Dieci anni fa il nome Daredevil non ispirava molta fiducia al di fuori della cerchia di lettori dei fumetti della Marvel: se infatti su carta il personaggio continua ad avere una vita lunga e felice, grazie alle recenti gestioni di Brian Michael Bendis, Ed Brubaker e Mark Waid (autore attuale della serie, con Matt Murdock che si è trasferito da Manhattan a San Francisco), per i cinefili era legato a due film generalmente ritenuti fra i peggiori cinecomics in assoluto. Parliamo ovviamente del Daredevil di Mark Steven Johnson, oggi trattato dal protagonista Ben Affleck come se fosse Batman & Robin (nonostante il discreto Director's Cut, che restituisce al film la dignità che la 20th Century Fox aveva parzialmente distrutto richiedendo una serie di modifiche poco prima dell'uscita), e del suo spin-off, Elektra, con Jennifer Garner (anche lei insoddisfatta del risultato finale).
Oggi, l'eroe cieco di Hell's Kitchen si è preso la sua rivincita, grazie al reboot televisivo prodotto da Marvel Studios e Netflix (i film invece erano una produzione 20th Century Fox, la quale detiene ancora i diritti cinematografici degli X-Men e dei Fantastici Quattro). Tredici episodi che inaugurano una nuova era per i prodotti catodici della Marvel, e consentono agli spettatori di estirpare il ricordo della versione cinematografica. Ecco dieci motivi per cui il Daredevil catodico è più meritevole di quello visto sul grande schermo.
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10. Netflix
Da quando ha lanciato House of Cards, due anni fa, il servizio di streaming si è imposto come una fonte di entertainment di qualità capace di rivaleggiare con emittenti cable come HBO e Showtime. Data l'assenza di restrizioni contenutistiche, è la casa ideale per un adattamento di fumetti Marvel più cupi e/o violenti, come appunto Daredevil, da trent'anni a questa parte emblema dell'anima più dark della Casa delle Idee (insieme al Punitore, altro candidato ideale per una serie su Netflix). Inoltre, data l'abitudine del servizio di proporre insieme tutte le puntate di una singola stagione, anziché una a settimana, gli autori hanno avuto modo di pianificare i tredici episodi di Daredevil senza doversi preoccupare della necessità di rispettare strutture drammaturgiche tradizionali (anche se molti episodi, in realtà, hanno comunque una sorta di arco narrativo compiuto).
9. I titoli di testa
Tra gli aspetti più riusciti del film di Mark Steven Johnson vale la pena menzionare la sequenza d'apertura, dove le luci della città si trasformavano in caratteri braille, i quali a loro volta divenivano i nomi degli attori. Per la trasposizione televisiva, invece, i produttori hanno accolto con entusiasmo l'idea della società Elastic, già artefice dei titoli di testa della prima stagione di True Detective: un liquido rosso (sangue?) che ricopre vari oggetti invisibili, rivelandone la forma. Tra questi, la dea della giustizia, la città di New York (ponti, grattacieli) e, infine, il costume di Daredevil. Una serie di immagini suggestive che alludono in modo efficace all'atmosfera della storia raccontata.
8. Charlie Cox
Oggi è facile riderne (lo fa anche il diretto interessato), ma nel 2002, quando iniziarono le riprese del film, Ben Affleck non sembrava una cattiva idea per interpretare Matt Murdock, tant'è che fu l'amico Kevin Smith, uno che di Daredevil si intende, a consigliarlo per la parte. Il film ebbe soprattutto la sfortuna di uscire nell'anno di Paycheck e Amore estremo - Tough Love, le due pellicole che contribuirono maggiormente al declino professionale di Affleck, insieme alle sue tormentate vicende personali legate alla sua relazione con Jennifer Lopez. Ma è altrettanto evidente che l'attore non fosse sempre a suo agio nell'interpretare la parte dell'eroe cieco, soprattutto quando gli toccava narrare il film con toni da noir. Oggi l'uomo senza paura creato da Stan Lee e Bill Everett ha le fattezze dell'inglese Charlie Cox, il quale, oltre a sfoggiare un accento americano di tutto rispetto, passa con disinvoltura dallo charme di Murdock alla brutalità di Daredevil. Notevole soprattutto la sua alchimia personale con i colleghi Elden Henson (Foggy) e Deborah Ann Woll (Karen).
