Alla fine il premio per il Miglior film ai David di Donatello 2023 lo ha vinto Le otto montagne, confermando come il ruolo di outsider gli porti bene, dato che come tale era partito anche allo scorso Festival del Cinema di Cannes, dove vinse il Premio della Giuria (ex aequo con lo sgangherato e dolcissimo EO).
"Il film della doppia coppia", quella dietro la camera, composta da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, e quella davanti, composta dai "nostri" Alessandro Borghi e Luca Marinelli, collegati da un fil rouge a oggi solidissimo, sebbene non recitassero insieme dai tempi di Non Essere Cattivo, l'ultimo meraviglioso film del maestro Claudio Caligari (ricordato anche lui la sera della cerimonia dal premiato Fabrizio Gifuni).
Oltre quello come Miglior film, la pellicola tratta dal best seller di Paolo Cognetti, vincitore del Premio Strega 2017, ha portato a casa i David per Migliore sceneggiatura adattata, Migliore autore della fotografia e Miglior suono (4 su 14 candidature totali). Premi chirurgici, che restituiscono il senso della bontà di un progetto atipico (produzione "italo-belga-francese") e che ha fatto dell'unione e dell'amore la sua forza motrice.
Alessandro Borghi e Luca Marinelli: coppia vincente
Se ci fosse stata la categoria per "Miglior coppia" il duo di interpreti romani avrebbe probabilmente trionfato, nonostante l'altra coppia candidata ai David (Ficarra e Picone per La stranezza). Forse uno dei motivi per cui nessuno dei due sia stato premiato è che la loro interpretazione singola è strettamente dipendente da quella dell'altro e viceversa. Se vogliamo grida un po' più vendetta il mancato David a Filippo Timi come Miglior attore non protagonista, lui che ha sfornato una prova ottima e anche inedita per le sue solite corde.
Le otto montagne, la recensione: trovare se stessi tra le cime innevate
La vittoria de Le otto montagne ha tanti significati. Ci ricorda come il nostro immaginario, i nostri paesaggi, la nostra cultura, i nostri attori e le nostre storie abbiano un'attrattiva e una credibilità in grado di affermarsi come dei prodotti di prima fascia anche all'estero (quest'anno tra i titoli candidati alla cerimonia per ribadirlo c'era anche Esterno notte, forse la cosa migliore proiettata alla Croisette l'anno scorso), ma soprattutto che il cinema bello ed essenziale è sempre giusto che trionfi, perché è quello che riesce a parlare al pubblico con una storia narrata prima di tutto attraverso il rispetto delle proprie forme, dei propri simboli e, in generale, delle regole del proprio linguaggio.
Le otto montagne è un film sull'amicizia che si tramuta in fratellanza, che attraversa la vita e ne diventa cronometro. Usando come riferimento le altitudini delle vette più alte.
"Perché due belgi fanno un film in Italia?"
"Perché due belgi fanno un film in Italia?", con questa frase ha aperto il suo (emozionatissimo) discorso di ringraziamento Felix Van Groeningen al momento del ritiro del David di Donatello come Miglior film, "Perché un film in italiano? Sulle Alpi? Perché è una storia incredibile".
Perché è una storia incredibile, tratta da un libro incredibile, scritto in italiano e proposto ad una coppia di registi stranieri che se ne è innamorata e che ha deciso di girare un adattamento totalmente devoto sia al materiale di partenza che al mondo in cui è stato concepito.
Le otto montagne, Luca Marinelli e Alessandro Borghi: "Bisogna vivere l'amicizia come un'avventura"
Quello di Paolo Cognetti è un romanzo che racconta una storia dal respiro universale e allo stesso tempo mostra un microcosmo, utilizzando un triangolo primordiale per rappresentare la storia di un'amicizia tra due figli, entrambi a loro modo orfani, alla ricerca continua di un luogo (ideale o fisico), che possano chiamare casa. Premio e maledizione. Delusi da un padre ambivalente, che ha il volto di Timi e l'ombra di un altro uomo che sentiamo solo nominare. Quest'ultimo è colui che violentemente irrompe nell'amicizia dei due protagonisti determinandone l'allontanamento, mentre il primo è quello che crea i presupposti per farli riavvicinare. Una sorta di padre simbolico a due facce, che finisce con il delegare il compito di prendersi cura di questa vita, di questa amicizia, di questo amore, alla montagna.
La montagna è la misura del film della coppia di autori, l'unico faro, in questa storia sull'essenza dell'essere umano. In funzione di essa la pellicola è girata in 4:3, prediligendo il senso verticale dell'immagine, richiamando il western con la sua fotografia, le sue musiche country europeo e descrivendo un viaggio, pur avendo gli occhi puntati sempre verso lo stesso luogo. Una storia incredibile, quella de Le otto montagne e quella che Le otto montagne racconta.
La montagna come simbolo di cinema essenziale
Parlando di cinema bello ed essenziale in relazione a Le otto montagne, ci riferiamo alla sua capacità di narrare attraverso un linguaggio strettamente legato ad grammatica cinematografica primaria, svelata, chiara. Non è un film che si lascia andare a voli pindarici, manierismi o speculazioni narrative. Non vive di ammiccamenti o di non detti con lo spettatore (tanto che la storia di amicizia che racconta è tutto sommato piuttosto semplice e lineare). Ce lo dice anche il fatto che il punto di vista da cui viene riportata l'intera vicenda è quella di uno solo dei protagonisti, lo scrittore, probabile alter ego di Cognetti.
Le otto montagne è un film con una struttura che, nella formazione della sua impalcatura concettuale, costruisce il suo senso gerarchico e la sua resa audiovisiva. Se ci pensate il senso del film sta in un'immagine semplice, una di quelle che più è circolata per la promozione della pellicola stessa: Borghi e Marinelli ai lati, la vetta innevata in mezzo. Il ritorno all'essenzialità al servizio della narrazione. Questo modus operandi è quello che muove anche la recitazione degli interpreti, accordata ogni volta dal duo belga secondo un registro che mira a formarsi sull'interdipendenza.
La base della costruzione dell'identità di coppia, i due formano un terzo, il terzo è la montagna, che è la misura del film. Misura del film, oggetto di ricerca e geografia narrativa ed emozionale. La posizione degli ambienti, il linguaggio dei protagonisti (tutto è dentro o fuori rispetto a lei), la localizzazione del diario, l'uso della macchina fissa che diventa a mano solamente quando i personaggi si muovono scalandola o discendendola, echi di movimenti esistenziali. Le sue altitudini diventano le altitudini della vita. Che ti può premiare, accogliere, spronare, guidare, ispirare, accompagnare, ma anche travolgere e sotterrare.
La vittoria de Le otto montagne è la vittoria della narrazione intorno al focolare, quella della storia che vive attraverso il suo narratore, lo esalta e che si esalta tramite lui. Il che rende tutto ancora più eccezionale se si pensa che è un adattamento. Una storia essenziale anche per quello, piegabile attraverso i linguaggi, ma sempre potente.