto il mondo, la trasmissione per famiglie del sabato sera più seguita d'Inghilterra (End of Time ha sfiorato gli 11 milioni di spettatori). Ci chiediamo che cosa ne sarà della serie dopo la dipartita di Tennant e Davies: il nuovo Dottore, interpretato dal bisnipote di Dracula - il giovanissimo Matt Smith - ha già mietuto dichiarazioni di whoviani che giurano di boicottare i nuovi episodi, la stessa promessa che fu fatta al congedo del Nono Dottore - Christopher Eccleston - unanimatamente ritenuto insostituibile.