Il subconscio, il mistero, l'oscurità, il surreale e il sogno. Sono questi gli elementi che caratterizzano il cinema di David Lynch. Dieci film destinati alle sale cinematografiche che risultano, però, solo una minima parte della vastissima produzione artistica del 75enne nato a Missoula. Eppure, proprio a partire da Eraserhead fino ad arrivare ad INLAND EMPIRE la sensazione è quella di assistere a un percorso compiuto, un universo narrativo coeso dove lo stile e la poetica dell'autore predominano. Non sempre tutto è filato per il meglio e all'interno della filmografia ci sono vette altissime che scardinano non solo il linguaggio cinematografico ed esperimenti poco riusciti, all'epoca flop commerciali che col tempo sono stati rivalutati. Alti e bassi, eppure facenti parte di un unicum elevatissimo che, per gli amanti del cinema come espressione artistica pura, non ha eguali. Perché entrare nei mondi oscuri e sognanti di David Lynch significa fare i conti con tutto ciò che è la vita stessa, emozioni messe in scena e racchiuse in oggetti, personaggi, luoghi. Sensazioni che provengono dallo stomaco, inesplicabile e affascinanti. Ci si sente vivi mentre si guarda un film di David Lynch. Non capita spesso rimanere così incollati a uno schermo cinematografico e, più che osservare una finestra sui sogni, avere la sensazione di immergercisi dentro. Per riscoprire queste emozioni, per viverle la prima volta, per ricordare l'opera di un genio, ecco tutti i film di David Lynch dal peggiore al migliore, con un piccolo bonus finale.
10. Dune (1984)
Mosca bianca nella filmografia di David Lynch, Dune si merita sicuramente la posizione più bassa della nostra classifica. Nasce come kolossal voluto da Dino De Laurentiis, un progetto costosissimo che prova a ridurre in due ore scarse la complessità del romanzo di Frank Herbert. Con un cast composto da Max von Sydow, Sean Young e Kyle MacLachlan (qui alla sua prima collaborazione con il regista), le musiche di Brian Eno e dei Toto, le creature di Carlo Rambaldi, un budget monstre di 40 milioni di dollari e tutta la fantasia di David Lynch cosa poteva mai andare storto? A quanto pare tutto. Tolto dalle mani del regista, la versione uscita al cinema, ridotta nella durata, è uno strano mostro di Frankenstein che non accontenta nessuno e finisce per annoiare presto. Persino la verve artistica di Lynch sembra sparire man mano che si procede nel minutaggio. Lo stesso regista, che all'epoca veniva dal successo di The Elephant Man, continua a rinnegare questo film non considerandolo parte del suo corpus cinematografico. Ma ogni tragedia porta con sé degli insegnamenti: il flop di questo film spingerà Lynch a concentrarsi solo sui suoi progetti personali, evitando produzioni su commissione e pretendendo il final cut per ogni suo film successivo.
09. Cuore Selvaggio (1990)
Palma d'Oro al Festival di Cannes del 1990, Cuore selvaggio è un folle viaggio on the road, una fuga lisergica carica di erotismo di due amanti, Lula e Sailor, dalla madre di lei e dal sicario che ha assoldato. Tratto dal romanzo di Barry Gifford, Cuore selvaggio unisce l'hard boiled a Shakespeare, Elvis Presley al Mago di Oz, sprigionando tutta l'inventiva visiva e surrealista di Lynch. Rimane un film riuscito a metà, allo stesso tempo pieno di quella forma emozionale che la filmografia del nostro riesce a sprigionare, ma lontano dalla dimensione "della mente" e del mistero inesplicabile. La trama di Cuore Selvaggio è abbastanza lineare e le stranezze avvengono attraverso la satira e nell'esagerazione dei personaggi, quasi costretti a recitare un ruolo invece che essere sé stessi. Rimane un film divertente, soprattutto grazie all'interpretazione di Diane Ladd e Harry Dean Stanton, che prende lo spettatore e infiamma (non a caso è la prima immagine del film che illumina i titoli di testa) lo schermo cinematografico.