7. Vanessa Marianna
Nei fumetti, Vanessa Fisk è un personaggio temibile quasi quanto il marito Wilson: basti pensare che, durante la gestione di Brian Michael Bendis e Alex Maleev, uccise il proprio figlio, reo di aver complottato contro Kingpin. Portarla sullo schermo non sarà stata un'impresa facile, ma gli autori di Daredevil ci sono riusciti, grazie soprattutto all'interpretazione di Ayelet Zurer, nelle cui mani Vanessa Marianna - siamo ancora alle prime fasi della storia con Kingpin - diventa una donna forte e al contempo vulnerabile, sedotta e turbata dal lato oscuro del suo spasimante. Se aspettiamo con ansia una possibile seconda stagione della serie, o una trasferta al cinema, in parte è anche per vedere lei nel suo ruolo tradizionale di First Lady della malavita newyorkese.
6. Karen Page
Nel film di Johnson era relegata al rango di un semplice cameo affidato ad Ellen Pompeo, all'epoca nella sua fase pre-Grey's Anatomy. Un trattamento piuttosto immeritato per un personaggio che nel mondo cartaceo ha un'importanza di non poco conto, grazie soprattutto a Frank Miller e Kevin Smith: il primo la mise al centro della celebre saga Born Again, in cui Kingpin rovina la vita di Matt Murdock dopo aver scoperto che lui e Daredevil sono la stessa persona (a rivelare questa informazione fu proprio Karen, che si servì della doppia identità dell'amato Matt come merce di scambio per alimentare la propria tossicodipendenza); il secondo la fece morire per mano dello spietato Bullseye, fra le braccia di Murdock. Sullo schermo televisivo assistiamo al primo stadio del rapporto tra Matt e Karen: prima avvocato e cliente, poi datore di lavoro e segretaria, infine amici. È ancora presto per sapere se e come continuerà ad evolversi questa relazione, ma le promesse di sviluppi interessanti ci sono, grazie alla presenza scenica di Deborah Ann Woll, in passato uno dei motivi migliori per continuare a seguire True Blood anche quando la serie ormai era a corto di idee, e alla sua chemistry con Charlie Cox.
5. Drew Goddard e Steven S. DeKnight
Cosa aspettarsi dal regista di Quella casa nel bosco (e sceneggiatore di Cloverfield) e dal creatore di Spartacus: sangue e sabbia? Un prodotto ambizioso, violento, divertente e pieno di passione per il materiale di base. Dopo aver posto le basi per la serie firmando la sceneggiatura dei primi due episodi, Goddard ha ceduto le redini a DeKnight, il quale ha costruito un universo dark e affascinante, al contempo fedele al fumetto e all'estetica truculenta perfezionata durante le quattro annate di Spartacus: sangue e sabbia. La sua gestione ha saputo mescolare in maniera ottimale le tematiche più serie del Daredevil cartaceo e lo spirito più leggero e autoreferenziale che si addice alle storie di supereroi, ma senza esagerare come fece Mark Steven Johnson (il quale, pur di dimostrare di essere un fan sfegatato dell'uomo senza paura, diede ad ogni personaggio secondario senza controparte fumettistica il nome di uno sceneggiatore o di un disegnatore legato al personaggio). Visto l'ottimo esito di Daredevil, la Marvel farebbe bene a considerare DeKnight - che si è già detto interessato - per un'eventuale serie Netflix dedicata al Punitore...
