Spettacolare, trascinante, energico. Tre aggettivi forse non immediatamente corrispondenti al personaggio di Sherlock Holmes. Da Uno studio in rosso (1887) ai seguenti romanzi e racconti, Arthur Conan Doyle ha tratteggiato un investigatore perspicace, abile, raffinato, il quale attraverso la deduzione poteva risolvere casi intricati.
Ed anche un uomo d'azione, sì, nel senso strettamente ottocentesco. Ma è soprattutto su quest'ultimo aspetto che il produttore Lionel Wigram e il regista Guy Ritchie hanno lavorato, sovvertendo l'immaginario collettivo. Attraverso un film magnifico, che ha come titolo il nome del protagonista letterario, e sta per compiere dieci anni dall'uscita.
Uno Sherlock contemporaneo
La lista delle trasposizioni cinematografiche e televisive di Holmes è lunghissima. Partendo dalle qualità da tutti conosciute da oltre un secolo, Wigram e Ritchie sono arrivati alla definizione di uno Sherlock forte, agile, combattivo, istintivo, sempre virtuoso al violino, praticante del pugilato a mani nude e, naturalmente, eccentrico e imprevedibile. Per raffigurarlo la scelta fatta è molto particolare: Robert Downey Jr., uno statunitense dall'animo anglosassone. E, accanto a lui, un John Watson prettamente british, impersonato da Jude Law.
Sullo sfondo vi è la caccia al malefico Lord Blackwood (interpretato da un magnifico Mark Strong), condannato per aver ucciso cinque ragazze, sacrificate sull'altare di riti occulti. Il prologo del film vede Holmes e Watson salvare una giovane donna dalla magia nera di Blackwood: quest'ultimo verrà arrestato, imprigionato e condannato a morte per impiccagione ma, prima dell'esecuzione, inviterà Sherlock ad aprire gli occhi su quanto accadrà. Immediatamente dopo, Blackwood sembra risorto dalla tomba in cui era stato seppellito. Ma Holmes e Watson intuiscono immediatamente che in tutto ciò potrebbe non esservi nulla di soprannaturale.
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Non v'è nulla di più sfuggente dell'ovvio
Per giungere alla verità, Sherlock osserva e deduce. Ricostruisce ogni dettaglio che nota nei luoghi ove si reca mentre indaga, sfidando ironicamente l'ispettore Lestrade (interpretato da Eddie Marsan). Guy Ritchie, dietro la macchina da presa, si diverte e intrattiene lo spettatore, grazie ad alcuni virtuosismi registici. Mentre si sofferma sulla presenza scenica dei protagonisti per coinvolgere ancora di più lo spettatore, segue a più riprese i ragionamenti di Holmes, sia prima di ogni sua azione che nella spiegazione dei dettagli puramente investigativi.
Brillante, dotato di intelligenza non comune e abile nell'anticipare lo sviluppo degli eventi, Sherlock trova sempre una soluzione efficace a ogni ostacolo. Anche contro i più astuti criminali. Lord Blackwood è solo l'inizio perché, sullo sfondo delle sue malefatte che minano il potere del Parlamento, vi è l'ombra della nemesi per antonomasia di Holmes: il professor Moriarty.
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Watson, la controparte perfetta
In quel di 221B di Baker Street il più riflessivo è proprio il dottor Watson, spesso in contrapposizione con Holmes e, proprio per questo, insostituibile compagno d'avventure. Prima critico, poi complice, egli è colui che porta equilibrio nella coppia. Ex chirurgo militare dell'esercito britannico rimasto ferito in battaglia, ha anch'egli una spiccata propensione per la deduzione e, nonostante affermi il contrario, non riesce mai a sottrarsi alle indagini, poiché è l'unico che può trarre in salvo Holmes dalle situazioni più pericolose. In più dell'amico ha, però, una vita privata: vorrebbe convolare a nozze con l'affascinante Mary Morstan (interpretata da Kelly Reilly) e questo scatena le paturnie di Sherlock, il quale teme che Watson lo possa abbandonare nelle sue folli missioni. Al contrario, è ben difficile che una donna possa distogliere Holmes dal proprio lavoro, anche quando parliamo della bellissima e intrigante Irene Adler (impersonata dalla splendida Rachel McAdams). Una tentazione troppo grande persino per Sherlock: infatti la seducente Irene, tra un'apparizione e l'altra, ha la naturale capacità di cacciarsi nei guai.
Robert Downey Jr. e Jude Law sono due attori di fama internazionale e amati dal grande pubblico. Il loro affiatamento è stato certamente il fattore determinante per il successo dell'opera di Ritchie. Tornati nel 2011 per l'altrettanto magnifico capitolo successivo, Sherlock Holmes: Gioco di ombre, gli impegni di entrambi hanno rallentato la realizzazione del terzo film, che chiuderà un'annunciata trilogia. È indubbio che il Marvel Cinematic Universe, però, abbia letteralmente inghiottito l'interprete statunitense. Concluso il percorso con Avengers: Endgame, Downey Jr. potrà tornare a vestire i panni dell'investigatore britannico, un ruolo grazie al quale ha ottenuto anche un Golden Globe nel 2010.
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L'epoca vittoriana in una scenografia spettacolare
Girato fra Londra, Manchester, Liverpool e New York, una delle sequenze è stata inoltre ambientata nella Saint Paul Cathedral della capitale britannica, che è sempre stata set di importanti pellicole. Realizzata da Sarah Greenwood e Katie Spencer, la scenografia di Sherlock Holmes inquadra magnificamente l'epoca inglese di fine '800, sia nello splendore proprio dell'era vittoriana nei grandi monumenti attorno il Tamigi, che nello squallore dei bassifondi cittadini, cupi, sporchi ed estremamente affollati, lì dove la ricerca dei protagonisti ha inizio verso la soluzione del mistero attorno Lord Blackwood. Il production design del film ha ottenuto una prestigiosa candidatura ai Premi Oscar.
Discombobulate
L'altra nomination del film agli Academy Awards venne riservata alla colonna sonora, scritta da Hans Zimmer. Il compositore tedesco, già autore delle musiche de Il Re Leone, Il Gladiatore, Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro, era colui che Guy Ritchie aveva scelto per regalare una firma indelebile alla pellicola. Il regista britannico, ascoltando i brani che Zimmer aveva creato per il secondo capitolo della trilogia di Christopher Nolan, avrebbe desiderato qualcosa che reinterpretasse il giallo deduttivo anche da tale punto di vista.
È così Zimmer, tra gli strumenti utilizzati, ha introdotto un banjo, dei violini cigolanti, fiati e percussioni (incluso il cimbalom) e, infine, un pianoforte malandato per assicurare un tocco ancora più inusuale. Il tutto in uno stile che richiama molto quello tzigano, tipico dell'Europa multiculturale delle periferie, libere e ribelli. Un aspetto aggiuntivo che rende Sherlock Holmes un film davvero unico nel suo genere: impossibile non celebrarlo, perfettamente intatto nella sua bellezza, oggi come già nel Natale del 2009.