Ancora una volta Danny Boyle ci spiazza cambiando totalmente genere rispetto a quanto fatto in precedenza. Dopo le meraviglie fantascientifiche di Sunshine parte ora da un noto programma televisivo, 'Chi vuol essere milionario?', per lanciarsi all'inseguimento di due fratelli per le strade di Mumbai, in India, per raccontare una toccante vicenda di rivincita e una potentissima storia d'amore in un paese dalle mille contraddizioni. Dopo aver vinto il premio del pubblico all'ultimo Festival di Toronto, The Millionaire si prepara ora a sbarcare in Italia in 120 copie distribuite dalla Lucky Red a partire dal prossimo 5 dicembre. Il nostro sarà il primo paese europeo in cui uscirà il film, distribuito invece in dieci sale americane il 12 novembre scorso dove ha raccolto la cifra record di 35.000 dollari per copia. Giunto a Roma per presentare il film, Danny Boyle ha voluto ringraziare innanzitutto l'Italia "per aver dato all'Inghilterra Fabio Capello grazie al quale stiamo giocando un calcio magnifico". Durante la conferenza stampa però, anche un pensiero inevitabile ai tragici fatti che hanno sconvolto in questi giorni Mumbai.
Danny Boyle, perché ha scelto di dirigere questa storia?
Danny Boyle: Quando i produttori mi hanno dato la sceneggiatura, mi era stata presentata come una storia su 'Chi vuol essere milionario?', lo show televisivo che noi tutti conosciamo, ma io non avevo alcuna intenzione di girare un film su un programma tv. Ho cominciato quindi a leggerla un po' titubante, ma sapevo che era stata scritta da Simon Beaufroy, l'autore di Full Monty, e perciò mi sono detto che non poteva essere una cattiva sceneggiatura. Infatti, arrivato a pagina dieci, ero già totalmente rapito dalla storia e ho capito che volevo fare questo film che racconta prima di tutto Mumbai, la vecchia Bombay, con i suoi lati negativi, ma anche le sue meraviglie.
Proprio in questi giorni, Mumbai sta vivendo un periodo drammatico a causa degli attacchi terroristici che hanno fatto centinaia di morti. Come vive lei questa situazione?
Danny Boyle: E' molto triste ciò che è accaduto due giorni fa a Mumbai. Abbiamo subito contattato tutti coloro che hanno partecipato al film, dagli attori ai membri della troupe, e per fortuna sia loro che le loro famiglie stanno bene.
Questi attacchi sono davvero qualcosa di tremendo perché, nonostante Mumbai sia una città sovraffollata e piena di traffico, è comunque un posto molto tranquillo. Nel film si vede la stazione ferroviaria Victoria, il cuore dell'India, e sapere che in quel luogo qualcuno ha aperto il fuoco sulla folla in maniera indiscriminata è stato davvero scioccante. Sono comunque certo che Mumbai troverà la forza per riprendersi.Quest'esperienza in India l'ha cambiata in qualche modo?
Danny Boyle: L'India è un posto meraviglioso. Quando ero giovane, c'erano gli hippy che lo ripetevano sempre, ma allora ero un punk e non potevo trovarmi d'accordo con loro. L'India è il luogo degli opposti, della grande opulenza e dell'estrema povertà, e solo cercando di capire queste contraddizioni si comprende fino in fondo la sua ricchezza. Al centro di Mumbai convivono gli uni accanto agli altri gli slum, i quartieri degradati, e gli hotel più prestigiosi e nessuno chiede ai poveri di spostarsi. L'India mi ha certamente cambiato, mi ha arricchito. Essere un regista significa controllare la situazione, ripetere, finché non arrivi al meglio. In India tutto questo non è possibile, il regista deve aspettare che le cose vadano come devono andare, e perciò ero abbastanza preoccupato. Alla fine però tutto torna ed è un piacere lavorare lì, anche perché tutti amano recitare e sono fantastici attori.
Come ha lavorato con i bambini degli slum?