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08. Fuoco cammina con me (1992)
A proposito di fuoco, il lungometraggio che doveva proseguire la seconda stagione di I segreti di Twin Peaks è, forse, il meno amato al momento dell'uscita. Eppure, Fuoco cammina con me pur limitato perché troppo legato alla serie televisiva, a distanza di tempo è stato parecchio rivalutato. Una volta contestualizzato, fermo restando che non intendeva risolvere i misteri lasciati aperti dalla seconda stagione della serie, il film è una discesa negli abissi da parte di una figlia violentata dal padre. Molto simile a un film horror dove il suono è più importante della voce (ricordiamo la scena nel locale in cui siamo costretti a leggere i sottotitoli per capire cosa si dicono i personaggi), Fuoco cammina con me sembra quasi l'opposto di Cuore Selvaggio: lì l'eros era luce, qui è solo oscurità.
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07. The Elephant Man (1980)
Il secondo lungometraggio di Lynch è una vera perla di rara eleganza. In un bianco e nero raffinato, The Elephant Man, salvo qualche rapida incursione a inizio e fine film, è una storia basata su fatti reali che racconta la vita di John Merrick, un uomo deforme, preso in cura dal dottor Frederick Treves (Anthony Hopkins). Un film che mette in mostra un altro lato del regista, spesso riconosciuto come il maestro dell'incubo e del perturbante, dolce e pieno d'amore. Se non fosse per certe tematiche, sembrerebbe un film diretto da un regista diverso da quello di Eraserhead, la sua opera prima che fece notare David Lynch al comico (e in questo caso produttore) Mel Brooks. Il film venne nominato a ben 8 premi Oscar, ma non vinse neppure una statuetta.
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06. Strade perdute (1997)
A distanza da sette anni dal film precedente, ecco arrivare Strade perdute, uno dei film che più esemplificano una nuova fase della carriera di Lynch. I suoi film, con la splendida eccezione di quello successivo a questo, diventano enigmi da risolvere e che, forse, non troveranno mai soluzione. Si trasformano, più che racconti di personaggi e storie da raccontare, incubi in cui perdersi e ritrovarsi. Le strade perdute del titolo sono le strade notturne che lo spettatore è costretto a seguire, incapace di ritrovare (almeno nella prima visione) una mappa per cui orientarsi. In un film che si intreccia su sé stesso e mette in scena la mente del protagonista, Strade perdute consacrerà definitivamente la poetica di Lynch, quella più pura e sincera.
05. Una storia vera (1999)
Dopo le "Lost Highways" ecco la "Straight Story", la storia dritta. Lineare, semplice, prodotto da Disney e scritto dalla moglie dell'epoca, Una storia vera è una lucente parentesi di ottimismo e felicità. Nel raccontare il viaggio su un tagliaerba di Alvin Straight, un contadino settantenne che decide di andare a trovare il fratello, Lynch rallenta il tempo e ci fa apprezzare il piacere della calma e della lentezza. Se il mondo dei suoi film è spesso oscuro (non solo a livello fotografico, ma anche a livello di comprensione), quello di Una storia vera è, invece, un mondo di cuori puri, di carezze, di buoni sentimenti, di aiuto. Impossibile non commuoversi per questo film solo a prima vista lontano dalla poetica dell'autore. Perché, tuttavia, ne rimane lo sguardo incantato verso l'esterno, colmo di un'umanità così densa e potente da scacciare il male e le divisioni.
04. Velluto blu (1986)
Kyle MacLachlan e Laura Dern sono la coppia più iconica della filmografia di Lynch. Eppure, per descrivere Velluto blu non si può evitare di parlare anche di Dennis Hopper nel ruolo del perfido Frank Booth, di Isabella Rossellini come femme fatale dalla forte carica erotica. E, soprattutto, di quell'orecchio abbandonato e ritrovato nel prato, pronto a frantumare l'idillio perfetto del bel quartiere americano. Sempre prodotto da De Laurentiis, come segno di pace dopo il flop di Dune, Velluto blu è uno dei migliori film del regista: un thriller all'apparenza canonico che gioca con i clichés del genere e aggiunge una forte dose di perturbante e di argomenti tabù che all'epoca fecero scalpore. Sembra quasi una versione primordiale di Twin Peaks senza l'elemento paranormale e forse è proprio per questo che Frank Booth, a differenza di Bob ovvero l'assassino di Laura Palmer, inquieta molto di più.
