Su Infinity+ sono disponibili due dei lungometraggi più recenti di Quentin Tarantino: il western Django Unchained, uscito nel 2012, e C'era una volta a... Hollywood, datato 2019 e concepito come omaggio al cinema americano negli anni in cui lo stesso Tarantino, classe 1963, scopriva le magie del grande schermo. Due film in teoria molto diversi, avendo uno come tema principale la vendetta e l'altro la paura dell'invecchiamento - soprattutto professionale - in un'industria che sa essere a dir poco spietata. Eppure, c'è un nesso importante tra i due titoli, la rielaborazione di un genere che il cineasta ha già parzialmente affrontato in passato, ma mai in modo tanto esplicito e sorprendente: il buddy movie. Proviamo in questa sede a spiegare perché, fornendo un nuovo spunto di lettura per chi volesse (ri)vedere le due opere in streaming.
Dagli amici mi guardi Dio...
L'abbinamento di due personaggi maschili con una certa affinità non è certo un elemento inedito nella filmografia di Quentin Tarantino: c'è il rapporto mentore-discepolo tra Mr. White e Mr. Orange ne Le iene, così come il viaggio professionale complicato di Jules e Vincent in Pulp Fiction, ma nel primo caso l'elemento corale ha la meglio su storyline individuali (i due rapinatori interagiscono a malapena per tutto il film), mentre nel secondo non si percepisce una vera amicizia tra i due sicari, che si danno sui nervi a vicenda in più occasioni. Diverso il discorso per Django e King Schultz in Django Unchained, legati da genuino rispetto reciproco e dal desiderio di assicurare giustizia in un mondo dove i diritti umani sono per lo più un'opinione. Due individui fondamentalmente buoni, spinti da un certo spirito romantico: Django vuole salvare la moglie, e Schultz lo aiuta perché in lui vede l'incarnazione americana del Siegfried wagneriano (all'epoca non ancora portato a teatro, ma il testo era già noto in Germania). Il tutto su sfondo western, genere dove l'amicizia virile è un tema importante da sempre, che si tratti di un duo o di un intero gruppo (basti pensare a Il mucchio selvaggio), e da cui Tarantino trae ispirazione sin dagli esordi.
Affetto sincero
Di western si parla anche in C'era una volta a... Hollywood, dove Rick Dalton è una star del genere, anche se ormai in declino, al punto da dover accettare la - per lui orrenda - offerta di recitare in uno spaghetti western di Sergio Corbucci (guarda caso, l'uomo a cui dobbiamo il primo Django). Solo che qui le praterie sono finte, frutto dell'immaginario hollywoodiano, e le sparatorie si consumano altrove, quando irrompono i seguaci di Charles Manson. Ma al centro, nonostante la dimensione corale tipicamente tarantiniana, c'è quel legame tra due uomini, Rick e il suo stuntman, Cliff Booth. Un legame che gli altri vedono male, poiché Cliff è sospettato di aver ucciso sua moglie, ma che rimane saldo in un ambiente dove tutto è effimero, anche il fascino del grande schermo e dei suoi divi. E mentre negli altri film di Tarantino l'affiatamento tra i personaggi è per lo più un non detto, un sottinteso che si ricollega allo stereotipo del maschio (statunitense) che non parla apertamente di affetti e sentimenti, qui l'amicizia è dichiarata, ostentata con fierezza, ribadita in più punti. Con quella che forse è l'interazione più bella, umana, in tutto il cinema del regista: Rick dice, due volte in circostanze diverse, "Sei un buon amico, Cliff." Entrambe le volte lui risponde alla stessa maniera: "Ci provo." Il vero culmine emotivo è lì, anche se Rick, come d'altronde fa Django, si allontana poi verso altri lidi in compagnia di una donna. E non a caso, forse, sia Christoph Waltz (Schultz) che Brad Pitt (Cliff) abbiano portato a casa l'Oscar come miglior non protagonista. Perché senza loro due, nei panni del buddy improbabile ma indispensabile, i rispettivi film sarebbero molto più poveri.