Dopo l'anteprima alla 78esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, arriva in sala, distribuito da Nexo Digital, il 25 - 26 - 27 ottobre come evento speciale DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato, documentario diretto da Roberta Lena, in cui il figlio di Fabrizio De André, Cristiano De André, ripercorre la storia dell'album Storia di un impiegato.
Tra le testimonianze c'è anche quella di Dori Ghezzi. Tra filmati di repertorio, lettere, ricordi dei figli del cantautore si mostra come quel disco, uscito nel 1973, sia ancora molto attuale. Concept album scritto da De Andrè insieme a Giuseppe Bentivoglio e Nicola Piovani, comprende nove brani collegati da un filo narrativo.
Abbiamo parlato di DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato proprio con Cristiano De Andrè e Roberta Lena, rispettivamente voce narrante e regista del film, incontrati al Lido di Venezia.
La video intervista a Cristiano De Andrè e Roberta Lena
DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato: il conflitto serve?
Nel documentario si dice che Fabrizio De Andrè cercava il conflitto: quanto ne abbiamo bisogno oggi?
Cristiano De Andrè: Il conflitto in questo caso, in Storia di un impiegato, è voluto dall'impiegato. L'impiegato vuole il conflitto perché non ce la fa più. È un po' la storia di quelli che contestavano nel '68, quindi in un periodo caldo. Il conflitto in questo caso è visto come una necessità. Dopo invece l'impiegato si rende conto che dal conflitto ottiene il potere, perché sconfigge alcuni di questi personaggi che non voleva. Però si rende conto allo stesso tempo che, nel momento in cui sta sconfiggendo questo potere, diventa a sua volta anche lui potere. Quindi, attraverso il conflitto, si capisce che in qualche modo il conflitto non serve. Bisogna trovare un modo per ragionare. Una via di mezzo. Un rispetto per gli altri.
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Roberta Lena: Dipende che cosa intendiamo per conflitto. Il conflitto non è necessariamente lotta armata, come poi è degenerato il '68. Il conflitto è anche qualcosa di sano per la società. Il conflitto di chi chiede ancora giustizia sociale, oggi come allora, è un conflitto sano. Dipende come viene codificato, come viene utilizzato, quali sono le forme del conflitto. Ma del conflitto ogni società ha bisogno, un bisogno estremo. Il problema di questa società è che invece si vuole imporre un pensiero unico, dove il conflitto è visto come una cosa violenta. Invece bisogna capire che è un urlo della gente, che dice: abbiamo bisogno di questo. Questo nell'album salta fuori: e anche la sua deviazione. Quando l'individuo è da solo. Sua padre diceva una cosa molto bella, diceva la ribellione è un atto solitario e fortemente estetizzante, mentre per fare la rivoluzione bisogna essere in tanti. Questo essere in tanti, questo noi, significa anche che il conflitto genera rapporto umano, comprensione, ascolto degli altri. È quello di cui abbiamo bisogno oggi. Non abbiamo bisogno di tifoserie, di "o bianco, o nero". Abbiamo bisogno di approfondire i problemi. Quale occasione migliore di fare questo discorso attraverso le parole di Storia di un impiegato.
DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato: l'importanza di guardare le stelle
Nel film racconti un bel ricordo: tuo padre che ti diceva: "Bisogna guardare le stelle e vedere il passato". Quanto ti ha fatto bene guardare queste stelle?
Cristiano De Andrè: È un bel ricordo. Eravamo sdraiati sul terrazzo, quando mio padre aveva appena costruito la casa, ero in mezzo a mia madre e mio padre e si guardava le stelle. Quasi tutte le sere facevamo questo rito. Io ero in una foresta di calcoli, per capire come mai la luce delle stelle era così lontana, perché non era ancora arrivata. Quindi il quadro che si vede di notte guardando le stelle è il quadro del passato. Questo mi ha sempre affascinato tantissimo.
DeAndré#DeAndré. Storia di un impiegato: né comandare né ubbidire
Nel documentario c'è un filmato di archivio in cui Fabrizio De Andrè dice: "Io sono uno che non voglio né comandare né ubbidire". In un'epoca in cui chiunque vuole dire la sua su tutto, quanto abbiamo bisogno di persone così, che non vogliano né comandare né andare con la corrente?
Roberta Lena: È proprio questo il punto. Abbiamo bisogno di questo. C'è necessità e urgenza di questo. Abbiamo dato troppa importanza al potere come unica possibilità di esprimerci. Questo album parla di un potere che ti reprime. Non ci sono poteri buoni.
Cristiano De Andrè: Il potere oggi è diventato di nuovo di moda, invece è una cosa da allontanare. Si respira di nuovo un vento di dittatura, di odio. Siamo tutti contro tutti. Non c'è più umanità, pietà per gli altri, soprattutto per i più fragili, i più deboli senza voce, gli esclusi, i diversi di cui cantava mio padre. In qualche modo sta ritornando un vento che non è piacevole: anche in una certa politica e una certa informazione c'è qualcuno che alimenta e sfrutta tutto questo odio per un suo tornaconto personale. Si confonde troppo spesso dittatura con democrazia e democrazia con dittatura. Bisogna avere ben radicati dentro di noi dei principi di etica e di valori alti per non perdere quella bussola e per riuscire a muoverci correttamente. Sennò si rischia di essere vittime della manipolazione, del complottismo. Oppure si può rileggere il nostro passato e aggrapparci a chi ha visto più in alto di noi e seguire quelle indicazioni. Così ho fatto io con le opere di mio padre, perché penso che un sogno collettivo, pulito, possa ancora influenzare il futuro. Mi auguro che Storia di un impiegato possa smuovere qualche coscienza, soprattutto tra i più giovani. Affinché il dolore degli altri non resti solo un dolore a metà.