I'm not the muse, I wanna be the somebody.
Le serie musicali oramai non sono poche nell'offerta generale, soprattutto delle piattaforme streaming, e qualche mese dopo l'acclamata Pistol, arriva un altro racconto di una band nel pieno del rock'n'roll, solo che questa volta non è una storia vera... ma potrebbe tranquillamente esserlo. È una sorta di parabola di un po' tutti i gruppi musicali di quegli anni, in cui il rock impazzava e che spesso passarono dalle stelle alle stalle alla stessa velocità. Questa storia è basata sul romanzo best-seller di Taylor Jenkins Reid, tra le scelte del Reese's Book Club, prodotta da Reese Witherspoon e la sua Hello Sunshine insieme agli Amazon Studios, e arriva su Prime Video dal 3 marzo con appuntamento settimanale: proviamo a illustrarvi lo spartito che la compone e perché non dovreste perderla nella nostra recensione di Daisy Jones & The Six.
Lunga vita al rock'n'roll
Fin dalle prime note di quel folle concerto che è Daisy Jones & the Six si intuisce il tono e lo scopo del racconto messo in musica da Scott Neustadter e Michael H. Weber che, adattando il libro originale, ci promettono di raccontarci della band del titolo e del mistero che li circonda da anni. Attraverso la tecnica del mockumentary, un finto documentario è messo in scena di fronte ai nostri occhi e chi è dietro la macchina da presa vuole scoprire perché il gruppo si sciolse improvvisamente all'apice del successo, dopo un concerto sold-out al Soldier Field di Chicago nel 1977. Nessun mystery drama che riguardi necessariamente omicidi e vicende simili come in Empire e quel tipo di show sopra le righe, semplicemente la storia di una famiglia (musicale) che è andata in pezzi (forse) proprio a causa di quel successo tanto agognato e desiderato da ragazzi. Da Pittsburgh a Los Angeles, la sinfonia dei membri della band è quella di tante altre, e allo stesso tempo ha una melodia unica e irripetibile. La famiglia, infatti, come dirà Daisy ad un certo punto non è necessariamente solo quella in cui nasciamo ma anche e soprattutto quella in cui cresciamo. E in quegli anni se volevi provare a sfondare in campo musicale e inseguivi il sogno, poteva voler dire allontanarsi dal nucleo biologico e diventare un tutt'uno con gli altri del gruppo.
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Storia di un matrimonio musicale
Quella che Daisy Jones & the Six mette in scena è l'evoluzione di una serie di relazioni, tra l'amore, l'amicizia e il rapporto fraterno, che scandiranno la vita di sette persone negli anni '70 durante l'ascesa del rock'n'roll, fatta di esibizioni e performance folli, droghe, alcol e altre dipendenze, per provare a esprimere se stessi e la rabbia di una generazione. Ma soprattutto i problemi che si portavano dietro dalle famiglie biologiche. Con una regia e un montaggio da videoclip da parte di James Ponsoldt, Nzingha Stewart e Will Graham, una fotografia al neon e una serie di brani storici che urlano rock'n'roll insieme a ben 24 canzoni originali - tra cui "Look At Me Now" nella colonna sonora pubblicata da Atlantic Records - scritte appositamente per la miniserie dal nominato ai Grammy Blake Mills insieme ad altri autori. Soprattutto canzoni d'amore, di ribellione, di rinascita e di nuclei familiari scomposti: d'altronde, come dirà il loro tour manager interpretato da Timothy Olyphant, "se si ama, si soffre, ma non per questo si smette di amare".
Un'orchestra ben accordata
Merito della riuscita di Daisy Jones & The Six sono i membri della sua orchestra, o meglio della band. Margaret (un'affascinante e ribelle Riley Keough) è un'aspirante cantautrice che venendo da una famiglia ricca e conformista decide di cambiare nome in Daisy Jones e non vuole più adattarsi a nessuno, perché ha il terrore di venire plasmata dal sedicente produttore musicale di turno che vuole solo portarsela a letto. Billy Dunne (un bello e dannato Sam Claflin) è un cantautore playboy che prova a formare una band col fratello Graham (Will Harrison), più timido e sfortunato in amore. Con loro ci sono gli amici fraterni Eddie (Josh Whitehouse) e Warren (Sebastian Chacon), bravi alla chitarra e alla batteria.
L'idealista Camila (Camila Morrone) è un'aspirante fotografa. Karen Sirko (Suki Waterhouse) è una tastierista apparentemente scontrosa che fa parte di una band che sembra non avere futuro. Teddy Price (Tom Wright) è un produttore musicale reduce da un po' troppi fiaschi che ha bisogno della next big hit per tornare sulla cresta dell'onda. Simone Jackson (Nabiyah Be) è una cantautrice nera che ha accettato fin troppi compromessi nella propria carriera. Come si incroceranno le loro vite e come si formeranno i Daisy Jones & The Six del titolo? La miniserie prova a raccontarcelo, intervallando continuamente le interviste ai protagonisti adulti decenni dopo mentre accettano di partecipare al documentario e i flashback del passato, che poi sono la linea principale della storia, per arrivare a quel fatidico concerto del '77 dopo il quale cambiò tutto all'improvviso e apparentemente senza spiegazioni. Almeno finora.
Daisy Jones & The Six: il trailer in italiano del musical-drama di Prime Video
Dallo spartito all'esecuzione
Daisy Jones & the Six è insomma un mix riuscito e coinvolgente di storia personale, storia musicale dei protagonisti, evoluzione e involuzione dei personaggi, un ritratto degli anni '70 pieno di tutte le sue contraddizioni e le sue note alte come quelle bassissime. Una performance fatta col cuore che racconta la storia di una band come fosse una storia d'amore, che ti fa volare altissimo ma ti fa anche soffrire terribilmente. Un incontro di sogni e speranze di ragazzi con lo sguardo ancora ingenuo e pieno di possibilità che si contrappone a quello disilluso e consapevole degli adulti nel finto documentario, perché d'altronde "no one writes songs about the ones that come easy". E Daisy Jones & the Six è una giostra da cui non vorrete più scendere.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Daisy Jones & The Six sperando di avervi trasmesso le note giuste per incuriosirvi all’orecchio su ciò che potrete sentire guardando la miniserie, ultima fatica delle produzioni seriali musicali. Una storia che mette in scena l’ascesa e la caduta di una band fittizia e che rappresenta tutte le altre della storia della musica insieme e si rivela una grande storia familiare di un gruppo di ragazzi che sono diventati una famiglia l’uno per l’altra, fino all’inevitabile tracollo, negli anni ’70 pieni di droghe, alcol, dipendenze, errori, rimpianti e rimorsi, ma soprattutto di canzoni.
Perché ci piace
- Lo spartito originale della miniserie è ben scritto.
- Gli strumenti sono accordati a dovere con musiche inedite composte ad hoc.
- I membri dell’orchestra funzionano insieme portando alla luce la famiglia disfunzionale creatasi lungo la strada.
- Gli anni ’70 sullo sfondo e nella trama, la regia da videoclip e la fotografia al neon.
Cosa non va
- Chi non ama le storie travagliate a tema musicale, non apprezzerà nemmeno questa.
- Forse qualche nota in meno avrebbe giovato alla storia e la chiusura poteva essere meno ruffiana.