4. Stick
Come Karen Page, trattasi di un personaggio già utilizzato e sprecato al cinema: chi ha visto il dimenticabile Elektra si ricorderà forse del misterioso Stick, sensei a capo dell'organizzazione che riportò in vita l'ex-ragazza di Matt Murdock. Una presenza poco memorabile, nonostante fosse interpretato dal solitamente affidabile Terence Stamp. Per il suo ritorno, è stata abbandonata la versione stoica immaginata dagli sceneggiatori del film in favore di quello che è lo Stick originale, immaginato da Frank Miller: una simpatica carogna, durissimo con i propri studenti ma anche fiero dei loro risultati. Dopo aver inizialmente pensato a Sonny Chiba, gli autori della serie TV hanno scritturato Scott Glenn, duro e spassosissimo: dopo essere stato insultato dall'ex-allievo Murdock, il quale gli dice, senza giri di parole, cosa pensa del suo atteggiamento, il maestro - cieco anche lui - risponde "Hai ragione. Hai una birra?" Speriamo di rivederlo prossimamente nel Marvel Cinematic Universe (forse in Iron Fist, dovessero entrare in gioco i ninja della Mano).
3. Le scene d'azione
Conoscendo Steven S. DeKnight, era lecito aspettarsi un approccio duro e puro alle sequenze di combattimento, e lo showrunner non ha deluso, creando insieme al regista Phil Abraham un modello estetico che sottolinea la brutalità della vita quotidiana più "terra terra" di Matt Murdock e Wilson Fisk. È ad Abraham che dobbiamo lo scontro finale visto al termine del secondo episodio, Cut Man: un piano-sequenza senza peli sulla lingua che dimostra quanto possa essere pericoloso anche un mondo stravagante e colorato come il Marvel Cinematic Universe.
2. Nelson v. Murdock
Questo è il titolo del decimo episodio, scritto da Luke Kalteux e diretto da Farren Blackburn. Relativamente spoglio a livello d'azione, si concentra soprattutto sull'amicizia fra Matt Murdock e Foggy Nelson, in crisi in seguito a quanto accaduto nelle puntate precedenti. Nel presente assistiamo ad un lungo dialogo fra i due, mentre alcuni flashback illustrano i primi anni della premiata ditta Nelson & Murdock, quando Matt e Foggy si incontrarono all'università. Un bel racconto sull'amicizia virile, e un ottimo esempio di come la narrazione seriale sul piccolo schermo permetta anche ai comprimari di fare la loro porca figura (senza nulla togliere a al Foggy cinematografico Jon Favreau, uno degli elementi più memorabili del film del 2003).
1. Vincent D'Onofrio
Nei panni di Kingpin, arcinemico di Daredevil, il compianto Michael Clarke Duncan diede del filo da torcere, fisicamente e in termini di recitazione, a Ben Affleck. Talmente innamorato del suo personaggio che gli prestò anche la voce nella serie animata Spider-Man: The New Animated Series (dove il tessiragnatele era doppiato da Neil Patrick Harris), era riuscito a conquistare i fan nonostante la sua incompatibilità etnica con lo Zar del crimine (che nei fumetti è bianco). A dodici anni di distanza, Kingpin, anzi, Wilson Fisk rimane il motivo migliore per vedere un adattamento live-action di Daredevil. Merito di un attore spesso sottovalutato come Vincent D'Onofrio, il quale, dopo la sua prova magnifica in Full Metal Jacket, si è quasi sempre dovuto accontentare di ruoli minori e/o camei, prima di riaffermarsi grazie al piccolo schermo: dapprima con Law & Order: Criminal Intent, e ora con il nuovo parto creativo della divisione catodica della Marvel, dove ruba la scena a tutti nei panni di un uomo complicato. Tenero, passionale, spietato, ambizioso: Wilson Fisk è un uomo che ha veramente a cuore il benessere della propria città, ma non esita a volerla salvare a modo suo. "Hell's Kitchen deve morire prima di poter rinascere", dice Fisk prima di riempire di botte il suo avversario. D'Onofrio ha l'aria di uno che si è divertito un mondo a interpretare uno dei migliori cattivi del fumetto americano di genere, e ha già confermato con entusiasmo di essere pronto a tornare. Noi lo aspetteremo con ansia.