Per cominciare la nostra recensione di Dark 3 ci teniamo subito a sottolineare come la serie tedesca targata Netflix diventata ormai di culto sia rimasta, anche in quest'ultima stagione, fedele a se stessa e al suo stile. Chi si aspetta che in questi otto episodi conclusivi le cose si faranno più chiare verrà innegabilmente deluso: Dark, giocando a carte scoperte, se possibile complica ancora di più la narrazione per la gioia (o la paura) di molti. Ma d'altronde, questa complessità narrativa fa parte del gioco che la serie scritta da Jantje Friese e Baran bo Odar (anche in questo caso unico regista di tutti gli episodi) ha instaurato fin da subito con lo spettatore richiedendogli una buona dose di pazienza e attenzione rassicurandolo sul fatto che prima o poi le risposte chiarificatrici sarebbero arrivate. Arrivati agli ultimi titoli di coda di Dark possiamo dire che le promesse sono state mantenute e il finale è soddisfacente anche se, per arrivarci, la posta in gioco si alza e la storia diventa così labirintica da mettere a dura prova anche l'affezionato più entusiasta. Procedete nella lettura senza indugi: eviteremo ogni tipo di spoiler relativo alla terza stagione.
Dove eravamo rimasti
Riassumere la trama delle stagioni precedenti di Dark sarebbe un'impresa ardua visti i continui salti temporali e le linee narrative che, in maniera labirintica, si intersecano tra loro attraverso una sequela di paradossi (tuttavia vi invitiamo a leggere il nostro approfondimento su tutto quello che c'è da sapere su Dark 3 prima dei nuovi episodi). Sappiamo, però, che la seconda stagione si concludeva con l'arrivo di una nuova Martha appartenente a un'altra realtà che salvava Jonas dall'Apocalisse. Si era quindi arrivati al concetto di multiverso e realtà alternative che subito nel corso della prima metà di stagione troveranno la loro dimensione narrativa. Perché se Dark ha un enorme pregio è proprio quello di avere la sensazione di sapere dove vuole andare, di avere una struttura sì complessa ma anche ragionata e studiata. In questo modo l'esistenza di un "altro mondo" che interagisce con la realtà che abbiamo imparato a conoscere, nonostante a prima vista sembri solo un modo per complicare ulteriormente le vicende (e per certi versi è anche questo), si caratterizza come un proseguimento naturale della storia.
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Il destino dei personaggi legato a un nodo
In tutto questo il tema fondante di Dark 3 rimane l'indagine relativa al libero arbitrio e alla possibilità di cambiare il corso della propria vita. Merito del fascino di Dark è proprio quello di saper unire i personaggi attraverso un filo annodato più volte (immagine presente sin dalla prima stagione con le foto appese alle pareti e legate tra loro da un filo) che si intreccia attraverso le varie epoche rendendo affascinante e paradossali le genealogie e le discendenze. Possiamo affrontare Dark come un lungo gioco simile a "Indovina chi" nel riconoscere volti, nomi, identità di chi ci troviamo davanti, un gioco che si riflette anche nella dimensione narrativa in cui i personaggi sono alla ricerca della loro identità e del loro esatto ruolo. Una serie esistenziale? Certamente tra viaggi nel tempo e paradossi, Dark pone domande filosofiche, si ingegna con metafore religiose e scientifiche, affronta un percorso di crescita nel tentare di indagare la natura umana.
Un finale soddisfacente?
L'intricata tela di Dark, simboleggiata anche dalle immagini specchiate della nuova sigla che ricordano la figura di un ragno, giunge a conclusione in un finale che, siamo sicuri, sarà soddisfacente ma che è già pronto a dividere. Per quanto aver seguito fedelmente il filo di Arianna (personaggio mitologico che viene più volte richiamato all'interno della serie) ci abbia portato all'uscita del labirinto dando luce ai misteri oscuri della cittadina di Winden, permane una sensazione agrodolce legata a più aspetti. La risoluzione della vicenda funziona, ma sembra non essere altrettanto potente rispetto a ciò che l'ha preceduta. Non aiuta una certa ripetizione di dinamiche e di dialoghi che, se da un lato provano a guidare al meglio lo spettatore spiegando e rispiegandone gli eventi (e su questo bisogna apprezzare l'intento di voler comunque essere accessibile al grande pubblico di Netflix), d'altro canto appesantiscono lo svolgimento del racconto che perde, in certi momenti, la tensione accumulata e paradossalmente complicano ancora di più l'interpretazione delle vicende. Inoltre non tutti i personaggi sono trattati con la stessa importanza e, data la natura della serie, a volte la fine del loro ciclo narrativo sembra sbrigativo o interrotto.
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Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione di Dark 3 con una buona dose di soddisfazione per come la serie tedesca sia giunta al finale. Nonostante una coerente complessità generale che, giunta agli ultimi episodi non aiuta, e alcuni momenti estremamente ripetitivi, la serie Netflix si conclude con un finale soddisfacente che premia la pazienza dello spettatore. Il gioco dei fili intrecciati, tuttavia, tra linee temporali sempre più complesse e l’inclusione di realtà alternative può anche smorzare l’entusiasmo dell’appassionato. Non piacerà a tutti, ma Dark dimostra di essere una serie che fino alla fine è rimasta fedele alla sua natura: divertente, complicata, ma appagante e coraggiosa.
Perché ci piace
- Il finale risolve in maniera soddisfacente tutta la vicenda anche se è destinato a dividere.
- Per tutti gli otto episodi non mancano i colpi di scena e le novità narrative.
- Rimane una serie ben girata e ben interpretata, a tratti visivamente spettacolare.
Cosa non va
- La ripetizione di situazioni e dialoghi unita a un'ulteriore complessità della vicenda può mettere a dura prova la visione.