Quando si parla dei migliori finali di serie TV, soprattutto nell'industria americana, gli esempi illustri non sono pochi: da un classico come la conclusione di MASH a finali iconici degli anni Novanta come quelli di Cin cin e Star Trek: The Next Generation, fino ad arrivare ai giorni nostri con Six Feet Under, Mad Men e Breaking Bad, anche questi episodi di commiato definitivo rientrano nella categorizzazione dell'epoca contemporanea come un'età d'oro per la serialità. Esistono però anche i casi contrari, soprattutto da quando si è cominciato a ragionare in termini più seriali anziché secondo la logica episodica che caratterizzava gran parte delle produzioni catodiche fino all'inizio degli anni Ottanta. Proprio in questi giorni si festeggia il quinto anniversario della conclusione di due serie emblematiche e quasi coetanee: una è la già citata Breaking Bad, l'altra invece è Dexter, e come Lost - altra serie dal finale fortemente discusso - fa parte di questa nostra classifica di dieci finali che, per un motivo o l'altro, hanno deluso gli spettatori.
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1. Doctor Who (1989)
Chi è cresciuto con la serie attuale, in onda dal 2005, faticherà forse a crederci, ma c'è stato un lungo periodo in cui Doctor Who era considerato tutt'altro che un fenomeno o una pietra miliare della fantascienza televisiva, e questo anche da parte di chi lo produceva e trasmetteva. Gli ultimi anni della serie originale, dal 1985 al 1989, furono segnati da una gestione a dir poco discutibile da parte della BBC, che sospese lo show per un anno e mezzo dopo aver licenziato Colin Baker, interprete del Sesto Dottore (il quale rifiutò di tornare per la sequenza della rigenerazione, costringendo il successore Sylvester McCoy a indossare una parrucca per simulare la transizione), e poi cancellò del tutto il programma senza avvisare gli autori in anticipo. La scena finale, in cui il Dottore e la sua assistente Ace lasciano il pianeta di turno, fu quindi girata senza la consapevolezza che si trattasse dell'ultimo episodio in assoluto, e solo in post-produzione, per l'esattezza il giorno dopo la messa in onda della prima parte (di tre), fu chiesto a McCoy di registrare un monologo di commiato, che suggeriva ulteriori avventure che non avremmo mai visto. Una fine decisamente poco decorosa per un periodo che già di suo era infelice nella storia dello show. Fu necessario aspettare il 1996 per un primo tentativo di revival, e il 2005 per il vero ritorno del programma.
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2. Seinfeld (1998)
Sono passati vent'anni dalla fine di Seinfeld considerata la migliore sitcom americana di tutti i tempi, ma le opinioni divergono radicalmente sull'ultima puntata, al punto che gli stessi attori, insieme al co-creatore Larry David, l'hanno più volte criticata in Curb Your Enthusiasm. Lo stesso David ha ammesso, in una conversazione allegata al DVD della nona stagione, che col senno di poi non avrebbe richiesto la segretezza assoluta, il che contribuì alla delusione dei fan quando scoprirono cosa accade nel finale: Jerry, George, Elaine e Kramer vengono arrestati e condannati al carcere per aver violato la "legge del buon samaritano" (anziché aiutare la vittima di una rapina, si sono divertiti a prenderla in giro). Da un punto di vista filosofico è un epilogo coerente con quanto visto nel corso degli anni: i quattro protagonisti di Seinfeld sono, oggettivamente, delle brutte persone, e c'è una certa giustizia poetica nel fatto che finiscano in galera per aver fatto ciò che era la parola-chiave dello show stesso: niente. Ai tempi però la decisione non andò particolarmente giù al pubblico, che criticò anche l'idea del processo dove vengono chiamate a testimoniare tutte le guest star più importanti.
3. X-Files (2002, 2016, 2018)
Se fosse dipeso solo ed esclusivamente da Chris Carter, X-Files si sarebbe conclusa già nel 1998, al termine della quinta stagione (l'idea era di continuare le avventure di Mulder e Scully al cinema), o al limite nel 2000, allo scadere dei contratti di David Duchovny e Gillian Anderson, una delle coppie più amate delle serie TV. La Fox decise però di confermare altre due stagioni, con Scully ancora presente, mentre Mulder appare solo in parte nell'ottava stagione e quasi per nulla nella nona. Quasi, perché Carter riuscì a convincere Duchovny a tornare per il doppio episodio d'addio, dove l'ormai troppo ingarbugliata trama orizzontale viene portata a termine: il segreto che il governo americano non osa confessare riguarda un'invasione aliena, prevista per il 22 dicembre 2012. Una risposta non priva di fascino, ma arrivata troppo tardi, in un momento in cui anche gli autori e gli interpreti dello show si erano visibilmente stufati dei complotti legati agli UFO. Non ha particolarmente aiutato neanche il recente revival, dove la storyline a lungo termine continua a farsi sempre meno interessante, fino ad arrivare a una conclusione decisamente indegna di ciò che, negli anni d'oro della serie, era un appuntamento irrinunciabile.
