Ha studiato ragioneria e il suo destino sarebbe stato probabilmente far di conto se un giorno, grazie a un'insegnante appassionata di teatro, non fosse andato a vedere Le allegre comari di Windsor. Ne rimase affascinato, quello è stato il suo momento epifanico. Per Alberto Malanchino, classe 1992, padre italiano e mamma del Burkina Faso, l'incontro con la recitazione è rappresentato da quel ricordo d'adolescenza. Oggi dopo un percorso accademico, un monologo che porta in giro dal 2018, Verso Sankara, diversi progetti televisivi e una produzione Netflix (Summertime), lo ritroviamo nel ruolo di Gabriel Kidane, lo specializzando 'perfezionista' del medical drama targato Rai, Doc - Nelle tue mani, con Luca Argentero e Matilde Gioli.
Le riprese sono state interrotte poco prima che lo tsunami di questi ultimi due mesi bloccasse set, chiudesse teatri e cinema, mettendo in standby non solo la quotidianità degli italiani, ma anche ogni attività culturale del paese. La fiction in onda su Raiuno dal 26 marzo, proseguirà fino al 16 aprile, per riprendere poi in autunno. Nel frattempo Alberto cerca di affrontare al meglio la clausura forzata di questi giorni: "Sono qui a Roma, dove mi ero traferito per girare la serie. Faccio esercizi, cerco di allenarmi, suono, leggo libri, guardo serie TV, cucino".
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Scoprendo Gabriel
Che effetto ti fa rivedere questa serie in un periodo del genere?
Forse avverto un senso di responsabilità maggiore. Abbiamo portato avanti questo progetto con l'idea di raccontare la seconda possibilità e di porre un'attenta riflessione sul significato del prendersi cura di se stessi, degli altri, e sul fatto che le nostre azioni abbiano sempre una conseguenza sul prossimo. Ma in questo momento spero che da casa percepiscano anche la parte emotiva ed empatica dei medici di fronte alle emergenze.
Veniamo al tuo personaggio, Gabriel, come lo descriveresti? Chi è?
È un ragazzo nato in Etiopia e cresciuto in Italia, salvo la prima parte della sua vita, è molto agguerrito e ha voglia di realizzarsi professionalmente. È uno specializzando dell'ultimo anno di medicina interna, all'inizio potrà sembrare scontroso, sulla difensiva, ma via via che la storia andrà avanti si rivelerà un persona di grande sensibilità e umanità.
Cioè? Puoi anticiparci qualcosa ad esempio sul "matrimonio con una sconosciuta" che dovrà affrontare?
Guardate la serie e lo scoprirete! Anche questa storia avrà il suo percorso e ci saranno dei grandi colpi di scena, ve lo assicuro.
Andrea Fanti "Doc" deve recuperare i propri ricordi per capire chi è veramente e qual è il suo posto nel mondo. Gabriel lo ha capito?
Lo capirà... è un meccanismo comune a tutti gli esseri umani. Passiamo la vita cercando di realizzarci e capire qual è il nostro posto nel mondo, quali sono le sfide che ci aspettano; anche Gabriel affronterà questo tipo di percorso, ma sarà tortuoso. Gabriel è perfettamente inserito nella società italiana, nello stesso tempo si porta dietro un mondo 'altro', che per adesso è stato solo minimamente accennato, ma che prenderà sempre più spazio.
Qual è invece il tuo rapporto con la memoria?
Sicuramente è molto forte per quel che riguarda la mia doppia identità, sono metà italiano e per metà del Burkina Faso, mia mamma viene da lì. I miei ricordi familiari quindi sono fatti anche di memorie appartenenti a un altro mondo. Credo che ognuno sia il frutto dei ricordi e delle esperienze di chi è esistito prima di noi; in quanto attori abbiamo anche la fortuna di riuscire a veicolarli e trasmetterli alle generazioni future.
Sul set tra camici bianchi e prove
Invece con Luca Argentero com'è andata?
