Hailee Steinfeld si cala nel ruolo di una delle scrittrici americane più amate e conosciute al mondo in una serie tv, al centro di questa recensione di Dickinson, che unisce per Apple TV+ la ricerca di identità di una teenager a una creatività unica che rischia di essere soffocata da una società ancora arretrata per quanto riguarda la parità di genere.
Un progetto, quello ideato da Alena Smith, che si rivolge prevalentemente a un pubblico giovane offrendo il racconto di un periodo particolarmente significativo nella vita di Emily, non più bambina ma nemmeno adulta, e alle prese con le aspettative della sua famiglia e della società.
I dieci episodi della durata di trenta minuti affrontano varie tematiche e fondono realtà e fantasia, inserendo nella formula una colonna sonora accattivante e un approccio un po' in stile Marie Antoinette, enfatizzando il confronto tra passato e presente mentre la protagonista cerca di far sentire la propria voce in un mondo non particolarmente disposto ad ascoltare chi si distanzia dagli schemi approvati dalla società.
Dickinson, già rinnovata per una seconda stagione, inizialmente suscita qualche perplessità per poi conquistare sempre di più l'attenzione grazie alle performance convincenti del cast e della rilevanza, per il piccolo schermo, delle situazioni proposte.
Emily Dickinson, il racconto atipico delle origini di un'icona
Gli eventi al centro del racconto di Dickinson si svolgono nel diciannovesimo secolo in Massachusetts e hanno come protagonista Emily Dickinson, parte affidata a Hailee Steinfeld, che deve affrontare il tentativo dei suoi genitori (Toby Huss e Jane Krakowski) di trovarle un marito, suscitando anche un po' l'invidia di sua sorella Lavinia (Anna Baryshnikov) che sogna di sposarsi presto, sperando di arrivare all'altare accanto a Joseph Lyman (Gus Halper).
La sua migliore amica, Sue Gilbert (Ella Hunt), è rimasta orfana e da poco si è trasferita con la famiglia Dickinson, fidanzandosi con Austin (Adrian Enscoe), il fratello della protagonista.
Emily, nel frattempo, spera di veder pubblicate alcune sue poesie nonostante la disapprovazione del padre che sta iniziando a intraprendere una carriera politica.
La giovane Dickinson viene poi mostrata mentre si traveste da uomo, proprio insieme a Sue, per partecipare a una conferenza a cui desidera assistere, senza poterlo però fare perché le donne non possono proseguire i propri studi. La sua scelta causa non poche tensioni in famiglia perché la ragazza diventa "fonte di imbarazzo" per i genitori, sentendosi intrappolata in una vita che soffoca la sua creatività (rappresentata tramite i suoi "incontri" con la Morte interpretata da Wiz Khalifa e con l'apparizione dei testi delle sue opere sullo schermo) prova a trovare un compromesso tra i propri sogni e quelli dei suoi genitori. Tra feste organizzate mentre i genitori sono fuori città, incontri deludenti con il filosofo e scrittore Henry David Thoreau, tentativi di portare in scena l'opera shakespeariana Otello senza fare distinzioni di tipo razziale, l'incontro inaspettato con Ben Newton (Matt Lauria), l'assistente del padre con cui Emily ha immediatamente un feeling innegabile nonostante sia già sposato, concorsi letterari, eclissi solari, un drammatico destino e un matrimonio da organizzare, la stagione scorre veloce verso un finale che getta le basi per delle puntate inedite che probabilmente mostreranno una versione più matura della scrittrice.
Un approccio originale e a tratti bizzarro
La serie, nelle prime battute dirette dal regista David Gordon Green, non esita a scivolare nell'assurdo e nelle situazioni sopra le righe per enfatizzare come non si sia di fronte al tradizionale progetto biografico in costume. La storia di Emily Dickinson, portata in tv rappresentando gli anni adolescenziali dell'artista, assume in più momenti i tratti di una comedy per teenager contraddistinta dall'uso di musiche accattivanti e sequenze oniriche, senza dimenticare la scelta di mostrare la protagonista alle prese con un carattere ribelle che la mette spesso nei guai, scontrandosi con una società in cui le donne non hanno ancora la possibilità di esprimere liberamente il proprio potenziale e uscire dallo stereotipo della consorte fedele e sottomessa.