Danny Boyle: Inizialmente, la sceneggiatura era scritta tutta in inglese. A Mumbai tutti parlano molto bene l'inglese, anche in quanto ex colonia britannica, e oggi molti parlano un mix tra hindi e inglese che loro
chiamano hinglish. I bambini degli slum, però, non parlano la nostra lingua e per facilitarli abbiamo così deciso di cambiare la prima parte della storia così che questi ragazzini di sette anni potessero recitare in hindi poi sottotitolato in inglese, una scelta che alla fine ha pagato anche in termini di calore della storia.Nel film c'è una divertente scena in cui un bambino resta chiuso in un bagno all'aperto proprio mentre sta per arrivare il suo idolo e pur di correre a incontrarlo non esita a gettarsi in una pozza di escrementi. Un riferimento voluto a Trainspotting?
Danny Boyle: I cineasti inglesi mettono sempre nei loro film almeno una scena ambientata in bagno. Non so perché ma noi inglesi abbiamo l'ossessione della toilette!
Quella comunque è una scena fondamentale del film, perché mette insieme i due estremi di Mumbai e si capisce l'essenza del personaggio, un bambino con un sogno che farà di tutto per ottenerlo, spinto da ambizione, immaginazione e grande determinazione.Il film ha avuto una accoglienza davvero straordinaria in America e in molti danno The Millionaire come favorito agli Oscar, e non solo nella categoria per il miglior film straniero.
Danny Boyle: Non mi aspettavo di certo un'accoglienza simile negli Stati Uniti perché l'India è un mondo alieno, lontanissimo dal loro. Quello che al pubblico è piaciuto è la storia di questo sogno di un ragazzo che dal nulla riesce ad arrivare alle stelle. Non è un film sulla vittoria del premio finale, ma sull'amore che lui nutre per una ragazza che farà di tutto per ritrovare dopo averla persa. Oggi anche Hollywood sta guardando sempre più verso Bollywood e ci sono tanti contatti in corso nonostante Los Angeles e Mumbai siano così distanti tra loro. Tanti big delle produzioni americane, come Steven Spielberg e Will Smith, sono interessati a girare film da quelle parti e la Disney da poco ha fatto uscire Roadside Romeo il suo primo film d'animazione in hindi.
Nella sua carriera da regista ha girato film estremamente diversi l'uno dall'altro per genere e stile. Perché questa scelta?
Danny Boyle: Sono convinto che il primo film di un regista sia il suo miglior film. Pensiamo per esempio a Sangue facile dei fratelli Coen o a Sesso, bugie e videotape di Steven Soderbergh. Forse negli anni si fanno film tecnicamente migliori, ma nell'opera prima si prendono più rischi e quest'ingenuità regala al film una freschezza che poi è difficile conservare. Io per recuperare questa freschezza mi confronto ogni volta con qualcosa che non conocosco, per imparare. Penso alla fantascienza, genere di cui non sapevo nulla, o all'India che è un posto dove non ero mai stato prima di girare The Millionaire. Vorrei raccomandare un'opera prima davvero straordinaria di un regista svedese dal titolo Let the Right On in (in Italia uscirà il prossimo 2 gennaio col titolo di Lasciami entrare, ndr).
Per girare The Millionaire si è invece ispirato a qualche regista italiano?
Danny Boyle: Amo naturalmente i grandi cineasti italiani: Fellini, Visconti, Rossellini, De Sica. Il film che più si avvicina al mio però è I soliti sospetti.
Purtroppo in questi mesi ho dovuto viaggiare molto in tutto il mondo e non ho avuto ancora modo di vedere Gomorra ma non vedo l'ora di farlo. L'ultimo film che ho visto è Valzer con Bashir, un'opera davvero eccezionale che invito tutti a vedere.Anche in un altro suo film, Millions, i protagonisti erano due fratelli e il denaro. Una semplice coincidenza?
Danny Boyle: Sono un gemello, ma non ho nessun fratello maschio. E' vero, in Millions e The Millionaire si parla di fratelli e di una grossa quantità di denaro, ma in quest'ultimo è molto importante anche il personaggio della ragazza. Godard diceva che tutto quello che serve per fare un film è una ragazza e una pistola. In Inghilterra non siamo molto pratici di pistole, io ho puntato su una ragazza e tanti soldi.