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4. Star Trek: Enterprise (2005)
Per due anni Enterprise, quarto spin-off dello Star Trek classico, faticò a convincere i fan, essendo un prequel che, per via dei limiti imposti dalla cronologia, poteva sostanzialmente solo riciclare trame già note. Poi, a partire dalla terza stagione, con l'introduzione di nuove storyline per lo più originali e una struttura più seriale, le sorti dello show cominciarono a migliorare, e anche i legami con il franchise storico regalarono momenti molto interessanti (vedi la spiegazione delle fattezze "umane" dei Klingon nella serie originale). Ciononostante, un calo degli ascolti portò alla cancellazione dello show al termine della quarta annata, con un finale che gli stessi autori hanno successivamente riconosciuto come un errore: la serie si chiude infatti non con l'ultima avventura del capitano Archer e del suo equipaggio, bensì con una simulazione olografica di una delle loro missioni, e ad osservarli è William Riker, uno dei protagonisti di Star Trek: The Next Generation. Ebbene sì, lo show fu essenzialmente relegato a un ruolo secondario nel proprio episodio finale, concepito come un omaggio a Star Trek in generale (motivo per cui, nella sequenza conclusiva, il classico monologo "Spazio, ultima frontiera" è affidato a tutti e tre i comandanti dell'Enterprise: Kirk, Picard e Archer). Le conseguenze non si fecero attendere: il franchise fu assente dal piccolo schermo per dodici anni, e il produttore Rick Berman fu completamente estromesso dopo oltre dieci anni di supervisione generale delle serie e dei film.
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5. Heroes (2010)
In questo caso era quasi lecito aspettarsi una delusione: dopo una prima stagione davvero innovativa ed emozionante, Heroes dimostrò rapidamente di non avere molte altre idee a disposizione e scivolò nella trappola della ripetitività. Se a questo aggiungiamo il problema del non voler dare allo show una struttura capace di condurre verso una conclusione definitiva (la fine di ogni "volume" portava direttamente all'inizio di quello successivo), era prevedibile che l'episodio di commiato, voluto non dallo showrunner ma dal network, ignorasse completamente la necessità di presentarsi almeno in parte come un addio. Un'impressione confermata cinque anni dopo dalla messa in onda della miniserie Heroes Reborn, teoricamente un revival autoconclusivo ma in realtà, come affermò il creatore Tim Kring, quello che sarebbe stato la decima stagione di Heroes, ignorando il fatto che in mezzo ci fosse un buco il cui contenuto è noto solo a Kring. E anche in questo caso, come da copione, l'ultimo episodio si dà alla pazza gioia salutandoci con l'ennesimo cliffhanger destinato a rimanere irrisolto.
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6. Lost (2010)
Era forse inevitabile che il mistero fantascientifico ideato da J.J. Abrams e Damon Lindelof non arrivasse a un epilogo capace di accontentare tutti, soprattutto se si considera che lo stesso Lindelof, per sua ammissione, non ama le storie con troppe spiegazioni (e scrisse quasi controvoglia l'episodio che svela le origini di Jacob, il misterioso protettore dell'isola). In questo caso, inoltre, a far arrabbiare i fan di Lost non fu tanto la scarsa aderenza alle loro congetture, bensì l'esatto opposto: l'universo parallelo dove si svolge parte della sesta stagione è in realtà una specie di aldilà, simile alla teoria gettonatissima, ai tempi della prima annata, sull'isola come Purgatorio. Un colpo di scena che molto reputarono banale in quanto variante poco fantasiosa del finto spoiler che andava di moda in quel periodo ("Muoiono tutti!"), e che nel tentativo di dare allo show una conclusione spiritualmente pertinente - ossia, l'importante era il legame tra i vari personaggi, non il mistero dell'isola - presenta comunque una logica non del tutto infallibile: siamo veramente sicuri che per alcuni dei passeggeri del volo Oceanic 815 il periodo trascorso in mezzo al nulla avesse la connotazione positiva suggerita da Christian Shepard?