Downton Abbey e I film in costume: quando il cinema ripercorre la storia
L'ironia con cui ci si avvicina alla realtà dell'epoca, tra cui un'esilarante sequenza in cui Lavinia si rende conto di essere rimasta tutto il giorno a lavorare a maglia, si fonde in modo bizzarro e non sempre riuscito con le situazioni tipiche della quotidianità dei teenager, come accade nella puntata del party in cui i giovani sperimentano anche sostanze stupefacenti. L'elemento, almeno in questa prima stagione, gestito nel modo peggiore è però quello che dovrebbe approfondire l'interiorità e la creatività di Emily: i suoi incontri con la Morte, i suoi "viaggi" mentali e i momenti in cui si siede a scrivere appaiono forzati e integrati in modo poco naturale nel contesto, non riflettendo in modo efficace il talento della scrittrice. Rappresentare Emily come un'adolescente assolutamente normale e impegnata ad andare contro le regole, verso la metà della stagione, inizia a coinvolgere riuscendo a trasmettere con bravura la sensazione quasi di claustrofobia in cui vive Emily, incapace di adattarsi alla propria epoca, anticipando i tempi con le sue idee sulla sessualità e l'uguaglianza.
Una protagonista convincente
Haylee Steinfeld trasmette la giusta esuberanza e voglia di vivere, diverte nei momenti più sopra le righe del racconto ed emoziona in quelli più drammatici.
Il suo feeling con Ella Hunt non appare innaturale e forzato, sostenendo uno degli elementi della serie che potrebbe suscitare qualche polemica. Jane Krakowski sfrutta il suo talento comico solo nella seconda metà della prima stagione, mentre Toby Huss offre una buona performance nella parte di un uomo diviso tra l'amore per la figlia e la necessità di rispettare gli schemi della società in cui vive e in alcuni passaggi delle puntate, come quello in cui riceve in dono del pane da Emily, fa emergere con bravura il conflitto interiore che lo anima in più di un momento.
I giovani interpreti che completano il cast non brillano particolarmente, tuttavia sostengono la narrazione senza troppa difficoltà, mentre Matt Lauria ha purtroppo un tempo limitato sullo schermo, lasciando il dispiacere di non aver assistito a maggiori interazioni tra Ben e la protagonista.
La ricostruzione storica compiuta per creare la serie Dickinson è comunque accurata e i costumi, davvero spettacolari, contribuiscono a ricreare l'atmosfera del passato con efficacia e a creare un contesto in cui l'anima tormentata dell'artista diventa assoluta protagonista di una serie sospesa tra passato e presente.
Conclusioni
Come sottolineiamo nella nostra recensione di Dickinson, nella serie non tutto funziona, ma riesce progressivamente a coinvolgere sempre di più lo spettatore, trascinato nel mondo di una giovane che anticipa i tempi e lotta per poter dare spazio al proprio talento, andando contro un mondo in cui essere donna rappresenta un ostacolo quasi insormontabile in molti ambiti.
Non ripercorrendo le consuete strade usate per i progetti biografici, lo show immerge un capitolo della vita di un'icona in situazioni e messe in scena fortemente contemporanee, ottenendo un risultato alle volte da applausi, altre deludente.
Perché ci piace
- Hailee Steinfeld porta in vita Emily con la giusta dose di rabbia adolescenziale e sensibilità.
- Le tematiche contemporanee mantengono alta l'attenzione.
- I costumi e le ambientazioni sono curate e affascinanti.
- La colonna sonora è accattivante e sostiene con efficacia la narrazione.
Cosa non va
- I personaggi secondari sono delineati a grandi linee.
- In più di un momento l'approccio scelto per il racconto appare fin troppo adolescenziale.
- La creatività e l'interiorità di Emily faticano a emergere in alcuni passaggi della storia.