Il paesaggio modellato dalle rocce rossicce di un canyon americano. Una panchina nel mezzo del nulla e due uomini che siedono pazientemente in attesa di una carrozza che potrebbe non arrivare mai. Uno dei due, il più anziano, è un predicatore di ritorno ad est, stanco di cercare di evangelizzare i nativi americani; l'altro è uno dei tanti uomini il viaggio verso ovest per cambiare vita e ripartire da zero, incuriosito dalle esperienze del predicatore sulle tribù pellerossa con cui ha avuto contatti, in una conversazione riuscita nei tempi e nelle sue pause, che fin da subito lascia intuire l'ironica originalità nell'approccio al genere che i fratelli Zellner hanno confezionato.
Perché non bisogna lasciarsi trarre in inganno dall'ambientazione ed un superficiale primo approccio, Damsel non è un classico western, non del tutto almeno, ma una piacevole e giocosa, seppur non del tutto riuscita, rivisitazione del genere inserita nella selezione ufficiale del Festival di Berlino 2018. E ce lo saremmo potuti aspettare, avendo visto proprio nella kermesse tedesca, quattro anni fa, un'altra surreale pellicola dei due registi, Kumiko, the Treasure Hunter.
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Cercasi Penelope disperatamente
Motore narrativo della storia di Damsel è Samuel Alabaster, in viaggio nel selvaggio entroterra nord americano per raggiungere e liberare Penelope, la donna che ha intenzione di sposare, rapita e tenuta prigioniera. Un viaggio per il quale si fa accompagnare da un predicatore, per poter officiare le nozze una volta riunitosi a lei, portando in dote l'inevitabile anello e un pony di nome Butterscotch da offrirle in dono. Un viaggio che non risparmierà incontri inaspettati e pericolosi, ma regala anche un paio di momenti in cui l'intesa e l'alchimia tra i due interpreti emerge, quando Samuel si prepara al grande incontro ed in particolare nella sequenza che vede l'innamorato cowboy intonare con abbondante dose di ironia la canzone che ha scritto per la sua Penelope.
Samuel, ragazzo del west
È infatti inaspettatamente a suo agio Robert Pattinson nel mettere in scena un personaggio come Samuel Alabaster, sempliciotto che in prima battuta appare ben più brillante, solido e deciso di quanto sia in realtà, instillando nella propria interpretazione un'abbondante dose di autoironia, dimostrando di sapersi prendere poco sul serio quando il ruolo lo richiede. Laddove Pattinson funziona, anche Damsel riesce a girare a pieno regime, creando un interessante mix di atmosfere e suggestioni, che partono dal western per tingerlo di sfumature surreali e brillanti che rendono il risultato finale originale ed interessante, seppur riuscito solo in parte. Accanto a lui, Mia Wasikowska ci è apparsa in parte solo a tratti, mentre è uno dei due autori, David Zellner, a fungere da vero filo conduttore del film, mettendosi in gioco in prima persona interpretando il predicatore che accompagna Samuel.
Sovvertire gli schemi
Se abbiamo parlato di un film originale è perché la storia di Damsel non è semplice come appare e i fratelli Zellner si divertono a sovvertire le aspettative dello spettatore. Non aggiungiamo molti dettagli in merito per non anticipare troppo di ciò che accade nel corso del film, ma va detto il gioco narrativo dei due autori spinge il film in direzioni diverse da quelle ipotizzate inizialmente. Non è questa voglia di spiazzare lo spettatore, né la ricerca dell'assurdo, il vero problema del film dei fratelli Zellner, piuttosto lo è l'aver insistito troppo in questo gioco, trascinando troppo per le lunghe una seconda parte meno compatta di un efficace primo atto. Il risultato è un film nel complesso non riuscito, in cui diversi buoni ingredienti finiscono per essere sfruttati male, che però non ci sentiamo di bocciare in tutto e per tutto, perché in definitiva ci ha incuriositi ed intrattenuti con la sua originale voglia di spiazzare il pubblico.
Movieplayer.it
3.0/5