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7. Gossip Girl (2012)
Come la maggior parte dei teen drama, anche Gossip Girl fu segnato da una progressiva evoluzione narrativa all'insegna del riciclaggio di storyline e situazioni già viste, portando a un calo degli ascolti e, di conseguenza, alla decisione di chiudere il tutto dopo la sesta stagione, più breve delle altre. Al centro di questo ultimo ciclo di episodi, una promessa: sarebbe stata svelata l'identità di Gossip Girl, artefice del portale di pettegolezzi seguito da tutti i protagonisti e, fino alla messa in onda dell'ultima puntata, presente solo come voce narrante onnisciente (in originale Kristen Bell, non accreditata). Chi si cela dietro lo pseudonimo? Dan Humphrey, il quale ammette di aver architettato il tutto per un unico motivo: conquistare Serena Van Der Woodsen. Solo che per raggiungere tale traguardo umiliò più volte gli amici e persino la sorella, costretta a lasciare New York dopo uno scandalo di troppo, e non per nulla alcune recensioni dell'epoca sottolinearono il fatto che per accettare un colpo di scena simile bisognerebbe fingere che gli eventi dalla terza stagione in poi non avessero mai avuto luogo. Persino Penn Badgley, interprete di Dan, ha affermato che la rivelazione ha senso solo se il personaggio è affetto da qualche disturbo mentale.
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8. Dexter (2013)
Nelle intenzioni del primo showrunner della serie, Clyde Phillips, Dexter sarebbe morto nell'ultimo episodio. Egli lasciò però il programma al termine della quarta stagione, e la nuova gestione a cura di Scott Buck dovette fare i conti con le presunte esigenze aziendali della Showtime (i diretti interessati negano, ma pare che ci fossero ordini all'alto che vietavano la morte di Dexter). Ed ecco che l'ottava stagione, già di suo penalizzata da una scrittura ormai priva di ispirazione per quanto riguardava l'uso dell'ottimo cast, finisce con Dexter costretto a fuggire da tutto e tutti, dopo aver indirettamente causato la morte della sorellastra Debra: il poliziotto serial killer simula quindi il proprio suicidio, e lo rivediamo in una località remota, dove fa il taglialegna, ed è con il suo sguardo vuoto in macchina che si chiude lo show. Una scelta comprensibile sul piano strategico (qualora la Showtime volesse raccontare nuove storie incentrate sul personaggio), ma filosoficamente sbagliata.
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9. How I Met Your Mother (2014)
A causa della struttura narrativa della serie (tutto ciò che vediamo è un lungo resoconto che Ted Mosby fa ai figli nel 2030), i creatori della sitcom avevano in mente un finale ben preciso, che girarono in parte già nel 2006, per evitare che gli attori scritturati per interpretare i figli adolescenti di Ted invecchiassero troppo. E così, malgrado i numerosi cambiamenti nel corso delle diverse stagioni che suggerivano una conclusione diversa in base allo sviluppo dei personaggi, siamo arrivati all'epilogo prestabilito: Tracy McConnell, alias la Madre, muore alcuni anni prima che Ted racconti la propria storia, al termine della quale risulta evidente che lui stia chiedendo ai figli il permesso di frequentare la tanto amata e mai dimenticata Robin Scherbatsky. I fan di lunga data faticarono a digerire il fatto che Tracy, l'elemento migliore della stagione di commiato, fosse solo un espediente narrativo per tornare alla storia fra Ted e Robin, e di conseguenza per l'edizione DVD fu montato un finale alternativo dove Tracy è ancora viva.
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10. True Blood (2014)
Pur continuando a regalare fino alla fine diversi momenti cult fino alla fine, True Blood ha anche cominciato a girare a vuoto in termini narrativi intorno alla quinta stagione, guarda caso la prima a non basarsi strettamente sul romanzo corrispondente nella saga letteraria di Charlaine Harris. Un circolo vizioso che ci ha condotti verso un finale dove alcune cose cambiano (lo sciupafemmine incallito Jason Stackhouse è ora sposato) e altre tornano esattamente come prima (il business di Eric Northman). E poi c'è la questione spinosa della relazione tra Sookie Stackhouse e Bill Compton, divenuta talmente stucchevole che anche gli autori si resero conto della necessità di far morire il (non più) carismatico vampiro. Solo che rimandarono il decesso all'ultimo episodio, dando a Bill un'agonia che per certi versi corrispondeva a quella degli spettatori.
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