Ritroviamo David Lynch in Italia otto anni dopo la sua sortita veneziana per ritirare il Leone d'Oro alla carriera e per presentare il labirintico Inland Empire. L'occasione è il Lucca Film Festival, che ha costruito intorno al maestro del cinema cupo e surreale un caleidoscopio di eventi tale da fornire un assaggio dei suoi molteplici interessi. Si spazia, così, da una conferenza sulla Meditazione Trascendentale - attività che Lynch pratica da 41 anni e che promuove attraverso la David Lynch Foundation - a una mostra delle sue inquietanti fotografie, le Small Stories, e delle litografie che realizza presso il prestigioso atelier Idem di Parigi, da una retrospettiva completa dei suoi lavori a un'installazione sonora interattiva e a un concerto di musiche dei suoi film.
Il ciuffo è un po' più bianco di allora, ma lo sguardo impenetrabile e le battute sagaci con cui risponde alle domande sono sempre gli stessi. Lynch si dimostra un fine affabulatore quando viene chiamato a parlare di meditazione, della sua passione per le arti figurative e del felice impatto con la Toscana e le sue architetture, mentre elude con cinico garbo le domande dirette sul cinema e sulla televisione. "E' la prima volta che vengo in Toscana e questa campagna mi sembra così bella. Mi piacciono i pini, vorrei averli anche a Los Angeles. Amo i cipressi, le montagne, l'architettura e la qualità degli edifici. Mi sono innamorato delle porte e delle finestre del mio hotel. Voi non ci fate caso, date per scontata una lavorazione di falegnameria così raffinata come quella delle vostre serrature".
Meditare è la chiave per la felicità
"Il mio personaggio più vicino alla pratica della meditazione? L'Agente Dale Cooper perché è molto intuitivo".
Dopo il 2006 David Lynch non ha più diretto alcun lungometraggio fictional, ma si è cimentato in molteplici attività, tra cui la regia di corti, del documentario musicale Duran Duran: Unstaged, oltre alla musica, alla pittura e soprattutto alla diffusione della pratica della Meditazione Trascendentale in cui Lynch nutre una fede assoluta. "La nostra natura è essere felici e non pieni di malattie, depressione, sofferenze. Per quanto ne so c'è un tesoro all'interno di noi e coltivandolo possiamo vedere il mondo sempre più bello. Il mondo rispecchia come siamo noi e può essere un bel mondo. Ho praticato meditazione per 41 anni e ho scoperto che con la meditazione sto meglio, sento le idee fluire, sono sempre più felice di quello che faccio." Come si riflette la pratica della meditazione nella sua opera? "Il mio personaggio più vicino alla meditazione è l'Agente Cooper de I segreti di Twin Peaks. Meditando aumenta la consapevolezza e si sviluppano le facoltà cognitive e Dale Cooper è molto intuitivo". A giudicare dai meravigliosi incubi che popolano il cinema di Lynch, dalle visioni morbose, dalla violenza, dalle perversioni e dalle immagini distorte che affollano le sue Small Stories, fatte di conigli giganti, teste di topi che fluttuano nell'aria, feti informi, tutta questa felicità non si evince. "In effetti gli amici mi chiedono 'David, ma se sei così felice perché fai questi film o questi quadri?' Il fatto è che io mi innamoro di certe idee e le idee vengono dal nostro mondo, che è pieno di problemi. L'immagine di un bel fiore non mi interessa, perché non mi innamoro di quell'idea. Non è necessario che l'artista soffra per rappresentare la sofferenza. Basta che la sappia comprendere. La negatività è nemica della creatività, schiacchia il flusso delle idee. L'artista che soffre è un concetto romantico per tutti tranne che per lui."
Il cinema tra passato e futuro
Sono proprio le idee di David Lynch, così eccentriche e visionarie, ad aver fatto grande il suo cinema dandogli un'impronta unica. Come nascono queste celebri idee che hanno generato come Velluto Blu, The Elephant Man, Cuore selvaggio e Mulholland Drive? "Le idee possono venire in qualsiasi momento, non si creano, come non creiamo un pesce. Lo si cattura. Quando mi viene un'idea per il cinema la soppeso, la analizzo e se la trovo particolarmente eccitante me la scrivo per non dimenticarla. Poi la seguo fedelmente e la trasferisco al cinema. Il film nasce a pezzi, come un puzzle, e prende forma pian piano". David Lynch, regista creativo e sperimentatore, ma tutt'altro che cinefilo. "Non guardo molti film, mi piace creare. E' da parecchio tempo che non guardo più neppure i miei film. Quando mio figlio minore aveva quattordici anni ogni sabato guardavamo insieme uno dei miei film. Da allora ho smesso. Però mi piace guardarli, è importante guardare il passato perché ti fornisce idee per il presente e per il futuro". L'inattività di Lynch non è, quindi, legata a una scelta precisa, anzi il maestro afferma di essere "aperto più che mai nei confronti del cinema. Se arrivasse un'idea giusta e trovassi i fondi la realizzerei. Ho scritto una sceneggiatura intitolata Ronnie Rocket, ma sento che manca ancora qualcosa. In passato avevo un certo interesse a fare un film su Marilyn Monroe, ma ora non ce l'ho più. Però amo ancora Marilyn".
L'importanza del final cut
Quando l'autore di Velluto Blu, forte della sua esperienza, dispensa consigli ai giovani cineasti lascia intendere che il suo stop è dovuto alla natura poco commerciale dei suoi lavori. "Nel mondo c'è spazio per tutto, le persone possono avere idee profonde e riuscire a realizzare quelle idee, ma il problema è che si rischia di non trovare il pubblico. In questo momento il pubblico americano cerca altro, ma è possibile che in futuro i film d'arte tornino in auge, visto che le mode vanno e vengono. Agli aspiranti cineasti posso solo dire di provare. Mai accettare un no. Lavorare tantissimo. Devono fare i film che amano avendo il final cut. Il controllo creativo è fondamentale. Poi, quando il film è pronto, devono trovare il pubblico adatto". Evidentemente la questione economica è uno dei crucci di Lynch. Dopo aver riscontrato una certa difficoltà nel reperire i fondi per i suoi film, il regista riflette sul funzionamento di Hollywood e sulla sua tendenza all'autocelebrazione."Quando sono nati i premi del cinema, attori e produttori si ritrovavano a fare piacevoli cene e si davano premi per congratularsi del buon lavoro fatto. Oggi è molto diverso da allora, è un fatto legato ai soldi perciò un po' dell'antico valore è scomparso". Non tutto, però, è negativo a Hollywood. Nonostante la visione deformata fornita in Mulholland Drive, la Mecca del Cinema ha regalato a Lynch una musa come la bionda Laura Dern. Parlando di lei, il regista confessa: "Amo Laura Dern. E' una grande attrice e per me è una di famiglia. Non mi interessa che non abbia mai vinto un Oscar, molto grandi attori non li vincono. Spero solo di lavorare ancora con lei". In attesa dell'idea giusta e dei finanziamenti, come occupa il tempo Lynch? "Dal 2007 lavoro all'atelier Idem, un antico studio parigino dove hanno lavorato Picasso e Chagall. E' un luogo magico, in grado di catturare i fantasmi del passato. Ho realizzato più di 200 litografie. E poi lì vicino ci sono delle ottime creperie e un grande caffè". Nero, proprio come piace a Lynch.