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03. Eraserhead - La mente che cancella (1977)
Il primo lungometraggio del regista è un capolavoro dell'art-house. Girato in un economico bianco e nero, quasi completamente muto dove il sonoro industriale accompagna la visione per tutta la durata, Eraserhead - La mente che cancella in poco più di 80 minuti ci regala un'esperienza unica. Esce nel 1977, ma il giovane Lynch, con l'aiuto di una troupe ridotta, impegna cinque anni della sua vita per realizzarlo arrivando persino a dormire nel set. Dentro Eraserhead ci sono tutte le sue ansie e le sue paure dell'epoca: dal trasloco a Philadelphia alla nascita della prima figlia. Amato da Stanley Kubrick, Eraserhead è un vero e proprio incubo che, a distanza di più di 40 anni, non smette di inquietare, disturbare, affascinare. Un vero e proprio cult.
02. INLAND EMPIRE - L'impero della mente (2006)
L'ultimo film uscito al cinema per David Lynch è anche il suo più estremo. Quasi a chiudere un discorso iniziato proprio con Eraserhead, INLAND EMPIRE - L'impero della mente scardina completamente il linguaggio cinematografico e le regole della sceneggiatura per dare libero sfogo a un flusso di coscienza interiore senza soluzione di continuità. Tre ore riprese con un digitale sporco e semi-amatoriale, dove l'inquietudine, le urla, i pianti, gli spaventi, ma anche le risate, le stranezze, la dolcezza, la poesia si intersecano e si compenetrano. Ennesima prova maestra di Laura Dern, qui costretta a un vero tour de force, come lo spettatore che dovrà districarsi nel labirinto mentale della protagonista. Pensando alla filmografia di David Lynch come a un percorso di evoluzione, INLAND EMPIRE ne è l'arrivo definitivo, un esempio di cinema-altro, diverso da tutto il resto. Semplicemente unico.
01. Mulholland Drive (2001)
Il primo posto della nostra classifica non poteva che andare a Mulholland Drive, da molti considerato il film più importante del secolo. Nasce come serie televisiva, diventa un episodio pilota bocciato e si trasforma in un lungometraggio cinematografico. Un incidente d'auto e una sopravvissuta che ha perso la memoria, Rita (Laura Harring). Un'aspirante attrice, Betty (Naomi Watts, scoperta da Lynch e che con questo film si farà conoscere al mondo) che si trasferisce a Hollywood e si prende cura di questa donna affascinante. Che mistero nasconde Rita? Quello che sembrava un thriller misterioso, all'apparenza comprensibile, a metà film si capovolge e si trasforma in qualcos'altro, di più sfuggente. Mulholland Drive è, forse, il film che meglio rappresenta il meccanismo cinematografico, sia a livello narrativo che con un gioco meta-testuale. Uno scrigno da osservare, pronto a essere aperto con una chiave speciale e, tuttavia, continuamente misterioso. Il finale del film è solo l'ultimo incredibile sussulto di un capolavoro assoluto, premiato per la miglior regia al Festival di Cannes 2001.
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Bonus: Twin Peaks - The Return (2017)
Considerato dal regista un film lungo 18 ore, Twin Peaks - The Return è la terza stagione (o il revival) della serie televisiva Twin Peaks. Andata in onda nel 2017 su Showtime, i 18 episodi vogliono sia concludere (ma si può parlare di conclusione con Lynch?) le trame rimaste in sospeso dal finale della seconda stagione sia portare avanti la narrazione della cittadina. È un'opera che rifugge ancora una volta il linguaggio tradizionale: 18 ore imprevedibili, dal ritmo pacato (a volte pure troppo), intrise di dettagli e piccoli indizi che solo lo spettatore può risolvere. Sfuggente come il fumo, affascinante come raramente lo sono i prodotti televisivi, Twin Peaks - Il ritorno è anche la chiusura del cerchio di un'intera vita artistica, quella del regista e dei suoi più fidati collaboratori. Nel saluto a certi personaggi (e, di conseguenza, ad alcuni attori morti poco dopo la fine delle riprese), nella messa in scena di qualcosa di assolutamente grandioso e incredibile (la Parte 8 resterà un'ora da annali della tv), nell'assenza di un vero e proprio finale, la storia di Dale Cooper, di Laura Palmer e delle forze maligne che infestano il mondo è destinata a durare per sempre. Perché non serve sapere l'anno quando si ha a che fare con l'immortalità.