16 Ottobre 1923 - 16 Ottobre 2023. 100 anni, un secolo, in cui la storia culturale del mondo, che piaccia o meno, è cambiata. Cento anni dalla nascita degli studi di animazione fondati da Walt Disney e il fratello Roy, che hanno avuto un ruolo fondamentale nel definire, nel bene e nel male (direbbe qualcuno), l'immaginario popolare dei nostri giorni. Un secolo durante il quale ogni generazione ha avuto modo di fruire delle storie dei film dello studio, il cinquantenne come il quindicenne di oggi, come se lo stesso Walt Disney ci avesse presi per mano e le avesse raccontate a tutti noi come un padre amorevole, tanto che per molti la versione "ufficiale" di tante fiabe è quella firmata Disney.
Tutto iniziò con...
... con un topo. Lo sappiamo tutti. Tutto iniziò con Topolino, ovvero Micky Mouse, personaggio così iconico da diventare simbolo di un regno che non ha confini, di cui tutti nostro malgrado facciamo parte, conquistato con poche semplici mosse come vi abbiamo raccontato in passato. Eppure prima di Topolino c'era stato Oswald il coniglio fortunato, primo successo poi scippatogli da Universal che ne deteneva i diritti, facendo capire a Disney che avrebbe avuto bisogno di proprietà intellettuali che fossero solo sue per poter creare qualcosa di duraturo nel tempo e che potesse avere fondamenta abbastanza solide da reggere la sua incredibile ambizione e le sue rivoluzionarie idee.
Perché Disney era molto più avanti di quello che molti immaginano oggi. Pensiamo alla sola idea di puntare tutto su un lungometraggio d'animazione come Biancaneve e i sette nani quando l'animazione che andava in sala era per lo più in forma di corti; o alla follia di mettere in piedi una raccolta di storie come Fantasia, matura, in parte cupa come l'episodio conclusivo, in cui l'animazione serviva sì a raccontare una storia, ma anche a fungere da rappresentazione visiva per le composizioni musicali scelte; o soltanto alla ricerca tecnologica per i propri prodotti, che ha fatto evolvere anche l'arte cinematografica in parallelo.
Tra ambizione, lungimiranza e fiducia
La sensazione scorrendo l'opera di Walt Disney è di una mente che era sempre un paio di passi avanti a quello che ci veniva mostrato. È chiaro guardando a tutto quello che la Disney ha costruito anche al di là del campo dell'animazione, dai film live action che hanno di fatto creato il genere family al grande salto dei parchi. Era chiaro sin da quell'esordio filmico di Biancaneve e i sette nani ed è una caratteristica fondamentale per chi voleva operare nel campo animato, che richiede tempi di lavorazione così lunghi e costosi. È chiaro nella capacità di tener duro, di crederci anche quando i soldi finivano e doveva racimolare i fondi per proseguire la lavorazione, tra ricerca di investimenti e impegno di proprietà personali, che denota una fiducia in se stesso e la forza delle proprie idee che dovrebbe essere da esempio per tutti.
Prigioniero di un'idea
Ed è un paradosso che ora Disney Animation sia in parte prigioniera della forza di quelle idee. Che la potenza iconica dei Classici Disney sia diventata una sorta di boomerang che ha reso animazione sinonimo di film per bambini, prodotto destinato a un pubblico giovane o nel migliore dei casi per famiglie, al punto da faticare quando prova a proporre qualcosa di diverso, riuscito o meno che sia, da titoli del passato come Atlantis e Il pianeta del tesoro ai più recenti Raya e l'ultimo drago o Strange World - Un mondo misterioso. Proprio quel Disney che aveva osato con Fantasia, che aveva inquietato con gli elefanti rosa di Dumbo o le ostrichette di Alice nel paese delle meravigle, si ritrova oggi imprigionato in un'idea che gli sta stretta.
Forse perché era troppo grande, forse perché era più avanti del suo pubblico, forse perché siamo noi oggi a essere limitati e meno aperti di quanto sia stato lui nel creare il suo studio d'animazione. Allora impariamo da lui, capiamo quello che aveva in mente e che ci ha lasciato, come si impara da un padre. Perché in fondo siamo tutti un po' figli di Walt Disney.