Molto bene, sul set abbiamo creato un grande rapporto di fiducia, di amicizia e di stima reciproca. Luca è veramente una persona splendida, quindi non ci sono mai state ansie né timori, è sempre riuscito a portare una ventata di positività. In generale c'è stata la possibilità di confrontarsi e di fare diverse prove prima di girare, c'è stata una bella umanità.
Che tipo di indicazioni e di supporto avete ricevuto nel corso delle preparazione a dei ruoli così delicati?
Già dalla fine dell'estate scorsa abbiamo iniziato una sorta di stage, una full immersion al Policlinico Gemelli di Roma, aiutati dal professor Landolfi e dalla dottoressa Barbara Fossati insieme alla loro equipe di specializzandi. Poi su richiesta del regista ci siamo infilati il camicie e abbiamo cominciato a seguire i dottori nella loro routine ospedaliera, dall'inizio del turno alla pausa, al contatto con i pazienti. Questo ci ha permesso di entrare più profondamente nella loro ottica professionale ed umana ed è stata una una tappa fondamentale per la costruzione del ruolo, perché ci ha dato la possibilità di iniziare ad esplorare i nostri personaggi partendo dalla loro professione. Un cammino che è andato di pari passo con lo studio personale di ognuno di noi attraverso letture a tavolino e prove prima di iniziare a girare scena per scena. Siamo stati affiancati da medici e infermieri per tutta la durata delle riprese, così che potessero darci dei consigli sulla congruenza o meno di alcuni gesti o di certi termini tecnici.
Come è cambiata la tua percezione della professione medica dopo un'esperienza simile?
Più che cambiata, direi che c'è stata una conferma dell'amore profondo che nutrono per il proprio lavoro e della loro voglia di aiutare chi hanno davanti. Ho sempre riposto grande fiducia nei medici, lottano costantemente con i pregiudizi e mi sono reso conto che lavorano in prima linea tutti i giorni; l'errore umano purtroppo è sempre dietro l'angolo e loro sono i primi ad assumersi l'enorme responsabilità di riuscire a salvare vite umane.
Doc - Nelle tue mani racconta che in fondo prima o poi siamo tutti pazienti nella vita. Tu ti senti più medico più paziente?
Dipende, forse cinquanta e cinquanta!
Abbiamo più bisogno di medici come Fanti o di quelli come Gabriel?
Forse di medici bravi e umani. Gabriel e Fanti non vanno in direzioni opposte in realtà, si trovano semplicemente ad affrontare un percorso di vita diverso per motivi anagrafici e culturali, ma l'amore per la loro professione e per i loro pazienti li accomuna e li rende due bravissimi medici.
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Da Scrubs a Dr. House
Sono diverse le somiglianze con il filone del medical drama d'Oltreoceano, da Grey's Anatomy a Dr. House. Qual è il tuo rapporto con quei modelli?
Faccio parte di una generazione cresciuta con Scrubs e Dr. House, quindi non potevo non pensarci! Successivamente ho visto altro, ma ho cercato di non farmi contagiare troppo da certi pattern; è giusto prendere sempre spunto da qualcos'altro, però è importante che l'ispirazione non oscuri la genuinità e la tua ricerca costante.
Come pensi che il mondo dell'audiovisivo possa ripartire dopo lo stop di questi mesi?
Non riguarderà solo l'audiovisivo, è un discorso più collettivo e umano. Seppur nella drammaticità del momento, possiamo insieme riuscire a trarre una maggiore autoconsapevolezza e capire che questo stop ci sta dando anche la possibilità di riconnetterci con noi stessi rispetto a quello che sono le nostre aspirazioni, le gioie, le nostre paure e debolezze; forse alla fine di tutto riscopriremo un'umanità che avevamo dimenticato e questo periodo si rivelerà utile anche da un punto di vista artistico, per trovare e creare nuovi modi di lavorare.