A quasi 11 anni dall'esordio alla regia con Mar Nero presentato al Festival Internazionale del Film di Locarno, Federico Bondi sbarca alla 69esima Berlinale nella sezione Panorama con Dafne, storia di una ragazza down che, alla morte improvvisa della madre, si trova a diventare l'unico punto di riferimento di un padre sprofondato nel lutto e nella depressione.
L'idea del film - qui potete leggere la nostra recensione di Dafne - nasce da un'immagine-emozione che si è presentata davanti agli occhi del suo regista: alla fermata del bus, un padre anziano e sua figlia portatrice della sindrome di down che si tenevano per mano. Da quello spunto, la voglia di entrare dentro un mondo che spesso sfioriamo solamente e che presenta tantissime sfaccettature. Un universo visitato grazie all'incontro con Carolina Raspanti, 35enne romagnola, scrittrice e grande lavoratrice che è diventata in poco tempo, protagonista di Dafne e anche grande amica di Federico Bondi.
Il primo incontro
Si sono incrociati varie volte Carolina Raspanti e Federico Bondi prima di diventare un'attrice e il suo regista. Per Bondi, Carolina doveva essere Dafne così che ha insistito per conoscerla, un vero e proprio inseguimento, commenta Carolina: "la prima volta che l'ho visto era il giorno di Ferragosto, su a Palazzolo in Toscana e lui, con una sua amica è venuto per conoscermi. È rimasto colpito da me alla presentazione di uno dei miei libri, Questa è la mia vita". Ha usato ogni mezzo per intercettarla Bondi, anche quello di FB, con scarsi risultati però: "Mi ha dato la notizia su FB ma io non ho risposto perché non mi fido dei social" racconta divertita Carolina e aggiunge: "sapeva che lavoro all'Ipercoop in Romagna, ha chiesto il mio numero, ha chiamato, ha risposto mio padre, gli ha detto che lavoro faceva, che non era una bufala e ha detto che voleva conoscermi e diventar mio amico".
Nessuna come Carolina
"Da solo non sarei stato in grado di sviluppare la sceneggiatura se non avessi conosciuto Carolina, fino a quel momento avevo frequentato tante persone down ma nessuna mi aveva colpito come mi ha colpito lei". Bondi non fa mistero di aver dato una svolta al destino del film grazie all'incontro con Carolina e aggiunge: "La prima impressione che ebbi quando la vidi fu quella di una maestrina che sa tutto. Io mi do delle regole che spesso sono fatte per essere infrante, mentre lei quello che pensa fa, nessuna contraddizione". Controbatte Carolina: "Ho tante piccole debolezze però, ed a volte sono un po' rigida con me stessa forse, quando c'è qualcosa che salta mi incavolo, l'imprevisto mi manda in tilt".
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Una memoria di ferro
Dafne si appoggia interamente su Carolina, è lei a sostenere sulle spalle l'intero film e le sue interazioni con il mondo, con la madre prima che muoia, con i colleghi al lavoro e con questo padre che sta lasciandosi andare sono le linee portanti della pellicola. Nel suo rapportarsi agli altri, soprattutto al padre, c'è tutto il cuore del film della cui sceneggiatura Carolina non ha letto neanche una pagina: "Lei non ha mai letto mai una pagina di sceneggiatura" rivela Bondi e prosegue: "le raccontavo la scena prima di cominciare a girare, ha una memoria di ferro per cui le bastavano un paio di prove per sapere le battute. Chiaramente era libera di poter improvvisare come voleva e si è trattato di creare le condizioni perché lei reagisse piuttosto che seguire il testo". Conferma tutto Carolina che rivela una delle tecniche adottate dal suo regista per le scene più complicate emotivamente: "la scena del pianto in auto è arrivata in maniera naturale. Lui è molto bravo a entrare dentro le persone per tirargli fuori le vere emozioni. Mi ha messo Come mai di Max Pezzali, che non mi aspettavo, una canzone a cui sono molto legata perché mi ricorda il mio primo vero amore. Ascoltarla mi ha fatto piangere".
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Dafne è Carolina e Carolina è Dafne
Pochi aspetti separano la protagonista di Dafne da Carolina Raspanti, lei stessa lo dichiara rimarcando sulle ragioni che l'hanno spinta ad accettare di fare il film: "la ragione che mi ha spinto a fare questo film, al di là della professionalità di Fede è che ci ho creduto fin da subito, nel film, nel personaggio e mi ci sono calata nel modo più naturale possibile. Lo sentivo già mio, anche il nome. Quello che volevo far venire fuori è proprio il personaggio in sé e anche la mia personalità. Anche il rapportarmi con le persone, con la mamma, con il babbo, la famiglia e le amicizie". Ed a proposito di famiglia, Bondi elogia i fondamentali genitori di Carolina: "gli artefici invisibili di tutta questa vicenda sono i genitori di Carolina perché hanno fatto davvero la differenza, con il loro affetto, accettandola da sempre".
Dopo Dafne
Inevitabile chiedersi come partecipare ad un film che viene presentato ad uno dei festival di cinema più importanti al mondo possa cambiare la vita di una ragazza romagnola. Risponde Carolina dopo averci riflettuto su: "al lavoro mi chiamano la diva o la star e devo dire che anche se è uno scherzo, a me fa sorridere perché non mi sento attrice, io sono Carolina senza fronzoli". Sui cambiamenti nel dopo Dafne poi aggiunge: "Quello che è cambiato forse è che mi piace viaggiare, fare interviste, andare alle cene e i party ma poi mi piace ritornare alla normalità, il mio essere, la mia quotidianità perché nel mondo del cinema non è tutto oro quel che luccica e preferisco ridimensionarmi."
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Non è un film sulla diversità
Il percorso che ha portato alla realizzazione di Dafne è stato cosi fisiologico e spontaneo che anche lo stesso Federico Bondi fa fatica a spiegarne le vere ragioni. Certo è che sembra esserci un filo che unisce Dafne al suo primo film, Mar Nero: "ritrovo tante analogie con il mio primo film che risale a 10 anni fa. Evidentemente sono attratto dal misurarmi con un rapporto a due, vediamo se nel prossimo continuerò. La voglia di vivere di Carolina mi ha ispirato, lo stupore, la meraviglia di fronte alle cose". A chi lo definisce un film sulla diversità invece, Federico ha le idee chiare e risponde senza esitazioni: "Non volevo fare un film sulla sindrome di Down e neanche sulla diversità in generale. Volevo cercare di approfondire quelle che sono le risorse che ognuno di noi ha dentro".