Fare la storia significa andare contro ciò che ti viene detto di fare. E Diane Von Furstenberg la storia l'ha fatta davvero. In un momento storico in cui il piccolo schermo sembra illuminarsi di una passione ritrovata per il mondo della moda e dei grandi stilisti che l'hanno resa immortale (da Balenciaga, a Dior con The New Look, passando per Karl Lagerfeld) Disney+ mette da parte la ricostruzione biografica, per produrre un documentario dinamico, fresco, pop, che recupera e ricalca lo stile di quella donna che è pronto a porre al centro della scena.
Split-screen, pseudo tagli delle inquadrature come fossero fogli di carta, inserti storici e fotografie personali, sono tutti frammenti di una narrazione visiva impattante e coinvolgente, che si inseriscono e alternano con armonia e dinamicità al presente del racconto: sembra un collage nato dalla fantasia di un esponente della pop-art Diane von Fürstenberg: Woman in charge; un montaggio interno all'inquadratura, e un gioco di raccordi ben studiato, capace di restituire tutta l'originalità e l'essenza pionieristica di una figura come quella della stilista nata a Brussels nel 1946.
Diane Von Furstenberg, essere sé stessi
Trish Dalton e Sharmeen Obaid-Chinoy riescono a cogliere sin da subito quell'unicità rivoluzionaria che scorre nelle vene di Diane von Fürstenberg: un desiderio di distaccarsi dalla massa, di essere unica e indipendente, che risalta in ogni fotografia selezionata, in ogni scatto riproposto, o testimonianza rilasciata. Era una necessità, la sua, che ancor prima di esprimersi a livello stilistico, si ritrovava in quei suoi capelli mossi e neri da giovane adolescente belga in una terra colorata da capelli lisci e biondi, e da una fluidità sessuale tanto attraente quanto scandalosa al tempo. Non vi era alcun sintomo di un'ambizione verso il mondo della moda; non voleva essere una stilista, Diane von Fürstenberg, voleva semplicemente essere una donna autonoma e al comando. È bastata della stoffa, un vestito, e un divorzio, per concretizzare ogni desiderio e rendere reale le proprie aspettative.
La vita imbastita con il tessuto della carriera
Da nome proprio di persona, Diane von Fürstenberg diventa simbolo di indipendenza e femminilità: indossare un abito uscito dalla sua fucina creativa voleva dire rendere esplicita la propria conoscenza di sé, delle proprie forze. Gli abiti di Diane von Fürstenberg divennero uno status symbol, tanto che una giovane reporter di nome Oprah Winfrey lavorava giorno e notte pur di mettere da parte i soldi necessari per potersi acquistare un capo come quello. Ma per arrivare a tale successo bisogna conoscere i trascorsi, i passi essenziali che hanno portato la protagonista a essere il nome che noi tutti conosciamo. Ogni passaggio è riportato dalla stessa von Fürstenberg seduta sul divano di casa, dai suoi figli, colleghi, o da personalità di prestigio come Hillary Clinton, mentre tutto attorno vive di immagini di repertorio, o scatti fotografici ripresi da infiniti album di famiglia.
La donna dietro il successo
Per conoscere a fondo l'arte di Diane von Fürstenberg bisogna conoscere più da vicino la donna che vi si nasconde dietro: dopotutto per chi ha fondato il proprio impero sul proprio nome, mescolando privato e pubblico, lavoro e famiglia, interno ed esterno, ogni confine viene a mancare, ogni cucitura a slegarsi, abbracciando corpo e prodotto, carriera e amori. Eppure, a imprimersi nello spazio di visione è quella sensazione quasi fastidiosa che vuole il lato intimo e personale di Diane prevaricare su quello professionale. Una scelta che da una parte può anche risultare intelligente e sensata: dopotutto, come afferma lei stessa negli ultimi istanti del documentario, a nessuno interessa ascoltare per tre ore qualcuno che sciorini i successi; molto meglio, dunque, raccontare da dove si provenga, le proprie origini, e dove si vuole arrivare.
Il dolore fortifica, le lacune frenano il viaggio di una scoperta
Eppure, per quanto interessante possa essere la (ri)scoperta di quella che è la vera essenza di Diane von Fürstenberg, dare per scontato che lo spettatore conosca i motivi e i trionfi che hanno portato la donna al successo, rischia di creare costanti falle nel corso della narrazione che non sempre il documentario riesce a colmare. Ci vengono dati sprazzi di informazioni, piccoli spiragli informativi della Diane von Fürstenberg stilista, ma non basta il costrutto visivo, pieno di effetti visivi, interessanti raccordi di montaggio, o una colonna sonora ricca di brani rock anni Settanta dal sapore di libertà e ribellione, per sostituirsi a delle nozioni mancanti. Ciononostante, forte di un racconto colmo di onestà umana e intellettuale, sostenuto da una saggezza di fondo e massime pronte a essere interiorizzate dallo stesso spettatore come mantra di vita, Diane von Fürstenberg: Woman in charge si dimostra un documentario coeso, un abito cucito con attenzione e imbastito su misura, colorando una visione della vita mai banale, ma sempre sull'onda dell'indipendenza personale e sulla fiducia di se stessi.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Diane Von Furstenberg: Woman in charge sottolineando come il docu-film disponibile su Disney+ riesca perfettamente non solo a restituire la portata umana e intima della protagonista, quanto lo stile della stessa stilista, così fuori dagli schemi e carico di rivendicazione personale (e femminile). La carriera è solo un espediente per esplorare la donna dietro il mito, attraverso un linguaggio cinematografico dinamico, fresco e colorato. Proprio come gli abiti lasciati in eredità da Diane Von Furstenberg.
Perché ci piace
- Il montaggio interno e l'uso di split-screen che fanno dell'inquadratura pagina di un collage pronto a cambiare sempre.
- La scelta di affidare alla stessa Diane Von Furstenberg le redini del racconto.
- La perfetta alternanza tra sguardi in camera e materiali di repertorio, o ricordi personali.
Cosa non va
- Aver tralasciato troppo l'aspetto professionale.
- Il dare troppo per scontato chi Diane Von Furstenberg sia e cosa rappresenti per la cultura contemporanea.